Mass Effect: Andromeda – Recensione

Mass Effect: Andromeda vive costantemente con il “peso” dei suoi predecessori. È un gioco che ha il difficile compito di ripartire dopo una trilogia che, al netto delle critiche sul finale, ha fatto sognare e coinvolgere milioni di appassionati in tutto il mondo, rapiti dall’epopea di Shepard e della guerra intergalattica contro i Razziatori. EA e BioWare non potevano lasciare che una gallina dalle uova d’oro così fruttuosa potesse restare nel limbo: era doveroso darle un’opportunità anche in questa generazione di questa console. Inoltre, era forse necessario tentare di esplorare nuove strade per far sì che Mass Effect potesse diventare un marchio indipendente da Shepard, in grado quindi di raccontare tante storie senza preoccuparsi di quella pesante eredità.

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Dire che Andromeda non riesca in questo intento sarebbe un delitto nei confronti dello sviluppatore. Il team di BioWare Montreal non è stato perfetto, e questo tengo a sottolinearlo immediatamente, e si avverte proprio come in molte fasi abbia sentito forte la pressione di mettersi al lavoro su un progetto del genere. Ha molti difetti, paradossalmente di gioventù. E non parliamo della gioventù di un nuovo marchio che si affaccia sul mercato, ma quella di un rinnovato inizio chiamato contemporaneamente a staccarsi dal passato e a rispettarne le sue caratteristiche di base, esaltandone addirittura qualcuna. Andromeda, dunque, è prima di tutto un vero e proprio Mass Effect a tutti gli effetti. Non ha la pretesa di compiere voli pindarici per portare la saga verso lidi che non gli appartengono, semplicemente pesca tutto il meglio dei suoi tre predecessori e lo mescola in un modo in cui molte cose funzionano, altre meno. Non cambiano insomma gli ingredienti: cambia forse come questi vengano utilizzati.

L’eco affascinante della Space Opera del resto non manca: ambientato diversi secoli dopo gli eventi visti nella precedente trilogia, Andromeda racconta il viaggio di una nuova generazione di eroi di diverse razze ,che si ritrova nell’omonima galassia con l’intento di scoprirne i pianeti e renderli eventualmente abitabili per la relativa colonizzazione. Vi ricorda qualcosa? Sì, effettivamente sembra di rivedere l’incipit di Interstellar, il capolavoro di Nolan, in cui però era soltanto la razza umana ad essere in cerca di una nuova casa dopo che la Terra stava gradualmente diventando un luogo inospitale. E, ad essere onesti, bisogna dire che più volte si ha la sensazione di essere dei novelli Matthew McConaughey: questo perché ritorna in auge la possibilità di esplorare i nuovi mondi a bordo di un mezzo, il Mako, che avevamo già visto nel primo Mass Effect. Torna anche l’analisi della superficie, che invece era caratteristica della mappa galattica di Mass Effect 2. Lo sviluppatore ha infatti preferito lavorare sulla qualità invece che sulla quantità. Ciò significa che i pianeti esplorabili in tutta la galassia di Andromeda sono pochi e sostanzialmente gli unici che possono servire all’obiettivo di colonizzazione che sta alla base della missione: tuttavia, si tratta di mondi vivi, ben caratterizzati e ricchi di cose da fare e da scoprire. Invece di inserire un numero maggiore di pianeti in cui poter atterrare, gli sviluppatori hanno preferito dare la possibilità di esplorare a fondo soltanto quei mondi da cui è possibile ricavare qualcosa. E parliamo di qualcosa di grosso, perché non si tratta solamente di portare avanti la storia principale, ma di ritrovarsi coinvolti in quest secondarie (e altri tipi di attività facoltative) cui completamento contribuisce al buon esito della missione: leggasi, il miglioramento delle condizioni di vivibilità del pianeta.

Proprio come in Interstellar, sebbene il mondo prescelto abbia del potenziale per una nuova casa, bisogna lavorare per renderlo abitabile. E si intende, ad esempio, ridurre il livello di radiazioni, migliorare la qualità dell’aria, distruggere le fortezze della misteriosa forza nemica che infesta Andromeda e così via. Ogni pianeta, insomma, vi regala un…mondo di cose da fare, per una quantità davvero sconfinata tra missioni e piccoli incarichi. Tutto questo comporta a volte un po’ di caos ed è al contempo uno dei migliori pregi e uno dei maggiori difetti di Mass Effect: Andromeda. Perché una disponibilità così vasta di cose da fare è indubbiamente cosa gradita in un prodotto del genere: tuttavia, la qualità del level design non cammina sempre pari passo a cotanta quantità. Spesso si scade in qualche tempo morto, in missioni che si ripetono tra loro o di altre realizzate così approssimativamente da risultare addirittura noiose. È un problema che si avverte specialmente nelle fasi iniziali dell’avventura, quando anche la trama stessa fatica a decollare per via di qualche scelta infelice e dei dialoghi di troppo francamente rivedibili. Una volta che la storia mette il turbo e le situazioni cominciano a diventare più eccitanti (ma non bisogna aspettarsi l’epicità degli ultimi due Mass Effect) ci si dimentica un po’ di questo problema e, di conseguenza, molti incarichi secondari vengono messi da parte per evitare di scadere nuovamente nella noia.

Mass Effect: Andromeda ha quindi il problema di non saper gestire sapientemente l’enorme mole di contenuti che lo sviluppatore ha messo a sua disposizione. Del resto, è anche un gioco in cui i dialoghi tornano a rivestire un ruolo centralissimo, come non si vedeva dai tempi del primo episodio. Ma, pure sotto questo aspetto si avverte la stessa sensazione di brodo allungato che si nota nella struttura delle missioni. Una scrittura un po’ zoppicante rende molti dialoghi tediosi, con l’impressione che siano addirittura inutili. In realtà non lo sono, ma spesso potrebbero snocciolare la stessa quantità di informazioni con almeno la metà delle parole. Questo Mass Effect diventa a volte prolisso in tutti i suoi aspetti, quasi in maniera esagerata, tale da diventare confusionario. E in questo senso non aiuta nemmeno un’interfaccia tutt’altro che snella e fin troppo macchinosa, specialmente se controllata con un pad.

Ed è un peccato, perché il grosso dei difetti di questo Mass Effect è tutto qua, in una gestione non efficace dei suoi contenuti sia che riguardino le missioni, sia che riguardino dialoghi e sceneggiatura. Per il resto, è un buon esponente della saga, che è dotato di tutte le caratteristiche che ci si aspetterebbero: la mappa galattica funziona, è stata migliorata ed è affascinante come sempre. L’esplorazione dei pianeti e della galassia continua a regalare quelle sensazioni uniche che solo Mass Effect, e pochi altri insieme alla saga EA, riesce a dare. Il combat system e la gestione del proprio personaggio è oltremodo divertente: le fasi d’azione riprendono l’impronta spiccatamente action del terzo episodio, con l’aggiunta di un jet pack che si sposa con nuove interessanti soluzioni di design in verticale anche per la semplice esplorazione. Le meccaniche di combattimento sono quelle di un tradizionale sparatutto in terza persona, con l’aggiunta di poteri biotici ed oggetti speciali da utilizzare in battaglia. Il mix è divertente e funziona perché permette a ogni giocatore di approntare uno stile d’azione il più adatto alle proprie preferenze. Non mi ha pienamente convinto soltanto la scelta di impostare un sistema di copertura automatico: avvicinandosi a una copertura sarà infatti la CPU a decidere quando e come impostarsi in difesa. È una soluzione che da un lato facilita e velocizza le fasi di battaglia, dall’altra paradossalmente le rallenta e le rende confusionarie, perché non sempre il sistema funziona in maniera efficace tale da non creare caos. Sarebbe stato meglio lasciare la possibilità di coprirsi manualmente o comunque abilitare un’opzione facoltativa in tal senso. Peccato.

La gestione del personaggio, dicevo, è altrettanto ben fatta oltre ad essere molto profonda e ricca: con il progredire dei punti esperienza e dunque dei livelli conquistati si possono spendere dei punti abilità utili a sbloccare determinate caratteristiche. Possono essere legate al combattimento, alla tecnologia o alla biotica e dunque c’è totale libertà per quanto riguarda l’impostazione della filosofia del proprio alter-ego. È chiaro, è possibile scegliere delle soluzioni pre-impostate che comunque indirizzino le caratteristiche in una certa maniera, ma si può davvero lavorare come si vuole e plasmare un Ryder (cognome del protagonista o della protagonista, a seconda della vostra scelta) a proprie totali preferenze. Questo, insieme a un combat system che dicevo essere molto valido, ad ambientazioni spesso evocative e una ottima quantità di contenuti (dell’effettiva qualità ne ho già parlato) rende Mass Effect Andromeda un prodotto più che valido, se preso a sé stante. Inserito nell’ambito dell’universo della saga il discorso ovviamente si complica, ma mi soffermerò meglio su questo aspetto in chiusura.

Perché l’esperienza di gioco non si ferma soltanto al single player, ma c’è anche una porzione multiplayer di cui vale la pena spendere un paio di parole. A dire il vero, non si tratta di un comparto propriamente ricchissimo, ma è studiato in maniera intelligente da completarsi con quella che è l’avventura principale. Il multigiocatore in Andromeda consiste infatti in missioni PvE in stile Orda da combattere con altri tre giocatori: si tratta di incarichi che possono essere assegnati direttamente sulla propria nave, e che permettono dunque di liberare progressivamente la galassia dalla presenza nemica, o di missioni singole da scegliere selezionando immediatamente il multiplayer nel menu principale. Complice l’inserimento di ben venticinque classi, con relative abilità, che garantiscono una certa profondità, e il combat system già accennato, il multiplayer funziona: seppur non eccelli in nessun campo, svolge alla perfezione il suo compito, risultando qualcosa di più di un semplice contorno. A ciò si aggiungono del resto delle missioni automatiche che vengono invece assegnate a una squadra controllata dalla CPU: trattasi di incarichi dalla difficoltà variabile cui completamento dipende dalle abilità acquisite dal team incaricato e ovviamente dal tipo di missione da affrontare. La ricompensa sarà comunque utile poi per le tante sezioni di crafting in gioco, rivelandosi dunque pienamente funzionale al single player.

Per concludere, il comparto tecnico. Si è parlato tanto in questi mesi delle animazioni facciali, di bug e di qualsiasi altro presunto malfunzionamento. La verità è che, come al solito, si è un po’ scaduti nelle critiche cadendo in un’esagerazione quasi patetica. Un problema con le animazioni facciali c’è, ed è evidente e nessuno vuole negarlo, solo che non è così grave come lo si vuol far passare con qualche GIF animata studiata ad-hoc. Del resto, con l’arrivo delle prime patch, la gravità del problema è andata oltremodo riducendosi, restando una di quelle critiche che purtroppo finiscono per macchiare immeritatamente la fama del prodotto. Visto che, mosso dal Frostbite, Mass Effect Andromeda merita davvero poche critiche sotto il profilo grafico. Gli ambienti sono evocativi, ben ricostruiti e dettagliati, così come i modelli dei personaggi e l’effettistica in generale, che non delude. C’è qualche imperfezione, normale in un titolo così sconfinato, ma nulla di clamorosamente mediocre. L’impatto visivo è più che buono e tolto qualche problemino di ottimizzazione, e animazioni che allo stato dell’arte proprio non sono, c’è poco di cui lamentarsi. E se con gli occhi non si piange, non lo si fa nemmeno con le orecchie. La colonna sonora è priva di quei pezzi epici degli ultimi due Mass Effect che di certo non abbiamo ancora dimenticato, però riesce comunque a conquistarsi l’attenzione: bello il main theme che suona la prima volta nel menu iniziale e ottimo l’accompagnamento per tutta la durata dell’avventura. Pollice su anche per gli effetti in generale, un po’ meno invece per la mancata presenza del doppiaggio in italiano. Una scelta, spiegano, presa per ragioni economiche: evidentemente il mercato nostrano non è proficuo abbastanza da meritare una spesa di questo tipo, che eppure era stata fatta per i precedenti capitoli della serie. Un problema soggettivo della nostra versione che va correttamente segnalato: è chiaro che chi non ha difficoltà a comprendere la lingua di Shakespeare farà volentieri a meno dei sottotitoli, mentre tutti gli altri saranno costretti a leggere dialoghi che spesso possono diventare veramente lunghi.

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Mass Effect: Andromeda – Recensione: Commento Finale

Mass Effect: Andromeda non ha l’epicità di Mass Effect 2, né il dramma di Mass Effect 3. Ha però quella voglia di sorprendere e di iniziare qualcosa di nuovo che aveva il primo episodio della serie. È un gioco ben lontano dalla perfezione e non raggiunge l’Olimpo per due problemi sostanziali: il primo riguarda una gestione non proprio felice dei tanti contenuti messi in gioco, sia in termini di missioni, sia per quel che concerne scrittura e sceneggiatura; il secondo è direttamente da ricondurre al confronto inevitabile con il passato. Andromeda ne soffre in più punti e si vede, fa fatica, specialmente all’inizio, a scrollarsi da quel peso e quando finalmente ci riesce tentenna comunque a costruirsi qualcosa di veramente suo. Spesso vive di rendita, senza però quell’inventiva e creatività che resero magnifici i tre episodi della precedente trilogia. Quando prova a fare qualcosa di proprio un po’ pasticcia e un po’ sorprende. Insomma, come un adolescente che per la prima volta si affaccia alla vita adulta, tenta di svolgere il suo ruolo non senza incappare in qualche errore. È un nuovo inizio che probabilmente porterà a qualche riflessione in casa BioWare, sperando che questo non significhi attendere un altro Mass Effect per molto tempo. Del resto sarebbe un peccato. Aldilà di quanto detto, Andromeda è un ottimo RPG sci-fi, ricco di contenuti, divertente da giocare e anche bello da vedere. È il peggior Mass Effect, ma non è un brutto Mass Effect. E questo, fidatevi, fa tutta la differenza del mondo. Anzi, della galassia.

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