Destiny – Recensione

Dopo aver ridefinito il genere degli sparatutto in prima persona su console con la serie Halo, dando vita a quella che è, ad oggi, la saga di maggior successo per console Xbox, Bungie firma un contratto di lunga collaborazione con Activision per la realizzazione di Destiny: un ambizioso universo online che, nelle speranza di publisher e sviluppatore, è destinato ad evolversi e migliorarsi nel corso degli anni. Il primo episodio di questa nuova serie è stato lanciato la scorso mese ma, data la sua natura, abbiamo preferito provarlo per diverse settimane e pubblicare la recensione con notevole ritardo rispetto i tempi tradizionali richiesti. Pensiamo sia il modo migliore per darvi un giudizio più completo e sincero circa le qualità del prodotto, frutto di un’esperienza online lunga più di trenta giorni in cui abbiamo raccolto davvero decine e decine di ore di gioco.

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Immagine gameplay di Destiny, il nuovo sparatutto online di Bungie per PS3, PS4, Xbox 360 e Xbox One.

Frammenti di un’era passata

Le vicende di Destiny iniziano circa 700 anni dopo rispetto la nostra epoca e mostrano al giocatore uno scenario post-apocalittico dovuto alla fine della cosiddetta “Eta dell’Oro”. In questo lungo periodo di prosperità, la razza umana è riuscita ad espandersi al di fuori della Terra, colonizzando diversi mondi del Sistema Solare. Tutto ebbe fine quando un evento misterioso, conosciuto come “il Crollo”, riduce gli esseri umani sulla soglia dell’estinzione: le colonie spariscono e la Terra non è altro che un immenso deserto. Rimane solo una città, protetta dall’affascinante e altrettanto criptica figura del “Viaggiatore“, una gigantesca sfera celeste che in passato aveva permesso agli umani di viaggiare nello spazio e che adesso conferisce straordinari poteri ai Guardiani, ultimi difensori di una razza al tramonto. Le premesse della produzione in questo senso sono dunque molto incoraggianti, il problema però risiede in come questo potenziale sia stato sfruttato malamente dallo sviluppatore. Ed è un peccato, considerato che Bungie ci aveva sempre abituato a ottime cose dal punto di vista narrativo con la serie di Halo: ma in questo caso qualcosa evidentemente non ha funzionato per il verso giusto. Comprensibile la scelta di voler mantenere un certo alone di mistero attorno tutto l’universo del gioco, dato che gli eventi che hanno portato alla quasi distruzione dell’umanità restano sconosciuti per i superstiti, ma l’evoluzione della sceneggiatura è blanda e poco coinvolgente. A salvarsi sono le ambientazioni affascinanti e il piacere della scoperta di strutture e tecnologie di un’epoca dimenticata: ma questi aspetti positivi finiscono per scontrarsi con alcune delle problematiche della struttura di gioco.

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Tanto Halo, poco MMO

Non è facile inserire il sistema ludico di Destiny in un genere ben preciso: lo stesso team di sviluppo, nel corso dei mesi che hanno preceduto il lancio, non è riuscito a fornire una spiegazione chiara in tal senso. Partiamo dalla certezza più evidente: Destiny è uno sparatutto in prima persona, cui stile è chiaramente ripreso da Halo, sia nel gunplay, sia nel comportamento dei nemici, e di conseguenza di qualità molto elevata. Tutto questo è mischiato con le meccaniche tipiche di un gioco di ruolo: si sceglie la classe del proprio personaggio, ognuna con abilità specifiche, personalizzandone la progressione nel corso delle partite. C’è anche un po’ di MMO e lo si nota dall’hub sociale in cui è possibile fare acquisti o interagire con altri giocatori di tutto il mondo. Mancano però molte cose che lo renderebbero un MMORPG (o un MMOFPS) a tutti gli effetti: su tutte, la struttura open world che un po’ tutti si aspettavano, che riduce di conseguenza esplorazione e senso di scoperta al minimo e ci si ritrova spesso a giocare nelle stesse mappe per incarichi diversi. Come detto, le meccaniche di gunplay riprese nettamente da Halo (le somiglianze sono davvero clamorose!) hanno il merito di rendere il gioco particolarmente divertente, perché danno modo comunque di approcciare gli scontri nella maniera che si preferisce senza seguire schermi rigidi e ben predefiniti. C’è da dire tuttavia che non bisogna partire con l’idea di organizzare tattiche particolarmente complesse, perché semplicemente non ce ne sarà bisogno: nonostante i nemici presenti siano di differenti tipologie, non si cimentano mai in attacchi particolari, seguendo routine standard che non richiedeno dunque particolari sforzi. Il livello di difficoltà medio, del resto, non è neanche elevato, dando la possibilità di divertirsi senza troppi patemi. Non mancano ovviamente le situazioni più complicate, specialmente se si decide di cimentarsi nella modalità Assalto in compagnia di altri giocatori.

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Il futuro

Definire Destiny una sorta di Diablo 3 pre-Reaper of Souls in prima persona non è una bestemmia, ma è forse il modo per descrivere al meglio le qualità del prodotto firmato Bungie. C’è il divertimento spensierato garantito per diverse ore di gioco: tuttavia, sono davvero tante le cose che andrebbero sistemate e aggiunte nel corso dei mesi, visto che lo sviluppatore ha parlato di aggiornamenti costanti, aldilà dei DLC già annunciati. Il sistema di drop è ancora da rivedere: spesso, pur sconfiggendo un nemico particolarmente tosto, non si viene premiati come ci si aspetterebbe e il tutto pare affidato fin troppo al caso senza pensare alle caratteristiche della classe del giocatore. L’intelligenza artificiale è da ricalibrare, specialmente nei comportamenti di “reazione” alle mosse del giocatore. La componente social, che eppure in un MMO dovrebbe essere importantissima, è praticamente ridotta all’osso e sarebbe bello vedere l’introduzione di maggiori possibilità di interazione con altri giocatori, specialmente quelli sconosciuti. La modalità Crogiolo, l’unica PvP della produzione, ha qualche leggerissimo problema di sbilanciamento, nonostante sia già stato fatto un lavoro per evitare che le caratteristiche bonus guadagnate con l’accumulo di esperienza creino una disparità tra i giocatori in campo. Per il resto, temiamo si tratti di problematiche che riguardano più le fondamenta del prodotto: l’esplorazione è effettivamente ridotta al minimo, ma si può lavorare comunque per rendere le poche mappe disponibili più eccitanti dal punto di vista della scoperta.

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C’è anche il problema della personalizzazione: non si ha praticamente mai la sensazione di costruire un personaggio “proprio”, come invece dovrebbe essere in un tradizionale MMO. Nonostante la progressione garantisca la possibilità di sbloccare diversi oggetti, abilità, armi e armature, non si ha quella libertà massima per la personalizzazione, e il tutto sembra ridursi a percorsi ben definiti a seconda della classe scelta fra le tre disponibili.