Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan – Recensione

La notizia che Platinum Games si sarebbe messa al lavoro su un nuovo videogioco ispirato alle avventure delle amatissime Tartarughe Ninja ha ovviamente scatenato, in un primo momento, l’entusiasmo degli appassionati. Poi è arrivata la precisazione che a occuparsi del progetto sarebbe stato un team interno allo sviluppatore giapponese, precisamente lo stesso che aveva dato vita, sempre in sinergia con Activision, al facilmente dimenticabile The Legend of Korra. Il grande successo dei primi titoli realizzati dalla casa di Osaka, e ci riferiamo a MadWorld, Bayonetta e Vanquish, ha ovviamente reso il marchio Platinum Games molto appetibile e, da parte di un publisher, annunciare il lancio di un gioco da loro sviluppato crea inevitabilmente rumore. Il grande problema dello studio nipponico, negli ultimi tempi, è stato quello di mettere le mani su fin “troppi” progetti, cosa che costringe a suddividere il lavoro e lasciare che le migliori menti lavorino sulle produzioni principali: in questo momento, pensiamo a Scalebound per Xbox One. Insomma, è chiaro che Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan è stato inevitabilmente vittima di questo processo per un risultato finale persino peggiore alle aspettative.

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Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan – Recensione: Un disastro su tutta la linea

Teenage Mutant Ninja Turtles Mutanti a Manhattan Recensione 01

C’è da dire anche che lo sviluppo di Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan è stato tutt’altro che semplice. Riscritto più volte, il codice risente evidentemente di questi continui cambi di direzione e lo si nota non appena si approccia il confusionario menu iniziale: inutilmente ricco di opzioni e intuitivo neanche alla lontana. Fossero questi i problemi della produzione saremmo comunque a cavallo, sperando in un sistema di combattimento che rispecchi lo stile e la qualità dei videogiochi targati Platinum Games. Invece, il titolo naufraga anche sotto questo punto di vista. Eppure i presupposti sono incoraggianti e l’inizio fa ben sperare che le cose migliorino: si nota prima di tutto l’estrema fedeltà al fumetto, resa visivamente attraverso uno stile che lo avvicina anche al cartoon, e non poteva essere altrimenti dato che alla realizzazione del videogioco ha collaborato Tom Waltz, scrittore della serie. I fan delle Tartarughe Ninja saranno felici di vedere rispettate quelle che sono le caratteristiche di Michelangelo, Leonardo, Raffaello e Donatello dal punto di vista della personalità e che perlomeno dona un minimo di spessore a una storia che di per sé è veramente piatta e banale. Infatti, il pretesto che spinge il giocatore a impugnare le armi e combattere è assai semplice: le tartarughe devono indagare su un’ondata di crimini che sta devastando la città, scoprendo infine i piani di Shredder e del generale Kraang.

Nulla di particolare e sorprendente dunque, ma in fondo le migliori caratteristiche dei giochi Platinum non si ritrovano certo nella storia. Peccato che banalità e scarsa inventiva descrivano perfettamente anche quello che è il sistema di gioco: si viene chiamati ad affrontare una serie di missioni che, salvo un paio, possono essere affrontate nell’ordine che si preferisce. Ogni incarico conduce al classico boss di fine livello che, in Mutanti a Manhattan, sono rappresentati da villain storici del franchise. Nulla di male per quanto riguarda l’intenzione, ma ciò che delude è la realizzazione: il level design di ogni missione è povero e scarso di inventiva, ci si limita a ripetere sempre le stesse azioni fino alla fine. All’interno degli stage si viene infatti spesso richiamati da April per il completamento obbligatorio di alcuni incarichi secondari: uccidere un certo numero di nemici, spostare delle armi, disinnescare bombe e così via. Peccato che questo avvenga ciclicamente e apparentemente senza ragione, quasi come se fossero degli elementi in più messi giusto per allungare il brodo. Il problema è che già alla seconda missione, davanti all’ennesima bomba da disinnescare, si capisce quanto la voglia di continuare scemi improvvisamente.

Teenage Mutant Ninja Turtles Mutanti a Manhattan Recensione 03

E il sistema di combattimento purtroppo non aiuta: l’attacco, a seconda se veloce o pesante, è affidato a due pulsanti, mentre le mosse speciali, che possono essere migliorate tramite un altro menu tutt’altro che intuitivo, vengono ricaricate a tempo. La loro efficacia si sente, ma rendono ancora più caotici dei combattimenti già di per sé molto confusionari. Questo perché l’intelligenza artificiale dei compagni (tutte e quattro le tartarughe ninja sono sul terreno di battaglia) è deficitaria e si limita semplicemente a menar fendenti come se non ci fosse un domani. Il tutto nonostante sia possibile assegnare loro degli ordini specifici, ma il succo sarà sempre quello di caricare a testa bassa gli avversari e colpire. La varietà dei nemici lascia a dir poco a desiderare e le altre possibilità offerte dal gameplay, come quella di poter cambiare in tempo reale il protagonista da controllare, non migliorano in sostanza le cose. Ci sono problemi strutturali di fondo che avrebbero necessitato di molto più tempo per essere risolti e si ha costantemente l’impressione che il gioco sia stato lanciato sul mercato il più in fretta possibile, in modo arrivare in tempo in vista dell’uscita del nuovo film nelle sale cinematografiche. Neanche i boss salvano la baracca, considerato che vanno sempre battuti allo stesso modo, e soprattutto la difficoltà nell’affrontarli non è bilanciata: i loro attacchi, specialmente nei momenti in cui sono vicini alla morte, diventano fin troppo eccessivi e non possono che generare frustrazione, se ci mettete che dopo tre “Game Over” sarete costretti a ricominciare tutto il livello dall’inizio. E ogni livello dura un buon quarto d’ora annoiando per la sua scarsa realizzazione. A completare il quadro interviene un’avventura dalla durata complessivamente molto breve e che soprattutto non spinge in alcun modo alla rigiocabilità, proprio per quei motivi legati a un’eccessiva ripetitività e una pressoché nulla inventiva a cui si accennava in precedenza.

Se non altro, l’impatto visivo è essenziale ma riuscito e quando si gioca in cooperativa ci si può anche divertire, tenendo conto che i difetti descritti non spariranno certo per magia. Il doppiaggio in italiano non è niente di eccezionale e anzi manca di verve e di una recitazione che sia anche minimamente sentita: da bocciare un accompagnamento sonoro che, come l’azione di gioco, risulta tanto ripetitivo da essere presto molto fastidioso.

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Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan – Recensione: Commento Finale

Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan è un fallimento su tutta la linea, vittima di uno sviluppo travagliato e della necessità di presentarsi sul mercato in tempo per il lancio del nuovo film, previsto nelle sale cinematografiche nelle prossime settimane. Un gioco senza alcuna verve o inventiva, che strappa qualche momento gradevole soltanto in cooperativa, ma che si dimostra gravemente insufficiente dal punto di vista del combat system e del level design. È come se tutto fosse abbozzato, come se fossero state poste le basi per qualcosa senza però costruire, di fatto, nulla. Una grande occasione sprecata che “macchia” il curriculum di Platinum Games, che forse dovrebbe iniziare a essere un po’ più accorta nell’accettare incarichi a destra e a manca e, quando lo fa, avere la certezza di riuscire a garantire la cura e la qualità riservata alle produzioni in cui i migliori esponenti del team di sviluppo si impegnano attivamente. E in quel caso, inutile dirlo, si vede.

Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan è disponibile per PC, PlayStation 3, PlayStation 4, Xbox 360 e Xbox One.

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