Perché le file in The Division erano una delle cose migliori del gioco

Il gioco della settimana è stato [easyazon_link identifier=”B00DDPI5NS” locale=”IT” tag=”web051-21″]”Tom Clancy’s The Division”[/easyazon_link] di Ubisoft. Almeno, lo è se non siete rimasti tutto il tempo al pc a giocare a “Black Desert Online” come me, perché in questo caso il vostro gioco della settimana è “Black Desert Online”. C’è un po’ da discutere sul nuovo sparatutto in terza persona con coperture e mondo condiviso e progressione del personaggio da videogioco di ruolo di Ubisoft, ma in attesa di parlarne in maniera un po’ più coerente ho deciso di affrontare “Tom Clancy’s The Division” parlando dell’unica cosa davvero interessante che ne ha riguardato il lancio: le file causate dal sistema di collisioni nella Safe House di Brooklyn.

In “Tom Clancy’s The Division” mi trovo in una Manhattan decimata da un virus: l’isola è in quarantena, la sua società è caduta e solo la violenza sembra permettere al più forte di sopravvivere. Sono nel mondo del caos, e questo diventa ancora più vero nelle Dark Zone, regioni di “Tom Clancy’s The Division” in cui il PvP è abilitato e il tradimento (e lo sciacallaggio) sono all’ordine del giorno. Così, alcuni giocatori contribuivano al caos, bloccando con i loro corpi virtuali porte e passaggi, sfruttando il fatto che le collisioni tra i personaggi fossero sempre abilitate, anche negli ambienti neutrali di una Safe House. Difficile capire come gli sviluppatori non si siano accorti dei guai che questo poteva provocare, anche se alla fine mi bastava continuare a muovermi in avanti, insistendo per circa tre secondi, per superare un altro giocatore che mi bloccava la strada e passare attraverso il suo modello. E il problema dovrebbe essere stato ora interamente risolto con una patch.

division fila 2

Ma intanto, sempre a causa delle collisioni sempre attive, i giocatori si sono trovati a doversi mettere in fila, ordinatamente, per usare un necessario laptop della Safe House iniziale, come testimoniato dalle immagini pubblicate su Imgur da lordsmish. La scena è di una quotidianità e di una mediocrità incredibili. Affascinanti. Per me, persino commoventi. “Don’t cut” (“Non saltare la fila”) dice un giocatore nella chat. In “Tom Clancy’s The Division” sono in un mondo fragile, in cui l’umanità ha scoperto quanto sia facile smettere di sentirsi umani, ed ecco delle persone in fila come in un negozio, in un emporio. In un certo senso, se “Tom Clancy’s The Division” voleva rappresentare la lotta dell’uomo per riportare l’ordine nel caos, per riportare la legge, la comunità, il vivere insieme in un mondo dove ognuno sembra pensare solo a se stesso, nella Dark Zone, la fila rappresentava un successo nel design del videogioco. “La civiltà che conosciamo potrebbe crollare, ma noi continueremo a essere una società” sembrava dire.

the division ubisoft fila collisioni gonin manzoni
Francesco Gonin, illustrazione per il XXXIV capitolo de “I Promessi Sposi” (1840)

Il videogioco è, per sua natura, un luogo del caos. Tolte le conseguenze, reali, delle azioni, il giocatore si sente libero di fare ciò che più desidera, ciò che gli è più vantaggioso, e il videogioco si è mosso, negli anni, per garantire ai giocatori questa libertà. Non è un caso che, attualmente, i generi dominanti del mercato dei videogiochi siano i giochi d’azione open-world, i giochi di ruolo open-world, i sandbox open-world… i giochi, insomma, che promettono alle persone una libertà evidentemente assente nella vita di tutti i giorni e ricercata nelle vite virtuali. “Black Desert Online”, per esempio, non ha timore di sembrare (ed essere) enorme, complicato e ricchissimo: è quello che i suoi giocatori stanno cercando. Ieri notte ho fatto le cinque e mezzo di mattina insieme ad altri giocatori della mia Gilda semplicemente perché siamo andati tutti insieme a pesca in alto mare sulla zattera di un nostro compagno.

La fila di “Tom Clancy’s The Division” nega tutto questo. Il mondo del videogioco smette di essere il mondo della libertà, del caos, della possibilità. L’ordine diventa necessario, e lo diventa perché gli altri esistono, perché cozzo con loro, li tocco, perché non sono solo. E allora l’ordine diventa, come nel mondo reale, semplicemente l’unico modo di gestire la comunità, anche nel caos e nella tragedia. Diventa conveniente. Ubisoft ha corretto anche questo problema, togliendo la necessità di usare quel laptop per andare avanti nel gioco e rendendo quindi inutile la fila per raggiungerlo. I videogiochi non sono come la realtà: i videogiochi devono filare lisci, veloci, senza file, attese e spigoli, senza tutto quello che nella vita può far male, come il contatto con gli altri, il dover accettare la loro presenza e i limiti che essa mi impone.

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