Tekken 7 – Recensione

In un panorama in cui sempre più nuovi concorrenti provano a inserirsi in un genere che ha contribuito senza dubbio alla crescita della popolarità del videogioco presso il grande pubblico, Tekken rappresenta quella certezza che gli appassionati attendono con trepidazione ad ogni appuntamento. Il settimo capitolo ufficiale della saga firmata Bandai Namco si presenta allora carico delle sue certezze, rivolgendosi in modo particolare ai fan della serie. Il gioco infatti dimostra sin da subito di non avere granché intenzione di avvicinarsi a un pubblico nuovo: o, perlomeno, non lo fa altrettanto bene come hanno dimostrato altri competitor del calibro di Injustice 2, per esempio. Non a caso, la struttura tutorial proposta da Tekken 7 risulta insufficiente per lo scopo per cui è progettata: non c’è un gran senso di progressione che permetta anche all’utente poco esperto di apprendere lentamente le varie sfaccettature di un comunque ottimo combat system (ci tornerò più avanti). Qualche scritta accennata nelle schermate di caricamento non è certo quello che servirebbe a chi approccia un Tekken per la prima volta. E, in ogni caso, quanto detto non viene poi approfondito come sarebbe lecito attendersi. A quel punto, per chi fosse desideroso di imparare qualcosa non rimane che rivolgersi alle soluzioni amatoriali offerte da YouTube o dai vari blog e forum di appassionati pronti a scambiarsi suggerimenti o ad aiutare i novellini.

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È un peccato: perché in un’epoca in cui il videogioco prova ancora di più ad aprirsi al mercato di massa, suona un po’ fuori luogo questa scelta old school di dare non abbastanza riferimenti all’utente, lasciato lì praticamente da solo ad apprendere tutto ciò che c’è da imparare sulle meccaniche di gioco. Del resto, come anticipavo nel paragrafo precedente, il combat system è più che ottimo. Frutto dell’esperienza maturata nelle sale giochi giapponesi e americane, Tekken 7 si propone come un gioco bilanciato, dagli scontri veloci e frenetici. L’inserimento di alcune novità come la Rage Art (una supermossa attivabile con la pressione di un tasto) e la Rage Dive (breve combo automatica attivabile tramite determinati input) hanno il merito di rendere le battaglie imprevedibili. Nel frattempo, un efficace bilanciamento è affidato a una soluzione chiamata Power Crush, una tipologia di attacco che fornisce un armor al personaggio che l’attiva, permettendogli di incassare i colpi mentre prosegue nella propria animazione offensiva. D’altro canto, restando nel discorso ma facendo un passettino indietro, la Rage Art non deve essere vista come la classica super Mossa in grado di rompere il gioco: anzi, se viene parata, il lottatore che l’ha lanciata viene lasciato indifeso per un lasso di tempo utile all’avversario per infliggergli una sorta di punizione e chiudere, se possibile, la partita. Per completare il discorso sul bilanciamento, non ho notato in questa fase gravi discrepanze tra certi lottatori, in favore di un picchiaduro che riesce dunque ad essere notevolmente equilibrato. È evidente che, come per ogni gioco del genere, ci saranno personaggi più abbordabili e altri effettivamente più difficili da controllare, ma nulla che sul lungo termine sembri portare degli svantaggi evidenti per i delicati equilibri di gioco. Però, è chiaro, è una risposta che solo il passare del tempo potrebbe appunto darci.

Se da una parte dunque c’è un combat system divertente, frenetico e ben bilanciato, dall’altra non c’è purtroppo un adeguato accompagnamento per quanto riguarda i contenuti. Partiamo dalla modalità Storia, che ha una durata di appena 2-3 ore ed è probabilmente una delle cose più trash mai viste negli ultimi anni. Narra delle vicende dei Mishima, concentrandosi in particolar modo su un personaggio: l’utente viene chiamato a controllare ben cinque lottatori (Heihachi, il protagonista, insieme a Akuma, Lee, Lars e Alisa). Il completamento della storia permette di sbloccare un capitolo extra che mette nei panni di un Devil Kazuya impegnato in uno scontro con Akuma: sfida che si rivela peraltro particolarmente ostica, persino al livello di difficoltà più basso. Vengono sbloccati anche dei particolari “episodi personaggio” che permettono di seguire, in teoria, le vicende dei membri del roster che hanno avuto meno spazio nella storia principale. In realtà viene approfondito ben poco, visto che per ogni personaggio è prevista una bio introduttiva, uno scontro e una breve cutscene finale. E basta, Il tutto per una campagna dalla difficoltà neanche ben bilanciata: al livello Facile si ha tutto fin troppo semplice, mentre le cose si complicano già al livello Medio, diventando assai difficili (soprattutto per i novellini) al boss finale.

Per il resto, il single player non offre molto altro, se non una breve scalata Arcade e la Battaglia Tesoro, pensata per sbloccare outfit a dir poco “particolari” per i vari lottatori, affrontare difficili scontri speciali occasionali e raccogliere denaro per comprare altri capi di abbigliamento per i personaggi o ulteriori elementi di personalizzazione, come barre vita e schede lottatore. Non che il multiplayer online offra molto di più, con sole tre modalità: Ranked e non classificata per gli scontri normali, e il torneo utile per impostare una struttura, appunto, a mo’ di torneo. Se non altro, l’ottimo combat system permette di divertirsi parecchio e riesce a compensare all’assenza di particolari modalità. Il netcode ha sofferto di gravissimi problemi subito dopo il lancio, ma che per fortuna adesso sono stati definitivamente risolti.

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Tekken 7 – Recensione: Commento Finale

Tekken 7 è un ottimo picchiaduro, dotato di un combat system solido, divertente e più che convincente che si sposa con un roster tutto sommato equilibrato. Peccato per una curva di apprendimento un po’ ripida a causa dell’assenza di un vero e proprio tutorial e per una evidente carenza sul fronte dei contenuti, in particolar modo per le poche e di certo non originali modalità di gioco. Un prodotto che non sorprende, ma il compito di accontentare i fan del franchise e gli appassionati del genere è riuscito alla perfezione. Per questo, anche al netto dei difetti, il voto è più che buono.

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