Detroit mostra l’immaturità della promozione dei videogiochi – Opinione

La conferenza Sony e PlayStation alla Paris Games Week 2017 si è chiusa con un nuovo trailer di “The Last of Us: Part 2”, il prossimo videogioco di Naughty Dog che, dopo “Uncharted : Fine di un ladro” e “Uncharted: L’eredità perduta”, ha almeno momentaneamente chiuso la sua esplorazione del mondo di “Uncharted” e del ladro e avventuriero Nathan Drake per tornare a dedicarsi alla post-apocalisse zombi di “The Last of Us”. È stata una visione disturbante, esageratamente violenta, presentata alla fine di una lunga tirata promozionale e privata di qualsiasi contesto narrativo: “The Last of Us” non è un videogioco violento solo per il gusto di essere violento, ma quel trailer, messo in quel modo, era un trailer violento solo per il gusto di terminare un evento promozionale con il piacere di mostrare una donna presa a martellate. Il trailer del primo episodio mostrato all’E3 del 2012 sollevò gli stessi dubbi, e il trailer di “Detroit: Become Human” della Paris Games Week 2017 non è stato molto migliore.

Detroit Become Human alla Paris Games Week 2017

“Detroid: Become Human” di David Cage e Quantic Dream sembra essere una collezione di racconti interattivi a bivi sul rapporto tra uomo e macchina. Lascio per un momento stare il paradosso che sta alla base di questo videogioco, il parlare di rapporto tra uomo e Intelligenza Artificiale usando delle vere Intelligenze Artificiali come elementi narrativi che esistono solo per supportare l’esperienza del giocatore umano, e mi concentro sul trailer mostrato alla Paris Games Week. Il trailer racconta di una tata/domestica robot, interpretata nella scena del giocatore, in una famiglia dove un padre abusivo sfoga la sua frustrazione sulla sua piccola figlia: a seconda delle mie azioni posso aiutarla, salvarla, oppure vederla morire per le botte dell’uomo.

Inserita in un contesto, questa sezione potrebbe rivelarsi un toccante sguardo sul fenomeno degi abusi su minori. Non capisco in che modo questo possa contribuire al senso complessivo di “Detroit: Become Human”, che sinora aveva parlato di altro, ed è in realtà orribile ridurre l’abuso domestico a un ostacolo all’interno di un gameplay, dire che fuggire dall’abuso significa compiere le giuste scelte in un’avventura a bivi, ma va detto che la protagonista non è in questo caso la vittima ma la ginoide che si trova nella casa, andrà valutato il risultato complessivo e la situazione può anche esser stata solo mal presentata. Perché comunque questa sezione, infilata in una sequenza di video roboanti e pubblicità commerciali, appena dopo un trailer colorato e divertente su “Spider-Man”, diventa un deprimente racconto su un padre che picchia una bambina, un racconto mostrato per scandalizzare e colpire.

Il videogioco è l’unico medium che ha eventi del genere, eventi interamente costruiti di pubblicità con trailer su trailer su trailer, spettacolari video rigurgitati su una folla in festa che è lì proprio per vedere video pubblicitari presentati da qualche dirigente della compagnia stretto in una giacca, costretto a leggere il gobbo senza riuscire a seguire i tempi del pubblico. “Ma questa non è l’unica novità. Sì, sì, proprio così” fa senza soluzione di continuità, senza attendere che la folla applauda o abbia una qualche reazione all’annuncio. Mentre il videogioco cresce, questi eventi restano parte di una visione antica del medium, del videogioco come spettacolo d’intrattenimento scaccia-pensieri, e cozzano con i contenuti che ora queste opere cercano di portare ai videogiocatori. Quale è la logica che ha unito “Concrete Genie”, la storia di un ragazzino che combatte contro un mondo oppressivo, e il bullismo, con l’arte e la fantasia, con i trailer di “The Last of Us: Part 2” e di “Detroit: Become Human”? Girano sulla stessa macchina, punto.

Childline contro Detroit Become Human

Il trailer di “Detroit: Become Human” è infine arrivato sotto agli occhi di Dame Esther Rantzen, fondatrice di Childline, e del celebre tabloid inglese The Daily Mail, un vero esempio di quello che viene spesso citato come “il giornalismo britannico”. La richiesta di Childline, che definisce il videogioco “malato e repellente”, è di rimuovere interamente la scena, o persino di rinunciare a distribuire “Detroit: Become Human”. “La violenza contro i bambini non è intrattenimento. Non è un gioco. È un incubo reale per migliaia di bambini che devono vivere queste situazioni. Gli autori di questo gioco dovrebbero vergognarsi. Penso che sia perverso. Chi pensa che picchiare un bambino sia intrattenimento?“. Andy Burrows di National Society for the Prevention of Cruelty to Children ha la stessa posizione: “Ogni videogioco che banalizza o normalizza l’abuso dui bambini, l’abbandono o la violenza domestica per intrattenere è inaccettabile.” Per molti anni dovremo sentire queste proteste: i videogiochi nascono per essere “giochi”, per essere esperienze divertenti, e non è facile comunicare l’evoluzione che il medium ha avuto e anche la complessità a volte contraddittoria dei suoi contenuti e delle sue forme. Ma presentare queste opere in questo modo non aiuterà questo percorso e anzi giustificherà queste reazioni.

fonte The Daily Mail
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