Christian Divine racconta la rappresentazione della disabilità in Life is Strange

“Life is Strange” di Dontnod Entertainment, prodotto da Square Enix in forma episodica, è un chiaro esempio di come un videogioco di successo, finanziato da un produttore fieramente mainstream e commerciale, possa parlare di temi come il bullismo, il suicidio, il dolore e l’abbandono e avere una coppia di protagoniste femminili capaci di diventare icone di un altro modo di fare videogiochi, un modo che capisca la sempre più ampia varietà e diversità di giocatori e la accolga. Nonostante i suoi limiti (come la rappresentazione razzista delle culture nei suoi costumi) un altro esempio positivo di questo atteggiamento è “Overwatch” di Blizzard Entertainment, che ha voluto provare a dare a tutte le persone, per quanto diverse, qualcuno a cui sentirsi vicini nel cast dei personaggi. Accogliere la diversità non è solo un atto di buonsenso, ma ha concreti e positivi risultati economici: è grazie alla diversità del suo cast se la serie “Fast & Furious” ha un tale successo negli Stati Uniti d’America e nel mondo (“Fast & Furious 7” è il terzo film per incassi in Cina… il terzo nell’intera storia del cinema).

Ma l’attenzione di “Life is Strange” alla diversità della vita va oltre il genere delle sue protagoniste, e viene dall’esperienza del suo scrittore Christian Divine. Attenzione: d’ora in poi entriamo in territorio di spoiler per “Life is Strange”, non continuate se non avete terminato almeno il quarto episodio (e a quel punto terminate anche il quinto… che state aspettando?). Dalla fine del terzo episodio e sino a una parte del quarto Max si trova in una realtà alternativa da lei stessa creata tornando indietro nel tempo e salvando la vita al padre di Chloe. La catena di conseguenze causata dalle azioni di Max trasformano la realtà (e la devastano provocando uno spiaggiamento di balene): nel presente in cui Max torna lei fa parte del gruppo di Victoria, la crudele reginetta della scuola, e Chloe è paralizzata dal collo in giù a causa di un incidente automobilistico.

In un’intervista a Develop Christian Divine racconta come la rappresentazione della disabilità di Chloe nasce anche dalla sua disabilità (Divine è nato con una sola mano). “Sono parzialmente disabile quindi per me è importante anche rappresentare la disabilità in un modo che non sia condiscendente e basta. Posso parlare solo per me, non posso davvero conoscere il punto di vista di tutti i disabili, ma quando abbiamo rappresentato Chloe sulla sedia a rotelle abbiamo voluto essere sicuri di rendere giustia a persone che hanno quegli ostacoli sociali e fisici e presentarle in un modo che, speriamo, permetta al giocatore di provare empatia per loro se ha familiarità con questi problemi. E, se non ha questa familiarità, forse possiamo offrirgli uno sguardo sulle sfide che queste persone devono fronteggiare. Cose a cui noi non pensiamo. Anche solo l’idea di andare in bagno, o arrivare alla porta o andare in un bar.”

Penso che le persone disabili siano la più grande minoranza del mondo, ma sono una minoranza che non è legata da una certa cultura o da un genere o da una razza o da qualcosa. Ci sono meno persone che parlano per i disabili perché essere disabili non rappresenta un unico punto di vista. Non è un punto di vista culturale, non riguarda il genere. Sono riuscito a portare qualcosa a quel personaggio basandomi su come ho visto trattare le persone con disabilità e come io sono stato trattato. E non si tratta solo dei disabili: se sei una persona di colore, se sei una donna, un trans, qualsiasi cosa tu sia… se sei diverso dal gruppo che ti circonda sarai trattato diversamente. E penso che tutti alla fine capiamo… persone da tutto il mondo, anche se non condividono quegli ostacoli… li capiscono.”

fonte Develop
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