Wolfenstein 2 The New Colossus non parla di nazisti, ma di noi – Recensione PC

“Wolfenstein 3D” di id Software (1992) nasce come un remake di “Castle Wolfenstein” del 1981, un videogioco stealth che John Romero, Tom Hall e John Carmack ricreano con una inquadratura e un gameplay totalmente diversi, passando alla prima persona (e “Wolfenstein 3D” fu il primo gioco a rendere popolare questo stile per gli sparatutto) e sacrificando la furtività per un’azione frenetica. La serie è poi continuata con “Return to Castle Wolfenstein” di Grey Matter Interactive (2001, di cui “Wolfenstein: The Old Blood” di MachineGames del 2015 è più o meno un remake), “Wolfenstein” di Raven Software (2009), “Wolfenstein: The New Order” di MachineGames (2014) e, adesso, “Wolfenstein 2: The New Colossus”.

Wolfenstein 2 The New Colossus Recensione

Tra nazismo e James Bond

Sono William “BJ” Blazkowicz, soldato americano che combatte in un passato alternativo (gli anni Sessanta) in cui grazie alle fantascientifiche tecnologie dell’antico ordine di scienziati ebrei Da’at Yichud i nazisti sono riusciti a vincere la guerra e a conquistare davvero il mondo. Prima della disfatta finale ho combattuto insieme a due compagni, il pilota Fergus Reid e il soldato Probst Wyatt III, ma siamo stati catturati, sono stato crudelmente costretto a scegliere quale dei due sacrificare agli esperimenti nazisti (la scelta mi viene di nuovo proposta qui in un flashback iniziale e ha grosse conseguenze nella mia partita) e sono stato ferito alla testa, finendo in coma. Dopo anni di sonno rinchiuso in un manicomio mi sono risvegliato in un mondo ormai nazista e mi sono unito alla Resistenza (il circolo Kreisau) comandata da Caroline Becker, rimasta paralitica durante la guerra ma capace di muoversi grazie a un’armatura creata dalla tecnologia Da’at Yichud. Insieme a noi ci sono persone di tutte le etnie e di tutte le parti del mondo, tra cui la mia compagna, l’infermiera Anya Oliwa che ha avuto cura di me negli anni in manicomio, e Set Roth, membro di Da’ath Yichud e scienziato del gruppo.

“Wolfenstein 2: The New Colossus” inizia dalla fine di “Wolfenstein: The New Order”: Blazkowicz è di nuovo gravemente ferito dopo aver finalmente ucciso l’Obergruppenführer Wilhelm “Deathshead” Strasse, antagonista della serie da “Return to Castle Wolfenstein” aiutato in “Wolfenstein: The New Order” anche dall’Obersturmbannführer Irene Engel (rimasta sfigurata al volto durante uno scontro con il protagonista), mentre la Resistenza si prepara a bombardare con un ordigno nucleare la fortezza dove anche Blazkowicz si trova, incapace di fuggire in tempo. In “Wolfenstein 2: The New Colossus” la lotta di Blazkowicz e della Resistenza continua e, con il sottomarino nazista Martello di Eva rubato durante gli eventi del precedente gioco, dall’Europa si sposta agli Stati Uniti D’America, che si sono arresi al nazismo dopo il bombardamento nucleare di Manhattan.

Wolfenstein 2 The New Colossus Recensione

 

Una cialtroneria solo apparente

La trama è importante in “Wolfenstein 2: The New Colossus”, anche se non è impossibile seguire gli eventi del gioco senza aver sinora giocato la serie (il riassuntino che ne ho fatto potrebbe bastarvi). Se “DOOM” (2016) di id Software e Bethesda Softworks continua la filosofia di Romero e Carmack e del primo “Doom” (“la storia in un gioco è come la storia in un film porno. Deve esserci, ma non è che sia importante” disse Carmack) “Wolfenstein” di MachineGames continua sulla strada dello sparatutto narrativo, lo sparatutto voluto da Tom Hall che se ne andò da id Software durante la creazione di “Doom” proprio per questa divergenza con Romero e Carmack. Non è una trama particolarmente originale (ma è interessante la sua ambientazione creata mescolando immaginari nazisti e ambientazioni fantascientifiche anni Sessanta alla “James Bond”) ma è ben scritta, prova sempre a stupirmi e, soprattutto, ha uno sguardo unico sui temi che affronta e sui suoi personaggi, sempre pronti a esprimere la loro individualità e la loro ricchezza, capaci di essere eroici in una scena e buffi in quella successiva.

È ammirevole come “Wolfenstein 2: The New Colossus” riesca ad alternare toni diversi. C’è l’azione esagerata di un film di Quentin Tarantino, con Blazkowicz  che impugna due armi contemporaneamente (posso farlo con qualsiasi arma, tranne quelle pesanti) per combattere contro giganteschi cani-robot sputafiamme nazisti. C’è sangue, c’è sesso, ci sono budella. Ci sono momenti divertenti che mostrano scene di vita quotidiana nel Martello di Eva e la mediocrità, il ridicolo del male (anche qui il riferimento di MachineGames sembra essere Tarantino, con scene come la cavalcata del Ku Klux Klan in “Django Unchained”): un soldato tedesco riprende due membri del Ku Klux Klan perché non stanno imparando il tedesco come dovrebbero, una ragazza americana cerca di far colpo sui nazisti ma esagera con la storia della purezza della razza e afferma che gli Austriaci siano impuri rispetto ai Tedeschi (e Hitler era austriaco). E ci sono momenti intimi, dolorosi, capaci di farmi venire i brividi. Gioco nei panni di William “BJ” Blazkowicz sin dal 1992, ma in “Wolfenstein 2: The New Colossus” ne scopro l’infanzia, il passato. Scopro le botte che prese dal padre quando fu scoperto a giocare insieme a una ragazzina nera, scopro la prima volta in cui ha premuto il grilletto.

Wolfenstein 2 The New Colossus Recensione parata

Il nazismo in USA

“The Wolfenstein 2: The New Colossus” non ha paura di andare a scavare in luoghi bui e nascosti. Quando è iniziata la promozione del gioco Bethesda Softworks si è trovata a doverlo difendere dagli attacchi dell’estema destra (alt-right) statunitense, che non apprezzava l’idea di un’opera in cui il protagonista uccidesse nazisti negli Stati Uniti d’America. Potrei dire che “Wolfenstein” ha sempre parlato della lotta ai nazisti (ed è vero) e che non dovremmo temere di rappresentarli come personaggi negativi, ma questo banalizzerebbe i temi che questo videogioco affronta. “Wolfenstein 2: The New Colossus” non si ferma a rappresentare i nazisti come i cattivi del gioco approfittando della facile opportunità di raccontare un male assoluto senza doversi preoccupare di sfumature e caratterizzazioni, perché non sono i nazisti il vero centro delle vicenda di “Wolfenstein 2: The New Colossus”: il centro di questo episodio sono gli Americani, siamo noi, sono tutte le persone che vivono oggi e che hanno vissuto ieri in una democrazia.

Mentre cammino per le città americane, ascoltando soldati e cittadini parlare e leggendo i documenti che trovo, scopro come gli Stati Uniti d’America abbiano potuto arrendersi al nazismo, scopro come gli Americani fossero già pronti a diventare nazisti. Come molti videogiochi “Wolfenstein 2: The New Colossus” è pieno di lettere e diari che raccontano le vite delle persone che hanno abitato i posti che attraverso; a volte sono le stesse persone che ho appena ucciso. I loro scritti hanno un tono quotidiano, quasi banale, raccontano amori, viaggi, una vita lavorativa noiosa, i dubbi sul regime, la fiducia sul regime. In un altro videogioco direi che l’inserimento di questo materiale è pensato per farmi vedere l’altro volto del nemico, l’umanità di chi ho appena ammazzato a colpi di ascia, direi che il gioco vuole farmi vedere quanto i nazisti siano simili a me. In “Wolfenstein 2: The New Colossus” questi contenuti servono invece a ricordarmi quanto io sia simile a loro, quanta poca distanza ci sia tra il cittadino modello degli Stati Uniti d’America degli anni Sessanta, tra me oggi, e un nazista. È ancora un invito all’empatia, ma l’empatia a cui vengo invitato è un’accusa nei miei confronti. Anche quando descrive il bombardamento atomico di Manhattan e le sue vittime “Wolfenstein 2: The New Colossus” non parla di un crimine nazista, perché i nazisti non hanno mai lanciato una bomba atomica su una città: anche in quell’occasione “Wolfenstein 2: The New Colossus” parla delle colpe degli Americani, non dei nazisti.

Wolfenstein 2 The New Colossus Recensione German-American Bund
manifestazione del German American Bund in East 86th St. a New York City il 30 ottobre 1939.
dalla Library of Congress Prints and Photographs Division. New York World-Telegram and the Sun Newspaper Photograph Collection. http://hdl.loc.gov/loc.pnp/cph.3c17148

In “Hitler’s American Model”, James Whitman discute dell’influenza che le leggi americane, il sistema razzista costruito per esempio dalle leggi Jim Crow (le leggi che separavano i neri e i bianchi dopo la fine della schiavitù e sino al 1965) e dalle leggi sulla cittadinanza americana, hanno avuto sulla scrittura delle leggi di Norimberga (1935), che comprendevano la legge che regolamentava la cittadinanza tedesca sotto il nazismo. Il risultato interessante del libro di Whitman non è tanto la scoperta delle origini delle leggi razziali naziste ma di come gli Stati Uniti d’America abbiano potuto avere una lesgislazione razzista tanto portentosa e sistematica da attirare l’attenzione nazista. Negli USA degli anni 30 non mancavano neanche gruppi di ispirazione fascista e nazista basati sull’opposizione a ebrei, comunisti e persone di colore e organizzati in modo para-militare e a volte legati alle comunità italiane (con la Fascist League of North America) e tedesche (con la German-Amerian Bund). Negli Stati Uniti d’America dell’epoca sono avvenute davvero marce naziste.

Ora i movimenti di estrema destra, i neo-nazisti, il Ku Klux Klan, i suprematisti bianchi, hanno visto come una loro vittoria il successo elettorale di Donald Trump. I nazisti son quindi tornati a marciare per le strade in eventi come la marcia di Charlottesville (Virginia) in cui i gruppi di estrema destra hanno manifestato per la rimozione di una statua dedicata a Robert E. Lee (un comandante dell’esercito degli Stati Confederati che lottò contro la fine dello schiavismo) e un’antifascista, Heather Heyer, è stata uccisa da un suprematista bianco che ha travolta con la sua automobile la contro-manifestazione. Ma i temi di  “Wolfenstein 2: The New Colossus” hanno valore anche in Europa, dove l’estrema destra sta guadagnando consensi, e in Italia.

Wolfenstein 2 The New Colossus Recensione Little Antifa Novel
“Little Antifa Novel”

Il fascismo in Italia

Se gli USA hanno avuto un sistema razzista tanto solido da affascinare i nazisti, l’Italia ha avuto un vero regime fascista, con leggi razziali che non dovrebbero essere interpretate solo come conseguenza dell’alleanza tra Hitler e Mussolini, e ha avuto i purtroppo mai citati campi di concentramento per gli Slavi. E oggi in Italia gruppi di estrema destra come CasaPound cercando di mostrare un volto rispettabile, riuscendo a inserirsi nel dibattito politico come se il fascismo fosse una questione politica e non una questione penale, e il principale partito di sinistra (o quello che è considerato il principale partito di sinistra) ha ormai una lunga storia di rapporti amichevoli con queste tendenze. Siamo insomma di fronte anche in Italia a un’operazione di normalizzazione del neofascismo: è possibile essere fascisti, creare partiti fascisti (anche contro la dodicesima disposizione finale della Costituzione Italiana e la Legge Scelba), è possibile marciare nelle strade in manifestazioni fasciste. Con l’MSI (movimento Sociale Italiano) parte del governo Berlusconi del 1994 l’Italia è stata, in  fondo, il primo Stato a far tornare al governo un partito neo-fascista, e i monumenti fascisti sono in gran parte rimasti in piedi, come se fossero opere prive di una loro storia e di un loro significato.

Nel 2016 a Pavia la Rete Antifascista locale si trovò a dover rispondere  alla crescente presenza fascista, rappresentata in città da CasaPound. Il 5 novembre di ogni anno, con la scusa di commemorare Emanuele Zilli, un camerata ucciso dai comunisti negli anni Settanta (il ragazzo è in realtà morto in un incidente stradale), i fascisti pavesi e del Nord Italia riuniti nell’Associazione Recordari organizzano un corteo attraverso la città. “Little Antifa Novel” di Mauro Vanetti, Chiara Colangelo e Davide Gestaldo è un racconto interattivo a bivi che mi mette nei panni della Rete Antifascista nei mesi precedenti alla manifestazione del 5 novembre. Mentre “Wolfenstein 2: The New Colossus” inscena una Resistenza fantastica ed esagerata a un nazismo fantastico ed esagerato, “Little Antifa Novel” mi fa confrontare con la lotta reale al ritorno reale del fascismo. È giusta una risposta violenta? E una risposta culturale deve restare chiusa nei circoli o deve uscire in strada? “Little Antifa Novel” mi dà l’opportunità di organizzare la resistenza al corteo fascista, vedendone i possibili risultati e confrontandoli poi con gli eventi reali, che hanno portato nel 2017 alla fine della manifestazione annuale, finalmente vietata dal prefetto. “Little Antifa Novel” è disponibile gratuitamente su itch.io, ma potete fare una donazione al momento del download e tutti i proventi verranno destinati al supporto degli antifascisti che, per le azioni compiute in quel giorno, sono stati attaccati e anche denunciati dalla polizia, impegnata a difendere la marcia fascista [Disclaimer: tra queste persone c’è anche Mauro Vanetti, autore di “Little Antifa Novel” e mio amico e compagno].

Wolfenstein 2 The New Colossus Recensione

Sparatutto o stealth?

Se la narrazione riveste un ruolo molto importante in “Wolfenstein 2: The New Colossus” e ci sono intere parti in cui non devo sparare ma esplorare e parlare il gioco è, ancora, uno sparatutto in prima persona. Nella nuova interpretazione che MachineGames ha dato alla serie a partire da “Wolfenstein: The New Blood” tornano però anche gli elementi stealth, e il level design si impegna a propormi strade diverse perché io possa raggiungere in modi diversi i miei obiettivi. I livelli di “Wolfenstein 2 : The New Colossus” restano prevalentemente lineari, un tragitto da A a B ben lontano dalla costruzione open-world, e non presentano la varietà di soluzioni e percorsi interconnessi di “Dishonored 2”, ma le aree tendono ad allargarsi e arricchirsi, e verso metà della campagna Blazkowicz acquista anche nuovi modi per esplorare le mappe. La curiosità viene premiata, come era premiata dai passaggi segreti di “Wolfenstein 3D”, ma “Wolfenstein 2: The New Colossus” cerca anche di premiare il modo in cui scelgo di soddisfare la mia curiosità, il mio stile di gioco. È interessante per esempio il modo con cui cresce Blazkowicz: non ottengo punti abilità da distribuire ma compiendo certe azioni faccio avanzare di livello talenti legati al loro stile di gioco. Se uccido silenziosamente i comandanti nemici prima che facciano scattare l’allarme (e chiamino rinforzi) ottengo un potenziamento che rallenta il loro dare l’allarme nel caso mi vedano, se invece attacco frontalmente e uccido abbastanza nazisti impugnando due armi contemporaneamente ottengo la capacità di portare più munizioni, mentre se li uccido con granate avanzo in un’abilità che mi permette di trasportare più granate e così via. Ci sono poi missioni e obiettivi bonus, come la possibilità di andare a caccia di comandanti nazisti nei luoghi già esplorati degli Stati Uniti d’America, scoprendo anche le conseguenze delle mie azioni e degli eventi di cui sono stato protagonista nella campagna principale ed esplorando in nuove situazioni e con nuovi strumenti luoghi già visitati. Dopo aver finito la campagna principale di “Wolfenstein 2: The New Colossus” ho ancora tanto da fare.

A una narrazione brillante e a un gameplay solido si accompagnano spiacevoli sbavature. Il sistema di progressione scelto per Blazkowicz è interessante ma è strano che, morendo e ricaricando da un checkpoint o da un salvataggio (posso salvare quando voglio, altro incoraggiamento alla sperimentazione), le abilità non tornino ai livelli che avevo al momento del salvataggio ma conservino la loro progressione. È una scelta che rende facile rompere il gioco ripetendo all’infinito la stessa sezione per aumentare il grado di una certa abilità. Le interazioni con l’ambiente poi non rispondono sempre come dovrebbero, e aggrapparsi alle sporgenze può diventare inutilmente complicato perché non è sempre chiaro dove io possa salire e dove io possa arrampicarmi. E c’è qualcosa che non va nel feedback che ricevo dagli attacchi nemici: “Wolfenstein2: The New Colossus” è un gioco con un forte senso di presenza, un gioco in cui i miei colpi rimbalzano, in cui i nemici indietreggiano storditi dopo un mio attacco e i pezzi della loro armatura volano per terra, un gioco in cui il corpo di Blazkowicz è sempre ben visibile ma in cui gli attacchi che subisco passano (soprattutto all’inizio) quasi inosservati. Dà una certa sensazione di invulnerabilità, e lo schermo resta sempre leggibile grazie all’assenza dei rumorosi feedback visivi a cui sono abituato, posso persino ricondurre la scelta proprio a “Wolfenstein 3D”, ma mi capita di non accorgermi delle mie condizioni fisiche e di morire per non aver tenuto d’occhio i valori numerici di salute e armatura o di essermi inutilmente preoccupato in una situazione in cui invece neanche stavo venendo colpito. C’è anche un problema nella scelta cromatica, perché nemici molto grigiastri (le uniformi naziste non son note per la loro gaiezza) si confondono in ambienti industriali altrettanto grigiastri, e l’uniformità cromatica dei nazisti rende forse troppo simili soldati e comandanti. In generale, si sente un po’ la mancanza della varietà di arene dalle geometrie astratte e di nemici dai corpi e dai poteri fantasiosi di “DOOM”, ma è il prezzo da pagare per un’attenzione totalmente diversa alla narrazione e ai suoi contenuti.

Wolfenstein 2 The New Colossus Recensione Manhattan

Wolfenstein 2 The New Colossus: In conclusione…

Come le migliori opere d’intrattenimento, lo sparatutto in prima persona “Wolfenstein 2: The New Colossus” di MachineGames e Bethesda Softworks finge di essere sciocco, rozzo e cialtrone ma è in realtà intelligente e brillante e lo dimostra sia con il suo gameplay, che valorizza la libertà di scelta del giocatore, sia con la sua scrittura. Una scrittura che affronta, alternando con eleganza registri e toni diversi, temi di cui oggi purtroppo dobbiamo occuparci nella nostra quotidianità: il ritorno di fascismi che in realtà sono sempre stati dentro di noi. “Wolfenstein 2: The New Colossus” è disponibile per PC, PlayStation  e Xbox One e uscirà poi su Nintendo Switch.

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