CD Projekt Red e il peso sul lavoratore di un gioco senza compromessi

Di recente siamo venuti a conoscenza dell’abbandono di alcune figure chiave nello sviluppo di “Cyberpunk 2077” di CD Projekt Red: se ne sono andati, e possiamo dirlo in base ai loro profili LinkedIn, Mateusz Piaskiewicz, capo del level design, Derek Patterson, che si occupava della produzione del gameplay, e Ovidiu Traian Vasilescu, che gestiva il progetto. Su Glassdoor, un sito in cui i dipendenti recensiscono i luoghi dove hanno lavorato, sono inoltre apparse recensioni molto negative sull’ambiente lavorativo di CD Projekt Red. Anche alcune recensioni più positive nel voto citano una serie di problemi: i salari sono bassi e incerti, ci sono problemi nella struttura gestionale dello studio, gli strumenti dati ai lavoratori sono insufficienti e la mole di lavoro è esagerata in confronto alle scadenze. Le recensioni su Glassdoor, va detto, non hanno alcuna garanzia di autenticità.

Marcin Iwinski, cof-fondatore, e Adam Badowski, che gestisce lo studio, hanno rilasciato una dichiarazione ufficiale in risposta alle voci che hanno iniziato a circolare su CD Projekt Red. “Normalmente evitiamo di commentare le recensioni della compagnia su piattaforme come Glassdoor, ma stavolta, soprattutto alla luce del fatto che non abbiamo detto nulla su Cyberpunk 2077 per molto tempo e vediamo videogiocatori preoccuparsi per lo stato del progetto, vorremmo spiegare alcune cose.” CD Projekt Red avrebbe ora il doppio dei duecento dipendenti con cui è stato costruito “The Witcher 3: Wild Hunt”, e le partenze sarebbero solo parte del normale via-vai che si crea in una struttura tanto grande, dove non tutti si trovano a loro agio con il metodo di lavoro.

Per quanto riguarda le condizioni di lavoro, CD Projekt Red spiega di non voler scendere a nessun compromesso per il suo nuovo progetto. “Ogni videogioco di ruolo che abbiamo mai sviluppato è sembrato un obiettivo impossibile al momento in cui lo abbiamo progettato.[…] Quando ci mettiamo in strada per creare qualcosa siamo certi di dove vogliamo arrivare e di un’altra cosa: anche se qualcosa sembra impossibile non vuol dire che lo sia. Anzi, di solito le cose sono perfettamente fattibili, ma per riuscire a realizzarle c’è bisogno di molta fede, impegno e spirito. Questo approccio alla creazione di giochi non fa per tutti. Spesso vuol dire rimettersi consapevolmente in gioco ogni volta e reinventare la ruota, anche se potresti pensare che tutto funzioni già, come per magia. Ma sapete una cosa? Pensiamo che reinventare la ruota ogni maledetta volta sia quello che ci permetterà di fare un gioco migliore. È così che nasce l’innovazione, è così che possiamo dire che abbiamo lavorato davvero duramente a qualcosa e allora possiamo pensare che valga il denaro che vi siete faticosamente guadagnati. Se crei giochi pensando che basti che più o meno siano simili a quello che volevi realizzare perché siano buoni resti in una zona in cui ti senti sicuro [una comfort zone]. Ma sai bene che è altrove che accade la magia. Cyberpunk 2077 sta andando avanti come pianificato ma ci vuole tempo. Il silenzio è il prezzo che paghiamo per creare un gran videogioco.”

Secondo le informazioni raccolte da Eurogamer, parlando con ex-dipendenti di CD Projekt Red, le recensioni su Glassdoor rifletterebbero, almeno nella media, le reali condizioni dello studio: i lavoratori si sentono oppressi da troppo lavoro, sottopagati e pensando che la dirigenza manchi di organizzazione e di capacità di ascoltare i dipendenti. Si tratta spesso di persone che arrivavano da altri studi, meglio organizzati, e che dopo esser stati presi in CD Projek Red hanno cambiato lavoro dopo meno di un anno a causa delle condizioni di lavoro. Fare un videogioco senza compromessi può essere apprezzato dai videogiocatori, ma è qualcosa che ha conseguenze anche gravi per il lavoratore che deve effettivamente creare quel gioco.

Realizzare grandi videogiochi ha purtroppo quasi sempre un costo elevato sulla vita dei lavoratori. Nella lamentele contro CD Projekt Red viene più volte citato il crunch, una pratica disumana in cui uno studio, per rispettare una scadenza, annulla qualsiasi regola degli orari di lavoro facendo lavorare i suoi dipendenti sino a tarda notte anche per lunghi periodi di tempo. In alcuni casi i dipendenti dormono direttamente in ufficio e non tornando a casa dalle loro famiglie per settimane. Amy Hennig, che scrisse e diresse “Uncharted”, parlò per esempio delle condizioni di lavoro in Naughty Dog, uno studio dove lei ha lavorato ottanta ore alla settimana ogni settimana per più di dieci anni e dove il crunch è pratica diffusa e sistematicamente usata. Un sistema su cui è costruito lo sviluppo AAA ma che lei ha poi definito “insostenibile”. Dovremmo cominciare a discutere della possibilità di boicottare le compagnie che non garantiscono ambienti di lavoro sani per gli sviluppatori, anche al costo di rinunciare a qualcosa nelle grandi produzioni AAA. Forse l’industria videoludica ha bisogno di una decrescita felice.

fonte GameRant Eurogamer
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