Ready Player One, dove il brand è nostalgia e la nostalgia è brand – Recensione film

Ready Player One, diretto da Steven Spielberg, scritto da Zak Penn ed Ernest Cline e tratto da un romanzo di Cline (intitolato in Italia solo Player One), racconta di un futuro distopico in cui le persone vivono rifugiandosi in un videogioco in Realtà Virtuale chiamato Oasis e basato sulla cultura pop. Il creatore di Oasis, James Halliday (Mark Rylance), è morto da ormai cinque anni e da allora gli utenti della piattaforma sono alla ricerca di easter egg, segreti nascosti all’interno del gioco, che possano portarli attraverso una serie di sfide sino a un easter egg finale capace di rendere il suo scopritore il nuovo proprietario di Oasis e l’erede della fortuna multimiliardaria di Halliday.

Tye Sheridan nella recensione di Ready Player One

Mentre molti giocatori si sono stancati della ricerca dopo tanti anni trascorsi senza trovare nulla, alcuni utenti più dedicati non hanno mai abbandonato la sfida. Tra loro c’è il protagonista Wade Watts (Tye Sheridan), che nel gioco si chiama Parzival, i suoi amici Aech (Lena Waithe), Shoto (Philip Zhao) e Daito (Win Morisaki), la famosa videogiocatrice Art3mis (Olivia Cooke) e gli sgherri della IOI, Innovative Online Industries, una compagnia presieduta dal malvagio Nolan Sorrento (Ben Mendelsohn) che vuole impossessarsi di Oasis per riempirlo di pubblicità e avere in mano quella che è ormai la più grande risorsa economica del mondo.

Adventure

Una delle sfide incontrate dai protagonisti nel film durante questa caccia al tesoro (e questo sarà l’unico spoiler che farò in un film già abbastanza spoilerato dal suo materiale promozionale) è incentrata sul videogioco Adventure (1979) di Atari per Atari 2600, famoso per essere stato uno dei primi videogiochi a includere al suo interno un easter egg (il primo gioco in assoluto a contenere un easter egg sarebbe, secondo gli studi attuali, Starship 1 di Ron Milner del 1977).

Adventure per Atari nella recensione di Ready Player One
Adventure (1979), immagine da Wikipedia

La partita a Adventure è tanto importante da essere l’unica sfida incontrata dai personaggi di Ready Player One sia nel film sia nel romanzo. Le altre sfide del film, fortunatamente, si incentrano più sull’esplorazione del personaggio di Halliday che su una conoscenza enciclopedica della cultura degli anni 70 e 80, tanto amata dal creatore di Oasis e da Cline e base di tutto il romanzo originale dove Wade deve invece far cose come reintepretare una scena del film WarGames.

Ma il film non sottolinea i veri motivi dietro all’introduzione dell’easter egg in Adventure, in cui recuperare un oggetto segreto permette di accedere a una stanza segreta dove è mostrato il nome dell’autore.

Atari non dava alcun riconoscimento ai suoi autori. Non potevano firmare le loro opere, perché Atari non voleva che le compagnie rivali potessero cercarli e fare loro offerte di lavoro, e Warren Robinett, che da solo progettò e programmò Adventure creandone anche la grafica, non ricevette alcuna royalty sulla sua opera che, eppure, vendette più di un milione di copie. Nascondere attentamente il suo nome all’interno del gioco gli permise di firmare la sua opera senza che Atari scoprisse la firma prima del lancio.

Quando Atari si accorse del segreto cercò il modo di eliminarlo, ma si rese conto di quanto sarebbe stato dispendioso produrre nuovamente il gioco e, sopratutto, di quanto la presenza di simili segreti potesse invece essere sfruttata commercialmente dalla compagnia stessa. Fu Atari a creare il termine “easter egg”, promettendo ai videogiocatori che nelle opere successive ci sarebbero stati altri segreti da cercare “come uova di Pasqua” (che tradizionalmente nei paesi anglosassoni vengono nascoste dai genitori e devono essere trovate da bambini).

Ben Mendelsohn nella recensione di Ready Player One

Da un certo punto di vista, Adventure rappresenta all’interno della storia una metafora della lotta che sta al centro della trama: una corporazione senza volto contro un autore con un nome che vuole essere riconosciuto. Da un altro punto di vista, la compagnia che crea Oasis (Gregarious Simulation Systems) non è diversa dalla IOI.

La Realtà Virtuale tossica di Oasis

In Ready Player One la nascita di Oasis è raccontata come la nascita di un videogioco indipendente degli anni 80, l’opera di un singolo autore che ha completo controllo su tutti i suoi aspetti creativi. In nessun punto vengono citati gli artisti che hanno creato Oasis, i suoi programmatori, i designer che hanno ideato i sistemi e le interfacce del gioco. Esiste solo Halliday, lo stereotipo dell’appassionato di videogiochi disadattato, incapace di dichiararsi a una ragazza e chiuso in un mondo virtuale.

Recensione di Ready Player One (cataste)

Un mondo virtuale in cui Halliday incoraggia l’intero mondo a chiudersi. La realtà di Ready Player One è fatta di periferie con case/roulotte/container accatastate in verticale (Wade vive proprio in una di queste “cataste“) e come viene detto nell’infinito prologo del film, una negazione della regola narrativa dello “show don’t tell” (le cose vanno mostrate e non raccontate), nel futuro di Ready Player One la gente ha smesso di cercare una soluzione ai problemi e ora si limita a sopravvivere.

Oasis contribuisce a rendere peggiore questo mondo, aiuta le persone ad abbandonare una lotta reale per imprigionarle in una fantasia di potenza in cui tutto è possibile. In Oasis ognuno può essere ciò che vuole, può avere l’aspetto che desidera e cambiarlo quando desidera, può combattere in deathmatch massivi e correre su auto fantascientifiche, può usare oggetti magici e trasformarsi in robot giganti.

Il film cerca di presentare Halliday come lo sviluppatore di una “Realtà Virtuale buona” che potrebbe venir solo corrotta dall’IOI, ma poi mostra persone che rinunciano alla loro casa per acquistare oggetti in-game che vengono completamente persi se il personaggio muore. Perché morire e respawnare in Oasis vuol dire perdere davvero tutto ciò che il personaggio possiede, e siccome il videogioco non ha apparentemente una divisione tra aree in cui il PvP è permesso e aree solo PvE in qualsiasi momento un personaggio può tirar fuori una pistola, ucciderne un altro e fargli perdere anni di spese in valuta reale.

Sarebbe sbagliato dire che Ready Player One ignora totalmente queste problematicità. Per esempio, in un una scena del film, un ricordo di Halliday che i protagonisti studiano alla ricerca di indizi sulle sfide di Oasis, il suo socio Ogden Morrow (Simon Pegg), che Halliday poi allontanerà, cerca di spiegargli le sue responsabilità come creatore di Oasis, cerca di spiegargli che è responsabile di come le persone usando la tecnologia che ha inventato. E Halliday emerge come un personaggio solo e infelice, chiuso in se stesso e pieno di rimpianti per la vita reale che non ha vissuto.

Simon Pegg e Mark Rylance nella recensione di Ready Player One

Ma il modo in cui vengono affrontate queste questioni è almeno ambiguo. Non si tratta neanche di una sovrapposizione tra due diversi punti di vista, tra il punto di vista ottimista di alcuni personaggi e il punto di vista più critico di altri personaggi o degli autori, ma dell’incapacità di andare davvero sino in fondo a temi anche volontariamente citati.

Nel film esiste anche un gruppo chiamato “la resistenza” (assente nel romanzo originale). Uno dei personaggi fa parte di questo gruppo, ma non si capisce a cosa stiano effettivamente resistendo: accusano l’IOI di usare Oasis per i suoi scopi (rapisce i suoi debitori per farli lavorare come schiavi nella Realtà Virtuale), accusano le persone di aver abbandonato il mondo reale, ma in nessun momento sembrano intenzionati a conquistare Oasis per distruggerla e per usare il denaro lasciato da Halliday per aiutare le persone nel mondo reale, in nessun momento vengono citate le responsabilità di Halliday nell’aver creato la distopia in cui i personaggi vivono e nell’aver raccolto miliardi approfittando delle persone, permettendo a compagnie come l’IOI di schiavizzare le persone e sfruttando marchi commerciali.

Parzifal Aech e Sho nella recensione di Ready Player One

Una fantasia fatta solo di marchi commerciali

Perché il mondo di Oasis è un mondo costruito da marchi commerciali, non da contenuti originali. Il romando di Cline è un grande omaggio alla cultura anni 80, ma il film di Spielberg allarga il mondo della Realtà Virtuale con riferimenti che arrivano ai nostri anni: in Oasis posso comprare la skin di Tracer da Overwatch, di Hello Kitty, di Goro di Mortal Kombat, Parzival indossa la fondina di Han Solo, guida la DeLorean di Ritorno al futuro, Aech sta costruendo il robot de Il gigante di ferro.

Oasis è un marchio commerciale basato sullo sfruttamento commerciale di altri marchi commerciali. Il passaggio da romanzo a film rende tutto ciò ancora più grottesco: il libro poteva permettersi di citare le opere che voleva, poteva costruire il suo mondo virtuale anni 80 concentrandosi effettivamente su ciò a cui Cline, il vero Halliday di Oasis, è affezionato, il film ha dovuto rispettare accordi su accordi per lo sfruttamento delle licenze e scendere a compromessi.

Quindi per esempio ecco scomparire Monty Python e il Sacro Graal, non abbastanza iconico per come oggi vengono raccontati gli anni 70 e 80, mentre compaiono massicciamente marchi DC, di cui Warner Bros (produttrice di Ready Player One) possiede i diritti cinematografici. Ready Player One assomiglia a un unico grande product placement.

Recensione di Ready Player One (cataste)

In Ready Player One i nostalgici degli anni 70 e 80 godranno nel cercare tutti i riferimenti ai marchi commerciali della loro infanzia, un’infanzia prodotta da multinazionali su cui le multinazionali hanno scoperto di recente di poter ancora lucrare, il pubblico più giovane coglierà i riferimenti ai marchi commerciali più recenti e resterà abbagliato dalla computer grafica e dalle scene d’azione. Ma è uno spettacolo che mi ha lasciato molto triste e molto arrabbiato, una specie di celebrazione consolatoria in mezzo a un futuro distopico che il film stesso sta contribuendo a creare. La vera resistenza è resistere a Ready Player One.

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