Castlevania – Recensione della prima Stagione in streaming su Netflix

Adi Shankar, produttore della serie animata tratta da “Castlevania” di Konami e appena arrivata su Netflix, aveva affermato di voler realizzare il primo buon adattamento da videogioco prodotto in Occidente. La prima stagione di “Castlevania”, già interamente disponibile online e in streaming per gli abbonati Netflix, è composta da solo quattro episodi di circa 25 minuti l’uno, ed è più un assaggio, un pilota, che una vera prima stagione, ma mi fa decisamente ben sperare sulla riuscita del suo progetto. Nata originariamente come una trilogia di film e scritta da Warren Ellis, autore di fumetti noti per il brillante intreccio di intrattenimento e temi socio-politici (“Authority”, “Planetary” e diverse serie per Marvel, DC e Image), questa opera è stata poi adattata per diventare una serie televisiva, ed effettivamente la prima stagione ha il respiro e la continuità di un unico film diviso in quattro episodi. Mi sembra che ci sia stata una parziale riscrittura per riprendere, all’inizio di un episodio, ritmo e storia dell’episodio precedente, ma persino la sigla di testa, presente solo all’inizio della stagione, tradisce le origini della serie.

Castlevania Netflix Recensione Stagion 1

La storia della serie videoludica Castlevania

La serie di videogiochi “Castlevania” parla dell’eterno scontro tra la famiglia Belmont (e, andando avanti nella trama, anche di altri personaggi) contro il Vampiro Dracula che ogni cento anni torna sulla Terra, col suo castello mutevole chiamato appunto “Castlevania”, richiamato da uomini malvagi per portare il Caos. La serie è nata nel 1986 per Nintendo Entertainment System (o meglio, per il lettore Floppy Disk della versione giapponese della console, il Famicom)  come un videogioco di piattaforme/azione ambientato nel castello di Dracula e si evolve nel tempo diventando, con “Castlevania: Symphony of the Night” (PlayStation, 1997), punto di riferimento per la definizione del genere metroidvania, a cui dà il nome insieme alla serie “Metroid” di Nintendo. Il castello di Dracula, manifestazione del Caos quanto il suo padrone, è in “Castlevania: Symphony of the Night” luogo da esplorare pezzo per pezzo sfruttando abilità imparate durante il gioco stesso e tornando in luoghi già visitati alla ricerca di nuove opportunità, mentre il videogioco accoglie elementi presi dai giochi di ruolo, tra cui equipaggiamenti personalizzabili e livelli.

Una nota sull’evoluzione di Castlevania

Questo passaggio dall’ambientazione lineare del primo “Castlevania” a quella aperta di “Castlevania: Symphony of the Night” non va però inteso come un cambio di direzione della serie, ma come una tendenza presente sin dalla sua nascita. Già il secondo episodio “Castlevania 2: Simon’s Quest” (Famicom, 1987), ingiustamente diffamato oggi e ingiustamente ricordato come un gioco impossibile da finire senza l’aiuto di guide, mi mette davanti a un’intera regione da esplorare (sempre con una struttura platform/azione) tra villaggi, foreste e castelli in cui cercare i segreti necessari per poi sconfiggere definitivamente Dracula. E lo stesso anno del primo “Castlevania” per Famicom usciva, per il computer MSX2, “Vampire Killer”, un videogioco di Konami originariamente intitolato “Akumajō Dracula” proprio come il primo “Castlevania” e realizzato con gli stessi asset e gli stessi nemici di questo gioco ma già dotato di una struttura più aperta. Uno strano caso in cui due versioni dello stesso gioco uscite contemporaneamente per macchine diverse hanno gameplay diversi. Ma persino il “Caslevania” per Famicom descrive con i suoi livelli apparentemente slegati e indipendenti una vera e propria mappa completa del Castello di Dracula, come se già fosse intenzionato a raccontare uno spazio coerente.

La storia della serie Netflix Castlevania

Castlevania Netflix Recensione Stagione 1

La serie Neflix di “Castlevania” è stata scritta appunto da Warren Ellis con la supervisione di IGA (Koji Igarashi), co-direttore con Toru Hagihara di “Castlevania: Symphony of the Night” e poi produttore e scrittore per il resto della serie, ed è tratta da “Castlevania 3: Dracula’s Curse” per Nintendo Entertainment System (1989). Un gioco magari non molto conosciuto in Europa, dove fu distribuito solo nel 1992, persino dopo l’arrivo di “Super Castlevania 4” (una specie di remake del “Castlevania” originale per Super Nintendo). Ma “Castlevania 3: Dracula’s Curse”, che propone una struttura a bivi con scelte che danno vita a finali multipli e alleati opzionali da trovare, ha una certa importanza nella continuity della serie “Castlevania” perché, essendo ambientato nel 1476, fa da prequel all’intera storia della famiglia Belmont e al suo scontro con Dracula, almeno sino all’arrivo di “Castlevania: Lament of Innocence” (PlayStation 2, 2003). In “Castlevania 3: Dracula’s Curse” c’è poi la prima apparizione di Alucard, figlio di Dracula e fondamentale co-protagonista del gioco e poi protagonista di “Castlevania: Symphony of the Night”.

Gli eventi e i personaggi di “Castlevania 3: Dracula’s Curse” sono arricchiti nella serie Netflix da dettagli, su Dracula e Alucard (e sua madre), rielaborati a partire da “Castlevania: Symphony of the Night”. Esploro quindi la nascita di Alucard ed esploro le origini dell’odio del Vampiro per l’umanità. Il risultato è un’opera coerente con la continuity dei “Castlevania” del periodo più maturo (e più noto al pubblico) della serie ma capace i riprendere il tono medievale e oscuro degli episodi per Nintendo Entertainment System (e in generale, precedenti a “Castlevania: Symphony of the Night”), con orribili notti e poveri villaggi persi in una Vallachia di superstizione religiosa. Tono medievale che non rinuncia agli elementi clockpunk (o genericamente “steampunk” nel suo confuso uso odierno) di Castlevania stesso, del castello di Dracula come lo conosciamo, nuovamente, da “Castlevania: Symphony of the Night”.

Vampiri e realismo

Castlevania Netflix Recensione Stagione 1

E nella prima stagione della serie Netflix di “Castlevania” Dracula è effettivamente più scienziato che vampiro e Castlevania è più un luogo di scienza che di caos. Il personaggio di Dracula viene costruito, caratterizzato con un proprio arco e delle proprie motivazioni, è una persona che può essere capita, con cui posso persino empatizzare o simpatizzare, e non un’eterna forza cosmica, una divinità che gli uomini cercano di era in era. Si perde qualcosa in questa trasformazione e qualcuno potrebbe rimanerne deluso (o, al contrario, potrebbe trovarla ancora troppo poco incisiva), ma soprattutto si perde la divisione manichea tra bene e male, Ordine e Caos, proposta nei primi videogiochi, si guadagnano sfumature di grigio in cui tutti i personaggi e tutta l’ambientazione si muovono. Anche Trevor Belmont non è più un cacciatore di Vampiri chiamato dalla Chiesa, il protagonista senza spessore di “Castlevania 3: Dracula’s Curse”, ma un simpatico vagabondo a cui la Chiesa stessa, descritta ora più realisticamente come un covo di bigotti e corrotti, ha distrutto famiglia e casa e che ora vaga senza meta come ultimo discendente di una stirpe di eroi incolpata ingiustamente di essere in combutta con le forze sovrannaturali che in realtà combattevano.

La durezza della rappresentazione di un mondo dimenticato da Dio è solo una parte del crudo realismo che la serie Netflix (pur essendo un fantasy pieno di sovrannaturale) ricerca e che ritrovo anche nelle reazioni dei personaggi, nelle chiacchiere da taverna che fan da meravigliosa e divertente conclusione al primo episodio della serie, nell’ambientazione, nelle poche ma violentissime, materiche, scene di sangue e smembramento. “Castlevania” è una serie che non ha paura a mostrare il corpo di un bambino tranciato in due da zanne e artigli, come non ha paura di dire che una donna nel Medioevo (solo nel Medioevo?) faceva meglio a fingersi uomo per sentirsi sicura durante un viaggio, come non ha paura a mettere la Chiesa, e non un astratto caos allegoricamente incarnato in un Dracula, alla radice dei mali che i protagonisti devono affrontare.

Castlevania Netflix Recensione Stagione 1

Anche i Vampiri han punti deboli

Nonostante il mio evidente entusiasmo per la qualità di questa serie non posso ignorare alcuni problemi: un buco di sceneggiatura piuttosto evidente riguardante Alucard (non è stato per ora spiegato dove sia stato per buona parte della sua vita e che ruolo abbia negli eventi avvenuti quando era già adulto), alcuni momenti di scrittura un po’ più deboli e qualche dubbio sulla scelta di lavorare alla serie scimmiottando lo stile grafico dell’animazione commerciale giapponese, al punto da aver definito “anime” il risultato finale (che anime naturalmente non è).

Un discorso separato devo farlo sulle animazioni. Non ho una preparazione da animatore, anche se avendo studiato fumetto ho effettivamente seguito lezioni in comune con i corsi di animazione e ho studiato un po’ di storia dell’animazione. Ma io son qui per valutare altre qualità in un adattamento da videogioco, e quindi date un peso minore a questa nota finale. La qualità dell’animazione di “Castlevania” è… diciamo altalenante. C’è la solita collezione di stratagemmi usati per risparmiare un po’, ma in alcune scene si sente un’eccessiva rigidezza, un’eccessiva statiticità, difetti che mi sembrano dovuti anche alla volontà di mantenere anche in questo un realismo che non sempre fa bene alla resa dell’animazione (oltre che a risparmiare ulteriormente). Ma in altri momenti, come nello scontro con cui si chiude il quarto episodio, c’è una creatività molto maggiore, un’esagerazione nei movimenti e nella caratterizzazione degli stili di combattimento che fa perdonare scelte meno convincenti e dimostra quanto possa essare divertente guardare un Belmont che combatte con la sua frusta. C’è un fragile equilibrio da mantenere tra uno “stile anime” (qualsiasi cosa questo voglia dire) seppur virato verso un certo realismo, il realismo dell’ambientazione e le necessità dell’animazione e del budget di una serie. Un equilibrio che “Castlevania” non sempre sembra saper o poter gestire.

La serie Netflix di Castlevania – Conclusioni della recensione della prima stagione

Castlevania Netflix Recensione Stagione 1

Nonostante qualche difficoltà, soprattutto a livello di animazioni, la serie Netflix di “Castlevania” scritta da Warren Ellis e diretta da Sam Deats è un ottimo esempio di come si possa prendere un videogioco e trasformarlo in qualcosa di profondamente fedele alla sua continuity e al suo tono senza temere di dover cambiare anche parti importanti della trama come, in questo caso, il ruolo della Chiesa, il suo rapporto con la famiglia del protagonista Trevor Belmont, le origini della maga Sypha Belnades (una dei protagonisti di “Castlevania 3: Dracula’s Curse” e quindi della serie Netflix) o la caratterizzazione di Dracula stesso. Tante cose sono cambiate rispetto alla trama originale e tante sono perfettamente identiche a come le trovo in “Castlevania 3: Dracula’s Curse” da cui la serie è tratta, ma il punto è che il risultato finale si incastra perfettamente nel mondo di “Castlevania”, in quello delle origini e in quello dei “Castlevania” prodotti da IGA. Ed è, soprattutto, molto divertente da vedere. Voto: se avete Neflix guardatelo, se non lo avete ma vi piace “Castlevania” fatevi ospitare da un amico che ha Neflix o fatevi l’abbonamento, e guardatelo. Vi dispiacerà vederlo finire dopo solo quattro episodi (ma la seconda stagione, in arrivo nel 2018, ne avrà ben otto).