Maze Runner – Il Labirinto: Recensione

Le saghe appartenenti al genere urban fantasy sono, al giorno d’oggi, vere e proprie muse ispiratrici per prodotti cinematografici rivolti in primis al pubblico teen. In questi ultimi anni abbiamo visto Hunger Games, per esempio, così come Divergent: non vi sono limiti temporali e l’elemento fantastico è legato all’ambiente urbano, in contrapposizione al fantasy classico dove i paesaggi sono del tutto immaginari. Anche Maze Runner – Il Labirinto appartiene a questo filone ed è pronto a trasportare lo spettatore in un luogo sconfinato, da cui non sembra esserci via d’uscita. Benvenuti ne “La Radura”!

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Quanta fretta, ma dove corri…

La sequenza introduttiva è piuttosto brusca, come se il film fosse già iniziato. Il protagonista non ricorda nulla del suo passato, neppure il suo nome (che gli torna in mente soltanto dopo un po’): si ritrova privo di sensi su una sorta di elevatore, che lo conduce in uno spazio aperto popolato da altra gente. Sono tutti ragazzi che, come lui, si sono risvegliati senza memoria alcuna in quel luogo isolato. Lo chiamano La Radura, un posto verde circondato da mura che si chiudono di notte e si aprono durante il giorno, al di là delle quali c’è un enorme labirinto che “cambia” di volta in volta. Thomas – questo il nome del protagonista di Maze Runner – comprende subito le regole: darsi da fare e non andare per nessun motivo al mondo nel labirinto. Sembra infatti che, proprio durante la notte, sia popolato da pericolose creature che i ragazzi chiamano Dolenti. Insomma, gli addetti all’esplorazione del labirinto devono sbrigarsi a rientrare “alla base” prima che faccia buio, perché chiunque vi rimane di notte non ha la possibilità di raccontarlo. Peccato che la curiosità di Thomas lo spinga a rompere le leggi della comunità e a perlustrare quelle mura…

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Una produzione riuscita

Il film ha una struttura piuttosto chiara: il regista Wes Ball tende a celare quanto più è possibile al pubblico, lasciando che gli spettatori vengano a scoprire gli elementi essenziali della trama pezzetto per pezzetto, come fossero parte di un puzzle. Il che funziona, perché Maze Runner è avvincente e spinge chi lo guarda a porsi sempre nuove domande man mano che la storia prosegue. L’ambientazione anche colpisce, mescolando in maniera perfetta il mondo moderno e quello classico: il labirinto è vivo, si muove e non sono pochi gli elementi che avvicinano il film alla celebre serie televisiva Lost (di cui di recente si è parlato di un eventuale sequel). I personaggi fanno gruppo ma non troppo, ci saranno divisioni e rotture all’interno della comunità che daranno risvolti inaspettati alla vicenda: soprattutto dopo l’arrivo di Teresa, l’unica ragazza presente, le cose cambiano radicalmente e la trama inizierà a farsi via via più chiara, sebbene il personaggio femminile rimanga piuttosto sciapo e non in rilievo. Maze Runner non risulta soltanto un ottimo film per ragazzi, ma si conferma adatto a un pubblico di qualsiasi età, anche grazie ai temi che tratta: non soltanto il più superficiale “l’unione fa la forza”, ma anche il tema del cambiamento (per ben tre anni i ragazzi del gruppo si sono attenuti a determinate regole, senza ottenere risultati soddisfacenti) e quello dell’oppressione giovanile da parte dei genitori.

La pellicola finisce con un finale aperto, dunque ci saranno altri film che proseguiranno la storia di Maze Runner. E noi siamo curiosi di vederli.

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