Ubisoft: mai più DLC necessari per l’esperienza principale

Anne Blondel-Jouin di Ubisoft ha raccontato a GamesIndustry.biz la nuova strategia della compagnia per il supporto nel tempo dei suoi videogiochi e cosa il successo di “Tom Clancy’s Rainbow Six Siege” ha insegnato su monetizzazione e DLC. Dopo un lancio non facile “Tom Clancy’s Rainbow Six Siege” ha visto crescere nel tempo la sua comunità, sostenuta da una serie di DLC gratuiti in cui il denaro reale serve solo come modo alternativo alla valuta in-game per comprare le nuove classi di personaggio (gli Operatori). Il successo del gioco gli ha garantito un secondo anno di supporto.

Anne Blondel-Jouin sostiene che ora Ubisoft voglia supportare i suoi giochi per lunghi periodi, dai cinque ai dieci anni, mantenendo vive le loro comunità e rendendoli economicamente sostenibili e profittevoli con la monetizzazione. “La monetizzazione è qualcosa a cui dobbiamo stare molto attenti, la mia squadra è quella che se ne occupa e ci impegniamo a trovare il giusto equilibrio. La chiave è che se non sta aggiungendo qualcosa alla reale esperienza del gioco la monetizzazione è cattiva: stai chiedendo denaro per le ragioni sbagliate. Ma, allo stesso tempo, se il contenuto a pagamento è indispensabile all’esperienza non va bene lo stesso. La monetizzazione è un modo per dare ai giocatori maggior divertimento, ma essi devono poter decidere se avere questo divertimento extra o no. […] La monetizzazione non funzionerebbe se i suoi contenuti fossero in qualhe modo obbligatori per i giocatori. Non dovrete più comprare DLC se vorrete provare l’esperienza nella sua completezza. Avrete il gioco, e se volete espanderlo… a seconda di come volete sperimentare l’esperienza del gioco… sarete liberi di comprare le cose extra o no.”

Questa strategia, adottata da Ubisoft appunto per “Tom Clancy’s Rainbow Six Siege”, consente di non spezzettare negli anni la comunità dei giocatori tra quelli che hanno comprato un certo DLC, e possono per esempio giocare su certe mappe, e quelli che non lo hanno comprato e non hanno accesso a quei contenuti. Anne Blondel-Jouin dice che l’impatto commerciale di questo sistema, in cui vengono monetizzati contenuti extra all’esperienza centrale espansa gratuitamente, è equivalente a quello che hanno i DLC a pagamento, ma che questo tipo di monetizzazione “è più leale verso Ubisoft e verso i giocatori” appunto perché permette loro di continuare a giocare gratuitamente nel tempo al loro gioco senza trovarsi marginalizzati.

Questo nuovo modo di pensare i videogiochi nel tempo, questo pensarli come servizi che vengono lanciati e poi curati e mantenuti tramite una loro economia interna, si oppone al modo in cui vengono tuttora proposti alcune opere, come “Call of Duty”. “Call of Duty” esce ogni anno in un ricco pacchetto che però, dopo quattro DLC e dodici mesi, viene abbandonato da sviluppatore e produttore e deve essere sostituito con un nuovo “Call of Duty” e con i suoi quattro DLC. Un gioco come “Overwatch” (sempre di Activision Blizzard, come “Call of Duty”, sempre uno sparatutto indirizzato al multiplayer) riceve invece aggiornamenti, personaggi, modalità e mappe gratuitamente, non viene proposto con una scadenza annuale già all’acquisto e si mantiene grazie alla sua monetizzazione interna. Certo, perché la monetizzazione sia poi “leale” (“fair”) non basta che il suo contenuto non sia necessario all’esperienza centrale del gioco: come spiega nel “Manifesto del giocatore” Richard Garfield, creatore di “Magic: L’adunanza”, è soprattutto importante che le meccaniche dei giochi e la loro monetizzazione non sfruttino le debolezze dei giocatori più vulnerabili trasformando il gioco in una dipendenza. Potete leggere il “Manifesto del giocatore” di Richard Garfield, tradotto in italiano, qua su webtrek a questo link.

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