The Evil Within – Recensione

Vogliamo iniziare questa recensione andando subito al succo: The Evil Within è quello che Resident Evil 5, per i fan, non è mai stato. Realizzato da Tango Gameworks, sotto la supervisione di Shinji Mikami, papà appunto della storica saga Capcom, il titolo prodotto da Bethesda riesce a rappresentare la naturale evoluzione dell’amato Resident Evil 4, proponendo un’esperienza di gioco in grado di pescare al contempo le atmosfere nebbiose e tenebrose tipiche di Silent Hill. In parole povere, siamo di fronte a un gioco che sulla carta prova a offrire il meglio possibile per ogni appassionato del genere di appartenenza. Ci riesce? In gran parte sì, seppur non manchi qualche piccola magagna che alla fine compromette leggermente il risultato finale.

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Quando le indagini prendono una strana piega

Protagonista della storia di The Evil Within è il detective Sebastian Castellanos che, con i suoi colleghi, indaga su una forza misteriosa responsabile di diverse sparizioni. Come solitamente accade in sceneggiature di questo genere, dopo aver subito un’imboscata, Castellanos si risveglia quasi senza motivo all’interno di un ospedale psichiatrico, in cui è ricoverato. Da qui parte un percorso tortuoso, all’apparenza poco chiaro, ma che piano piano si svelerà in un quadro decisamente più logico e coerente (nei limiti della situazione si intende), in cui a dominare la scena sono splatter, cadaveri, una potente forza spirituale, allucinazioni mentali, inganni e quant’altro ancora. Una crescita costante e graduale per una storia, infine, che ben accompagna le sessioni di gioco.

the evil within recensione 03

Il “vero” Resident Evil 5?

Prendete Resident Evil 4, immaginatelo con alcuni dei miglioramenti tipici dell’epoca moderna, aggiungeteci un pizzico di stealth e avrete in sintesi quello che di fatto è il gameplay di The Evil Within. Come per la trama, la struttura di gioco si rivela lentamente, fino ad assumere una profondità molto interessante nelle fasi avanzate della storia. Parliamo di un prodotto d’altri tempi, che eppure non disdegna qualche caratteristica più in linea con il presente. Ma, soprattutto, è un titolo particolarmente impegnativo: sono disponibili due livelli di difficoltà e abbiamo deciso di testarli entrambi, riscontrando una sfida elevata (almeno rispetto la media delle produzioni moderne) in ogni caso. Certo, in modalità “facile” si poteva contare su più munizioni, sull’auto-mira e su danni minori ricevuti dai nemici, ma è comunque un gioco che non va preso alla leggera. Purtroppo, in particolare dal decimo capitolo in poi, inizia a sorgere anche un po’ di frustrazione. Colpa non tanto del livello di sfida offerto, ma di un posizionamento dei checkpoint non sempre ben ragionato che costringe, in certi casi, persino a dover rifare grosse porzioni di livello che non si rivelano, appunto, delle semplici “passeggiate”.
Ma trattasi in fondo dell’unico vero problema di meccaniche di gioco che mischiano sapientemente sparatutto in terza persona, stealth e risoluzione degli enigmi. Il tutto è perfettamente bilanciato, specialmente dalla parte centrale in poi, e permette al giocatore di adottare in molti casi l’approccio che preferisce, a seconda ovviamente delle munizioni a disposizione o dei nemici da superare. The Evil Within non è un gioco spaventoso, fatta eccezione per qualche episodio isolato piuttosto prevedibile, ma riesce a trasmettere una tensione unica, merito anche del gameplay che sconsiglia totalmente atteggiamenti sfrontati e poco ragionati. Il minimo errore può far precipitare velocemente l’utente in una situazione irrecuperabile e questo, checché se ne possa dire, è un pregio non da poco. È presente anche un sistema di upgrade che permette di potenziare alcune caratteristiche del proprio personaggio, un espediente molto utile specialmente nelle parti finali dell’avventura. Non è certamente impossibile completarlo senza potenziare alcunché (tanto che è stato inserito persino un trofeo/obiettivo in questo senso), ma il livello di sfida salirebbe ulteriormente.

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Tra vecchia e nuova generazione

Dal punto di vista tecnico, The Evil Within “paga” il fatto di essere un progetto a cavallo tra due generazioni, lanciato infatti anche su PlayStation 3 e Xbox 360. In buona sostanza, la produzione di Tango sorprende in positivo più sotto il profilo artistico, che di fatto nasconde alcune magagne di un engine che sente il peso degli anni. L’impatto visivo è comunque molto buono e non delude. La scelta di inserire due barre nere orizzontali per restituire un effetto cinematografico fa discutere, specialmente se a ciò si unisce una visuale non inserita perfettamente e che in certi casi rende poco chiare alcune situazioni, ma rimane certamente un esperimento interessante. Si poteva fare di più invece con l’ottimizzazione: la versione da noi provata, quella per PlayStation 4, soffriva di qualche calo di frame rate in diversi casi. Promosso il comparto sonoro: ottimo doppiaggio italiano, buona colonna sonora e effetti sonori da urlo che immergono perfettamente nel mondo di gioco.

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