Bravo Team è l’ultima vittima della ricerca del realismo cinematografico

Tom Phillips di Eurogamer ha raccolto informazioni tra i membri di Supermassive Games, lo sviluppatore di Until Dawn, per capire cosa sia andato storto nella realizzazione del recente sparatutto per PlayStation VR Bravo Team. Vi suggerisco naturalmente di leggere l’intero reportage, che trovate in fondo a questo articolo tra le fonti, ma vorrei concentrarmi su un punto centrale del fallimento di Supermassive Games con Bravo Team: la ricerca del realismo.

Dopo il successo di Until Dawn (2015) sembra che la dirigenza dello studio abbia deciso di creare intorno a Supermassive Games il “brand” di studio specializzato su videogiochi realistici e dal taglio cinematografico, seguendo in realtà una tendenza presente da molto nell’industria videoludica. Una delle sue conseguenze, per esempio, è la spinta verso una grafica fotorealistica.

Così la dirigenza di Supermassive Games avrebbe voluto un Bravo Team realistico: niente HUD, cioè niente informazioni in sovraimpressione, niente mani fluttuanti del personaggio (una convenzione dei videogiochi in VR), niente aiuto nell’esplorazione del mondo, niente tutorial, animazioni create con motion-capture (anche se gli animatori le avevano già realizzate precedentemente a mano), niente musica.

Lo studio avrebbe voluto invece rispettare alcune convenzioni degli sparatutto in prima persona e dei videogiochi in VR e a volte è effettivamente riuscito a sfruttare alcune di esse, ma solo alla fine del progetto, dopo mesi di lavoro buttati via nel tentativo di trovare soluzioni alternative e realistiche.

Sembra interessante un simile approccio, cioè decidere di affidarsi alle convenzioni del genere solo all’ultimo minuto e come ultima possibilità, ma è un problema quando questo accade per dar spazio alle convenzioni di un altro genere, quello realistico e cinematografico, sempre molto presente e pressante nell’industria videoludica e nell’immaginario dei videogiocatori.

In parte, il problema è dovuto a un equivoco, all’idea che l’approccio cinematografico e realistico sia il più vicino al nostro modo di vedere il mondo.

È vero che una visione stereoscopica in Realtà Virtuale costruita per simulare la nostra visione sia psicologicamente molto compatibile con il modo in cui usiamo i nostri occhi, come è in parte vero che la prospettiva rinascimentale sia vicina al nostro modo di vedere. Ma noi vediamo il mondo anche in altri modi, con altri sensi, attraversando lo spazio e il tempo con la nostra mente e i nostri ricordi, sommando ciò che è dentro di noi a ciò che è fuori di noi. Il videogioco realistico o la pittura realistica non sono più vicini alla realtà di quanto lo sia, per esempio, il Ritratto di Ambroise Vollard di Picasso.

fonte Eurogamer
Potrebbe piacerti anche