Fallout 4 – Recensione

La desolata landa del Mare Splendente di “Fallout 4” sembra non avere fine. L’aria è spessa, colma di una nebbia verde che sale come un miasma da acque luminescenti e avvelena la terra e il cielo e le loro creature. Raccontano (sono solo leggende?) che qua è caduta la bomba atomica che ha devastato il Commonwealth, la terra che chiamavamo Massachusetts prima della Grande Guerra. Solo le più brutali bestie della Zona Contaminata sopravvivono in questi luoghi. Gli immortali Ghoul Ferali, che erano già nati (come me) prima che tutto questo accadesse, duecento anni fa. Gli insetti mutanti, grandi quanto un braccio, che vomitano le loro larve sulle prede. I giganteschi Scorpioni Radioattivi, che spuntano dalla terra per trapassarmi col pungiglione. Il Deathclaw, una perversione della bio-ingegneria pre-bellica. Cammino lentamente, con attenzione, risparmiando le forze e la batteria dell’Armatura Atomica che mi protegge dalle radiazioni e dalle zanne. Il paesaggio intorno a me è scosso da lampi verdi, di un verde tossico, di una bellezza disperata.

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Fallout 4 – Recensione: Il mondo

Dopo aver raggiunto la mia meta, nelle profondità del Mare Splendente dove nessun uomo si è spinto prima di me, mi è però facile tornare indietro: apro l’interfaccia di gioco, il fido computer da polso Pip-Boy, seleziono un luogo conosciuto e attivo il viaggio rapido. Pum! Dopo una schermata di caricamento mi ritrovo dalla parte opposta della mappa. “Fallout 4”, il nuovo videogioco di ruolo post-apocalittico (e molto sparatutto) di Bethesda, è fatto così: lunghi e faticosi percorsi per raggiungere un obiettivo e ritorni immediati grazie alla magia della funzione di viaggio rapido. Ed è un peccato, perché il gioco nasconde meraviglie e segreti ovunque. Ogni strada ha un punto di riferimento, un qualcosa di unico, una missione, un luogo abbandonato da esplorare pieno di indizi sulla sua storia.

Potete incontrare (e, attenzione, sto parlando di eventi non scriptati) Predoni che tentano di assalire una carovana mercantile, potete capitare in mezzo allo scontro tra un mezzo volante della Confraternita d’Acciaio e robot armati di fucili laser e finire a schivare per un soffio i detriti dell’aereo, esploso a causa dell’intervento di un Supermutante con un lanciamissili. Se ho con me uno dei Compagni disponibili, personaggi alleati guidati dall’Intelligenza Artificiale, lo sentirò commentare i posti e lo vedrò interagire con l’ambiente e con le persone. Il viaggio rapido sarà pure comodo, sarà pure necessario in un mondo grande come quello di “Fallout 4” e permetterà certamente agli sviluppatori di non dover pensare a un qualsiasi meccanismo efficace di backtracking. Ma rovina quelli che sono i veri piaceri di questo videogioco: perdersi e perdere tempo. Quando e se giocherete a “Fallout 4” vi consiglio di usare il viaggio rapido il meno possibile, di percorrere e ripercorrere i sentieri conosciuti e di provarne di alternativi, di girare senza meta.

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Fallout 4 – Recensione: La trama

La ricchezza del mondo del gioco è sorprendente e oscura spesso la storia principale, che si riduce solitamente a missioni a base di “vai qua, uccidi tutti e riporta tale oggetto” in cui si spara molto e si ragiona (e si parla) poco. La trama inizia con un’introduzione ambientata prima della guerra, quando vivevo con mia moglie e mio figlio appena nato in una bella casetta in un bel quartiere residenziale americano. Creo il mio personaggio, decidendone sesso, aspetto fisico e statistiche (Forza, Percezione, Costituzione, Carisma, Intelligenza, Agilità e Fortuna), e sperimento qualche minuto di vita nell’anno 2077. È una scena estremamente corta, troppo presto troncata dall’allarme, dai bombardamenti, dalla corsa al bunker anti-atomico della Vault-Tec dove vengo ibernato. In brevi attimi di coscienza che interrompono il mio sonno criogenico vedo uccidere mia moglie e rapire mio figlio, e quando finalmente mi sveglio son passati ben duecento anni dalla guerra. Esco allora dal Vault e mi inoltro nelle strade contaminate di quella che un tempo è stata Boston alla ricerca del bambino e del suo misterioso rapitore.

Questa linea principale è naturalmente solo una scusa per spingermi in viaggio. Da un lato fa il suo lavoro, dall’altro la sua natura, il suo senso di urgenza, cozza terribilmente con il modo in cui i giochi Bethesda sono costruiti. Se sono un padre in cerca del figlio, di un bambino di neanche un anno di età, vuol dire che ho fretta, che non ho tempo da sprecare facendo missioni secondarie e aiutando personaggi incrociati casualmente sulla mappa. Devo ritrovarlo il prima possibile, no? No. No, perché “Fallout 4”, come “Skyrim” o “Fallout 3”, vuole che mi distragga, vuole che lasci perdere la mia ricerca per fare altro, e poi altro ancora, e poi altro ancora… In un certo senso quando dico che “Fallout 4” è “ricco” voglio proprio dire che è ricco di distrazioni dalla trama. E va bene così, va bene che mi sia lasciata la libertà di dedicarmi a quello che voglio, ma è strano e dissonante vedere il personaggio principale tanto disinteressato alla sorte di suo figlio. Semplicemente, non sono il protagonista e la storia principale giuste per un videogioco di ruolo Bethesda.

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Fallout 4 – Recensione: Fazioni

Un altro motivo per cui la storia principale passa tanto facilmente in secondo piano, soprattutto all’inizio, è che per tutta la sua prima parte “Fallout 4” sembra procedere indipendentemente dalla mia volontà. Pure qui, come in “Fallout: New Vegas”, manca qualcosa di equivalente al sistema Karma di “Fallout 3”, a un sistema di reputazione che gestisca il mondo intorno a me a seconda delle mie scelte e dei miei comportamenti. Posso fare il cattivo quanto mi pare ma la trama continuerà a sbattermi sulla retta via e, al massimo, farò bofonchiare qualche personaggio non giocante. Solo nella seconda metà del gioco, scegliendo a quale delle quattro fazioni del Commonwealth unirmi, posso effettivamente influenzare la storia e cambiare il suo finale. Il sistema funziona ed è perfettamente integrato nella trama, ed è nella caratterizzazione di queste fazioni che Bethesda ha concentrato gli spunti forse più interessanti.

Esclusi i Minutemen, giustizieri che, seppur in decadenza, sono descritti prevalentemente in modo positivo, gli altri gruppi hanno una tridimensionalità che rende difficile scegliere tra loro e discernere vero e falso, giusto e sbagliato. La Confraternita d’Acciaio (presenza fissa in “Fallout”) combatte per controllare le tecnologie belliche ed evitare che cadano in mani sbagliate, ma è un gruppo di fanatici militari con un atteggiamento quasi religioso verso le armi. L’Istituto (che ricorda un po’ l’Enclave) svolge studi scientifici avanzatissimi per dare un futuro migliore alla razza umana, ma gli androidi (“i Sintetici) che crea sono trattati come schiavi. I Railroad combattono per affrancare dalla schiavitù uomini e Sintetici, ma hanno atteggiamenti da attivisti estremisti. Le sfumature sono in realtà molto più ricche di quanto emerga da questa descrizione, ed è un peccato che (quasi) tutto nel gioco venga ridotto a scontro fisico e risolto con forza bruta ed esplosioni e sia lasciato pochissimo spazio a chi vorrebbe giocare personaggi basati su abilità di diplomazia e persuasione.

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Fallout 4 – Recensione: Combattimento e S.P.A.V.

Anche se la serie di “Fallout” nasce come videogioco di ruolo, quando è arrivata nelle mani di Bethesda ha imboccato la strada dello sparatutto (in prima o in terza persona) e questo episodio conferma e prosegue le scelte prese ormai 7 anni fa in “Fallout 3”, con combattimenti in tempo reale solitamente basati su grandi sparatorie. Resta comunque lo S.P.A.V. (Sistema di Puntamento Automatico Vault-Tec), introdotto in “Fallout 3” come reminiscenza del sistema di combattimento a turni dei primi due “Fallout”. In “Fallout 3” potevo usare lo S.P.A.V. per fermare il combattimento in tempo reale e impostare con calma una serie di attacchi (in quantità limitata dal consumo di Punti Azione) specificando pure quale parte dei corpi dei nemici colpire. È un sistema che ricorda molto quello visto in altri videogiochi di ruolo in tempo reale, come “Neverwinter Nights”, in cui è possibile fermare il tempo e gestire tatticamente il turno di gioco.

In “Fallout 4” lo scopo dello S.P.A.V. è identico, ma questa funzione si limita ora a rallentare il tempo, obbligandomi quindi a scegliere velocemente. Lo S.P.A.V. diventa allora molto meno importante, e tendo a sparare di più in tempo reale e ad attivarlo solo con boss e nemici grandi e pericolosi, dotati di punti deboli specifici troppo complicati da colpire altrimenti. Nella speranza che, mentre scorro tra le possibili zone da bersagliare, il nemico non copra l’obiettivo che mi interessa. È un cambiamento coerente con la direzione ormai presa dalla serie, come è coerente la scelta di non lasciare più i colpi critici al caso, ma di farli caricare combattendo dandomi poi la possibilità di attivarli e usarli quando preferisco. Non voglio con questo difendere l’ormai continua trasformazione dei giochi di ruolo in giochi d’azione sparatutto, soprattutto in un momento storico in cui vediamo la rinascita del videogioco di ruolo tradizionale con titoli come “Pillars of Eternity”, “Divinity: Original Sin” e “Wasteland 2”. Voglio solo dire che, se la via imboccata dalla serie di “Fallout” è ormai quella dello sparatutto open-world e sand-box con elementi di gioco di ruolo, questi cambiamenti vanno effettivamente in quella direzione, che sia giusta o sbagliata. Allora la colpa di “Fallout 4” è, anzi, quella di non essere ancora abbastanza sparatutto, di essere ancora troppo a metà strada.

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Fallout 4 – Recensione: Crafting e Insediamenti

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Non tutti i cambiamenti introdotti in “Fallout 4” servono però a semplificare il gioco e a renderlo più immediato. Bethesda ha messo a punto un nuovo sistema di crafting che permette di potenziare e modificare ogni singola arma o armatura personalizzandole pezzo per pezzo secondo le mie preferenze. Anche l’Armatura Atomica, potente corazza che appare nella copertina di tutti i giochi di “Fallout”, è stavolta personalizzabile con potenziamenti, vernici e modifiche e può essere assemblata mescolando pezzi di modelli diversi. Grazie al crafting la spazzatura che raccolgo in ogni gioco Bethesda ha finalmente uno scopo: viti, caffettiere, vasi da fiori e lattine abbandonate da prima della guerra sono ora prede ambite, preziosi tesori. Il nastro adesivo, necessario per tenere insieme le mie folli creazioni belliche, è un oggetto del desiderio da cercare in ogni angolo dei luoghi che visito. Mi carico di oggetti, di rifiuti raccattati per strada, nelle case, in basi militari abbandonate, sino a quasi non riuscire più a correre per il peso. “Fallout 4” è un gioco per accaparratori, per persone che non si sentono ridicole a portarsi dietro tre estintori e a collezionare saponette rubate nei cessi di metropolitane in disuso.

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Il sistema di crafting non è applicato solo ad armi e armature, ma anche agli Insediamenti. “Fallout 4” è ambientato in un’epoca successiva agli altri giochi della serie e in esso vedrò un’America molto diversa da quella incontrata finora: gli abitanti della Boston post-atomica non si accontentano più di sopravvivere, ed è ora di costruire con le mie mani, pezzo per pezzo, il futuro migliore che gli altri “Fallout” solo suggerivano nei loro epiloghi. In “Fallout 4” posso creare e gestire le città, difenderle costruendo torrette, illuminarle costruendo generatori, linee elettriche, interruttori e nutrirne la popolazione piantando e crescendo verdure e piante da frutto e assegnando gli abitanti ai diversi compiti necessari. Devo poi assicurarmi che i Sintetici non si sostituiscano ai coloni e intervenire e combattere al fianco dei cittadini se i miei Insediamenti diventano troppo appetitosi e le loro difese troppo deboli per resistere a un attacco di Predoni, Ghoul o Supermutanti. È una svolta interessante, che cambia o dovrebbe cambiare drasticamente la prospettiva della serie. Purtroppo, è una svolta meccanicamente mal implementata nella narrazione, al punto che per buona parte del gioco gli Insediamenti sembrano totalmente sganciati dalla storia (Bethesda avrebbe dovuto dare un’occhiata a quanto fatto da Undead Labs in “State of Decay”) e tutto il loro sistema di creazione e gestione è, come il resto, rovinato da grossi problemi di interfaccia.

mappa

Fallout 4 – Recensione: Interfaccia

L’incuria con cui è progettata l’interfaccia è imperdonabile. Si va dall’inutilizzabile Pip-Boy, un’interfaccia dentro l’interfaccia che occupa più di metà dello schermo con la sua sola cornice e infila tutto in ingestibili elenchi testuali, a una scheda dei Talenti costruita come uno skill tree ma in cui le abilità non devono essere prese in ordine come in uno skill tree. Così, per disorientarmi. Su PC la cosa è ancora peggiore, perché il port è stato fatto in un modo estremamente superficiale, segno di un totale disinteresse di Bethesda per la piattaforma su cui eppure è nata la serie di “Fallout”.

Persino uscire da un menù può essere complicato. Il Pip-Boy (che contiene funzioni come “inventario” e “missioni”) si apre e si chiude con Tab, mentre il menù del gioco (con funzioni come “carica” e “salva”) è misteriosamente escluso dal Pip-Boy e si apre con Esc. E, forse per assimilazione con l’uscita dal Pip-Boy, anche tutte le altre interfacce del gioco, come quelle dei dialoghi, vengono chiuse con Tab. Fin qui la cosa sembra abbastanza lineare, ma invece (e torniamo al crafting) l’interfaccia dell’Officina degli Insediamenti fa eccezione e si chiude con Esc, perché Tab serve per mettere da parte nell’inventario dell’Officina un oggetto selezionato o per annullarne il posizionamento. Forse è colpa mia, forse sono imbranato, ma credo di aver messo nell’inventario interi armadi quattro stagioni nel tentativo di chiudere l’Officina. Tra l’altro, manca qualsiasi genere di Tutorial, assistenza o suggerimento riguardo al suo uso e con l’esclusione di alcune indicazioni iniziali dovrete capire da soli come funziona un Insediamento. Buona fortuna: io non ho capito che dovevo (e come potevo) assegnare i coloni ai vari lavori prima della trentesima ora di gioco, semplicemente perché nessuno me lo ha mai detto e l’interfaccia non lo indica.

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Fallout 4 – Recensione: Bug e open-world

Diversa è la questione dei tanti bug e glitch del gioco. Ieri, per esempio, mi sono svegliato e ho trovato un Bramino (una mucca a due teste) nella camera del mio Insediamento, in piedi sul letto, incastrato nell’ambientazione. Un’altra volta sono stato scaraventato dal gioco in mare dopo aver usato il viaggio rapido. E l’Intelligenza Artificiale dei Compagni è ridicola. Ma si tratta normalmente solo di dettagli minori in una macchina immensa creata da uno studio forse troppo piccolo per limare e perfezionare sino in fondo una simile opera.

In Bethesda lavora solo un centinaio di persone, contro il migliaio che ha lavorato a giochi come gli ultimi “Assassin’s Creed” (e comunque “Assassin’s Creed: Unity” al lancio aveva ancora più problemi di “Fallout 4”) e “Grand Theft Auto 5”. La dimensione ridotta consente a Bethesda una particolare flessibilità, sconosciuta ai grandi studi, che la squadra di sviluppatori, evidentemente affiatata e rodata da anni di collaborazione, sfrutta per creare opere dotate di una caratteristica libertà d’azione: i giochi Bethesda mi mettono in mano un mondo e delle meccaniche, e spetta a me scegliere come queste due cose interagiranno tra loro. I bug e i glitch, reazioni inaspettate e difettose, sono la conseguenza di questa libertà. “Fallout 4” ha forse troppi personaggi non giocanti immortali (insomma, troppi limiti a come posso interagire col mondo), ma riesce comunque a farmi sentire libero, mi invoglia comunque a lasciar perdere le missioni principali, scegliere una strada a caso e mettermi in cammino, con la certezza che nel viaggio troverò l’Avventura.

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Fallout 4 – Recensione: In conclusione…

Nonostante i problemi dovuti all’interfaccia, a bug e glitch e a una non convincente interazione tra la meccanica degli Insediamenti e la narrazione, “Fallout 4” riesce a essere un altro grande videogioco open-world nello stile di Bethesda. Certo, per qualcuno “un altro grande videogioco open-world nello stile di Bethesda” potrebbe non essere abbastanza, ma se volete un immenso mondo post-apocalittico in cui combattere e vivere “Fallout 4” vi darà tutto quello che sognate con una qualità tecnica non ancora perfetta ma incredibilmente migliorata dai tempi di “Skyrim”. Ormai è chiaro che a Bethesda non interessi creare un gioco nello stile o anche solo nello spirito dei primi due “Fallout”, ma se il terzo capitolo vi è piaciuto qua lo ritroverete migliorato e più coerente, anche se questo vuole a volte dire “più sparatutto“.

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