Dark Souls III – Recensione

Nel caos primordiale, quando il mondo era dominato solo dagli eterni draghi di pietra, si accese una fiamma. E, con la fiamma, il mondo smise di essere solo nebbia e grigio: le cose si differenziarono. Nacquero il caldo e il freddo, la vita e la morte, e la luce e il buio. E dal buio emersero creature che si trascinarono sino al fuoco primordiale, e nel fuoco trovarono le anime, le quattro grandi anime dei Signori, con cui combatterono e uccisero i draghi e fecero iniziare una nuova epoca, l’era degli Dei, l’era del Fuoco. Ma il fuoco, periodicamente, è destinato a spegnersi, e qualcuno è destinato a immolare la sua anima per tenerlo acceso. Il primo a farlo fu Gwyn, uno dei Signori che aveva rubato al Fuoco una delle quattro grandi anime, il Dio della Luce. Poi, nel primo “Dark Souls”, sono io a dover immolarmi, a dover raccogliere le anime dei Signori e bruciarle insieme alla mia per far perdurare l’era degli Dei. In “Dark Souls” sono un non morto, un immortale costretto a rinascere e morire all’infinito sino alla follia. Ma sono un prescelto, sono l’erede di uno di quei Signori, del più misterioso tra tutti: sono l’erede del Nano Furtivo, che invece di combattere contro i draghi prese l’unica anima oscura che si trovava nel fuoco primordiale e con essa creò l’uomo. Quando “Dark Souls 3” inizia, il fuoco si sta di nuovo per spegnere.

Dark Souls III – Recensione: Trama e inizio

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Cinque creature, nei secoli, hanno imitato Gwyn immolandosi e guadagnandosi il titolo di “Signore dei Tizzoni”, e ora devono sacrificarsi di nuovo per dare ancora vita al fuoco, ma quattro di questi Signori dei Tizzoni (la legione dei non morti di Farron, Aldrich il Santo delle Profondità, Yhorm il Gigante della Capitale Profonata e il principe Lothric) hanno abbandonato i loro troni rifiutando la missione. Solo Ludleth l’Esiliato è restato al suo posto, in paziente attesa di tornare ad ardere nel fuoco primordiale. Io sono un Signore dei Tizzoni mancato, qualcuno che ha fallito il suo cammino e non è riuscito a ridare vita al fuoco primordiale, e il mio compito è quello di rialzarmi dalla morte, dalla mia bara nel Cimitero della Cenere, raggiungere i quattro Signori dei Tizzoni, ucciderli e trascinare il loro Tizzone sui loro troni. “Dark Souls 3” è, come i due precedenti “Dark Souls” e l’antenato “Demon’s Souls”, un videogioco di ruolo d’azione che parla di decadenza e di gloria smarrita. Chi in passato ha lottato per la salvezza del mondo ora diserta ed è destinato a essere ucciso da me, che neanche sono stato capace di arrivare a essere suo pari, il mondo che percorro è fatto da rovine di antiche civiltà e città ormai abitate solo da non morti e fantasmi, e le poche persone che giudico mie alleate possono tradirmi, possono impazzire, possono morire a causa delle loro scelte, o delle mie. Resta però la speranza, la speranza di una nuova era del Fuoco ma anche la speranza della sua fine, la speranza dell’arrivo dell’era dell’Oscurità, dell’era dell’uomo.

Dopo aver creato il mio personaggio, scegliendo una delle classi base (ma le classi nella serie “Souls” determinano solo le statistiche e l’equipaggiamento di partenza e non pongono alcun vincolo nella crescita del personaggio livello per livello) affronto una parte introduttiva, sconfiggo il mio primo boss e raggiungo l’Altare del Vincolo. “Altare del Vincolo” è una traduzione un po’ alternativa per quello che in “Dark Souls” era il Santuario del Legame del Fuoco e che qua è l’hub del gioco, il luogo dove posso spendere le anime guadagnate uccidendo i nemici per avanzare di livello e comprare oggetti dai mercanti che pian piano riempiono questo ambiente. L’Altare del Vincolo è la mia casa, il mio rifugio, il luogo dove posso sempre tornare perché, differentemente dal primo “Dark Souls” (e in modo simile a “Bloodborne”), “Dark Souls 3” rende disponibile il Viaggio Rapido sin dall’inizio del gioco: ogni falò, checkpoint che trovo sparsi nelle aree del gioco, mi permette di teletrasportarmi a qualsiasi altro falò/checkpoint e al falò dell’Altare del Vincolo.

Dark Souls III – Recensione: Falò, difficoltà, multiplayer

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I falò sono un po’ il simbolo della serie di “Dark Souls”. Quando riposo a un falò recupero PV (Punti Vita) e PA (Punti Abilità), rigenero la Durabilità delle armi (che sennò potrebbero rompersi) e riempio le fiaschette di Estus, le pozioni curative di cui dispongo e che sono uno dei pochissimi modi che ho per curarmi tra un falò e l’altro. Riposare a un falò lo rende anche il mio checkpoint, facendomi resuscitare lì in caso di morte. E, se conoscete anche solo di nome la serie di “Dark Souls”, sapete che è molto facile morire giocandoci. “Dark Souls 3” è un videogioco impegnativo come pochi, ma che in parte rinuncia all’ottusità e all’oscurità di alcuni elementi dei suoi predecessori riuscendo, quindi, a risultare a volte particolarmente più accessibile del “Dark Souls” originale. È ancora un gioco che vuole pazienza e dedizione, anche solo per seguire la sua storia e le vicende dei suoi personaggi, per scoprire gli eventi del passato nascosti nelle descrizioni degli oggetti e nel loro posizionamento nel mondo, ma ha una curva di difficoltà più equilibrata e cerca sempre di uccidermi in modo intelligente e leale. Insomma, in “Dark Souls 3” muoio molto spesso, ma è quasi sempre colpa mia.

In questo, devo dire, la difficoltà dei “Dark Souls” è anche stata generalmente esagerata dalla pubblicità. I giochi della serie “Souls” e anche “Bloodborne” sono punitivi, ma aiutano in molti modi il giocatore: quando muoio, per esempio, resuscito all’ultimo falò e perdo tutte le anime guadagnate e non spese che mi portavo dietro, ma tornando dove sono morto (senza morire di nuovo nel tragitto) ritrovo le anime perse vicino al punto in cui sono stato originariamente sconfitto e posso recuperarle. “Dark Souls 3” va ulteriormente in questa direzione, cercando di mettermi di fronte a sfide e nemici che sembrano sempre insuperabili ma dandomi indizi, oggetti e opzioni che mi permettano, con impegno e sudore, di andare avanti.

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Se, infine, non riesco a superare una difficoltà “Dark Souls” mi insegna a fare qualcosa di molto importante: mi insegna a chiedere aiuto. I mondi dei giocatori di “Dark Souls 3” sono collegati: ogni tanto vedo gli altri giocatori aggirarsi come fantasmi, per terra vedo i messaggi che lasciano per aiutarmi (o per ingannarmi crudelmente) e le macchie di sangue che segnano dove sono morti e che mi permettono di rivederne gli ultimi momenti di vita. E, usando un oggetto chiamato Brace, posso attizzare la mia fiamma, rubare momentaneamente il potere dei Signori dei Tizzoni. Questo potere, che si esaurisce con la morte, mi dà più PV e, soprattutto, mi permette di usare pienamente le funzioni multiplayer del gioco, per esempio evocando nel mio mondo altri giocatori (o alcuni personaggi non giocanti) per aiutarmi. Il modo in cui il mio personaggio vive gli aspetti multiplayer di “Dark Souls 3” cambia a seconda del Patto equipaggiato, cioè a seconda dell’aver giurato fedeltà a uno o all’altro dei diversi gruppi di personaggi non giocanti e di giocatori che lottano nel mondo di “Dark Souls 3”: ci sono Patti che mi premiano quando lascio Segni di Evocazione che permettono a giocatori bisognosi di richiamarmi (e quando effettivamente li aiuto), ci sono dei che vogliono vedermi invadere i mondi dei giocatori che hanno usato la Brace e c’è chi va in soccorso dei giocatori invasi e li difende dagli invasori.

Dark Souls III – Recensione: Ambientazione e mappa

Il co-op semplifica molto i boss e fa apparire ancora più banalizzante questo continuo concentrarsi dell’opinione pubblica (e anche di parte della critica) sulla difficoltà di “Dark Souls” e sugli altri videogiochi di FromSoftware e di Hidetaka Miyazaki (autori della serie “Souls” e “Bloodborne”) lasciando da parte la loro eccellente e misteriosa narrazione, che dà vita ad anni di discussioni, e il loro magistrale level design. Ogni dettaglio in questi giochi (escludendo l’apocrifo “Dark Souls 2”, non realizzato da Miyazaki) sta lì per un motivo, ogni oggetto trovato per strada ha una storia da raccontare, e “Dark Souls 3” richiama spesso esplicitamente personaggi, nomi e ambientazioni dai precedenti capitoli, soprattutto dal “Dark Souls” originale, creando complessi collegamenti tra le opere. Questo dà a volte vita a momenti commoventi, a momenti che toccano i ricordi e spezzano il cuore di chi ha giocato al primo “Dark Souls” e può scoprire in “Dark Souls 3” il futuro del mondo che aveva lasciato alla fine degli eventi del primo gioco. “Dark Souls 3” vuole raccogliere le fila di un discorso lasciato a metà per darne una conclusione. In questo, purtroppo, non aiuta la traduzione italiana, che non è sempre coerente con quella di “Dark Souls” e non si dimostra in generale all’altezza. I richiami possono diventare particolarmente precisi: le atmosfere e i colori, soprattutto all’inizio del gioco, ripetono per esempio le tavolozze ormai note dai precedenti giochi della serie “Souls”, riprendono gli stessi grigi e gli stessi marroni con cui si apre il “Dark Souls” originale.

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Potrebbe non essere un problema ritrovare questi toni al principio di “Dark Souls 3”, come potrebbe non essere un problema vedere aree iniziali che ricordano luoghi che ho già visitato in attesa di arrivare  nelle fasi più avanzate (come accade in tutti i “Souls” e anche in “Dark Souls 3”) in aree sempre più strane, sorprendenti e originali, come caverne di cristallo e laghi di lava vomitata da demoni ragno. Il problema è che davvero tante aree del gioco, e non solo nella sua parte iniziale, sanno di già visto. Inizio sulle mura di un castello con un draghetto sputafuoco, come in “Dark Souls” originale, poi arrivo in un insediamento di non morti armati di forconi e che sembrano uscire direttamente da “Bloodborne”, poi arrivo nella solita palude col fango velenoso, poi… e così via e così via. A volte sembra che gli autori stiano semplicemente rispettando una lista di cose che per forza devono esserci (“ce l’abbiamo messo il drago sulle mura del castello?”) ma credo che il motivo vada ricercato con meno malizia: FromSoftware è tornata tante volte a lavorare su questo immaginario dark fantasy che è ormai difficile che possa dire qualcosa di nuovo sulle sue ambientazioni meno stravaganti, più classiche. Andando avanti, però, non mancano i veri momenti di sorpresa e di meraviglia: aspettate di arrivare a Irythill della Valle Boreale prima di giudicare l’originalità delle idee e la bellezza delle ambientazioni di “Dark Souls 3”.

Queste ambientazioni costruiscono un mondo più o meno continuo in cui girandomi posso a volte scorgere tutte le precedenti tappe del mio viaggio. Ma è un mondo, allo stesso tempo, più lineare e frammentato di quello del primo “Dark Souls”. Se la mappa del primo episodio potrebbe essere rappresentata da una serie di percorsi disposti a raggiera intorno a un cerchio centrale, la mappa di “Dark Souls 3” è più simile a un albero con le sue biforcazioni: esistono dei bivi, più o meno segreti e più o meno necessari alla storia, ma la direzione principale del movimento è una e, mentre le singole aree continuano a essere grandi e complesse e piene di collegamenti tra le loro parti, quelli che mancano sono i collegamenti tra area ed area che possiede “Dark Souls”, in cui ogni zona diventa il pezzo di un puzzle, del puzzle di Lordran, che pian piano io vado a comporre. Questo, abbinato al Viaggio Rapido disponibile sin dall’inizio, crea un senso di luogo molto inferiore che, allo stesso tempo, non viene sostituito dalla sensazione di star compiendo un viaggio. Non dovendo percorrere decine e decine di volte le stesse strade non le imparo mai davvero a conoscere, e potendo sempre tornare al punto iniziale non ho neanche un vero senso di abbandono della sicurezza: il Santuario del Legame del Fuoco (l’Altare del Vincolo) è sempre a disposizione e per raggiungerlo mi basterà riposare al prossimo falò. E, in “Dark Souls 3”, i falò sono davvero tanti, troppi, posizionati anche un po’ a caso. Capita di sconfiggere un boss, riposare al falò che appare dove ho combattuto, uscire dalla stanza e trovare un altro falò all’inizio dell’area successiva. Capita di sbloccare una scorciatoia tra due falò. Capita di avere due falò sostanzialmente accanto nella stessa area, tanto vicini che da uno vedo l’altro.

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È una frammentarietà a volte inutile. In un’area posso tornare tanto vicino a un’area che ho già esplorato da poterla quasi toccare, ma non esiste un modo per passare dall’una all’altra: ogni zona è collegata solo alla zona che la precede immediatamente e a quella (o a quelle, se c’è un bivio) che la seguono immediatamente. In questo, “Bloodborne”, costringendo il suo mondo a una scala minore di quella di “Dark Souls 3” e simile a quella di “Dark Souls” (praticamente, a una sola città), raggiunge però un compromesso più equilibrato, realizzando una mappa più interconnessa in cui è comunque possibile usare sin dall’inizio il Viaggio Rapido. Pure la necessità di tornare continuamente all’Altare del Vincolo anche solo per livellare mi sembra eccessiva (e questa è una necessità presente però anche in “Bloodborne”): se qualsiasi falò mi può trasportare all’Altare del Vincolo perché non permettermi di livellare direttamente al falò, come accadeva nel “Dark Souls” originale? Perché obbligarmi a questa inutile attesa, a un caricamento in più… anzi, a due caricamenti in più (uno per andare e uno per tornare)?

Dark Souls III – Recensione: Combattimento e abilità

“Bloodborne” prende la meccanica di “Dark Souls” e toglie scudo e armi a distanza, è un “Dark Souls” in cui posso solo schivare, contrattaccare e attaccare corpo-a-corpo. “Bloodborne” è insomma un “Dark Souls” a cui è stato tolto metà del sistema di combattimento, e questo non va visto in maniera negativa: era un’opera concentrata su un unico stile, un unico gameplay. Più limitata, quindi, ma spesso più raffinata, e senza alcuni dei problemi che la serie dei “Souls” si è sempre portata dietro (come il difficile bilanciamento della magia). “Dark Souls 3” ritorna alla varietà originale di soluzioni possibili, al peso delle armature e degli scudi, all’uso di balestre e magia, e richiama chiaramente il combattimento del “Dark Souls” originale. Allo stesso tempo eredita parte della velocità di “Bloodborne”, non ignora l’esperienza acquisita in quest’opera su una anche solo piccola parte del suo gameplay. I nemici di “Dark Souls 3” sono più veloci, più aggressivi, più bestiali, e anche i miei movimenti sono leggermente più scattanti, la risposta del mio corpo è più svelta.

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Come al solito, posso muovermi, schivare, usare oggetti o attaccare sfruttando i quattro dorsali del gamepad e consumando una barra di Energia (stamina) che si rigenera rapidamente: i dorsali destri sono dedicati alle azioni della mano destra (normalmente, attacco debole e attacco forte) mentre i dorsali sinistri sono dedicati alle azioni della mano sinistra (normalmente, guardia e abilità dell’arma). Proprio l’arrivo dell’abilità dell’arma come azione della mano sinistra è la maggior novità del combattimento di “Dark Souls 3”. In “Dark Souls 3”ogni arma ha una sua particolare abilità, un potere che può emergere a comando con la pressione di un tasto (in questo caso, del secondo dorsale sinistro L2 o LT). Oltre a normalizzare una caratteristica (i poteri delle armi) che era prima presente ma solo in modo sporadico, l’abilità dell’arma giustifica anche i vari usi che il secondo dorsale sinistro ha sempre avuto: nei precedenti “Dark Souls” gli scudi erano divisi tra quelli che con la pressione del secondo dorsale sinistro paravano (scudi piccoli e medi) e quelli che con la pressione del secondo dorsale sinistro colpivano (scudi grandi), mentre in “Dark Souls 3” questa differenza è inserita e, anche qua, normalizzata come differenti abilità dell’arma. Alcuni scudi hanno quindi come abilità dell’arma la parata, altri il colpo.

Apparentemente però, questa distribuzione dei controlli mi rende incapace di usare l’abilità dell’arma che impugno con la mano destra. Una soluzione è impugnare l’arma a due mani: in questo modo tutti e quattro i dorsali sono dedicati a una sola arma, impugnata anche con la mano sinistra, e il secondo dorsale sinistro attiva la sua abilità. Tra l’altro, questo permette a “Dark Souls 3” di sfruttare in modo intelligente un tasto (il secondo dorsale sinistro appunto) che in “Dark Souls” originale si rivelava inutile quando l’arma veniva impugnata a due mani. Un altro modo è usare una particolare abilità di alcuni scudi di “Dark Souls 3”, che invece di possedere un potere proprio richiamano quello dell’arma impugnata nella mano destra. Quindi, se ho una spada e ne voglio usare il potere o la impugno a due mani o uso nella sinistra uno scudo che come abilità richiami l’abilità dell’arma che impugno nella destra. Questo vale, però, solo con armi che possono essere effettivamente impugnate a due mani: la Fiamma della Piromanzia (necessaria per lanciare le magie di Fuoco) non può essere usata in questo modo, e se voglio usarne l’abilità (che è la piromanzia Combustione) sono costretto a equipaggiarla sulla mano sinistra o a usare uno scudo che ne richiami il potere.

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Potreste pensare che la complicazione finisca qui, ma non è vero; infatti non tutte le armi attivano la loro abilità dell’arma se impugnate con la mano sinistra. Per esempio, una spada lunga impugnata nella mano sinistra si limita ad avere un’azione di guardia (primo dorsale sinistro) e una di attacco (secondo dorsale sinistro) e non attiva mai la sua abilità. Esiste, insomma, una categoria di armi che, nate per essere usate nella mano dominante, non possono mostrare i loro poteri se impugnate con l’altra. A questa complicazione dei controlli si è aggiunta la necessità di limitare l’uso delle abilità, che sono state quindi legate al consumo della nuova barra dei PA, simile alla barra dei mana di “Demon’s Souls” e anche qui utilizzata pure dalle magie. Non sempre questo bilancia effettivamente l’uso delle abilità dell’arma: alcune (per esempio il buff all’attacco che hanno come abilità molte asce) sono rapide ed efficaci e sembra necessario limitarle in questo modo, altre (come i nuovi attacchi che posso fare con le spade dritte attivando la loro abilità) sono lente, hanno lunghe animazioni facili da prevedere, schivare e parare e sembra eccessivo averle quindi ulteriormente limitate.

Le abilità delle armi sono una risorsa aggiuntiva, ma, come avrete capito, anche un problema che si inserisce in un sistema di controllo perfetto e in un sistema di combattimento piuttosto vicino alla perfezione. Fortunatamente (o purtroppo) sono anche facilmente ignorabili, e l’intero gioco può essere tranquillamente affrontato senza mai sfruttarle e relegando l’uso di quelle più interessanti e letali al solo PvP. All’aggiunta della nuova barra, quella dei PA, si abbina l’aggiunta di una nuova fiaschetta di Estus a lei dedicata, la fiaschetta di Estus cinerea, che serve per rigenerarla. È assai interessante il modo in cui questa nuova fiaschetta è gestita: io ho un numero totale di cariche di Estus a mia disposizione (numero che aumenta andando avanti nel gioco) e all’Altare del Vincolo posso distribuire liberamente queste cariche tra fiaschetta di Estus normale e fiaschetta di Estus cinerea decidendo se concentrarmi sul recupero di PV o, se uso spesso l’abilità della mia arma o la magia, quanto spazio dedicare al recupero dei PA.

Dark Souls III – Recensione: Solo un altro Dark Souls

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“Dark Souls 3” soffre quindi per due problemi, apparentemente tra loro in contraddizione: è troppo simile al primo “Dark Souls”, ma i cambiamenti che fa alla formula originale vanno a interferire con meccaniche già tanto buone da non riuscire sempre a funzionare perfettamente. Il problema, però, potrebbe essere riassunto in un solo punto: “Dark Souls 3” prende da “Demon’s Souls”, “Dark Souls” e “Bloodborne”, ma non riesce a dire, sia nei suoi contenuti sia nelle sue meccaniche, cose nuove rispetto a questi giochi. I suoi boss sono belli, vivi, divertenti e difficili, non ricordano per niente i tristi boss di “Dark Souls 2” ma mancano ormai i veri guizzi di genio assoluto che Miyazaki ebbe in “Demon’s Souls”, momenti paragonabili ad alcuni dei videogiochi di Kojima. I suoi ambienti sono dettagliatissimi, le sue mappe intricate e architettonicamente magnifiche, i suoi panorami son tanto belli da distrarmi, ma la sua mappa non ha la coerenza e il level design di quella di “Dark Souls”. I suoi combattimenti sono ricchi e complessi, pieni di vecchie e nuove opzioni, le armi equipaggiabili sono molte, le loro animazioni e i loro usi sono diversi e i tanti potenziamenti possibili rendono tutto ancora più vario, ma in tanta varietà non tutto trova posto con eleganza, e un po’ si sente la mancanza di scelte forti (anche se limitanti) come quelle fatte in “Bloodborne”.

“Dark Souls 3” è solo un altro “Dark Souls”. Questo vuol dire che è solo un altro gioco dal grandissimo gameplay, dalla grandissima narrazione e dal grandissimo level design, un gioco che mostra i suoi difetti solo dal confronto con le altre opere del suo stesso autore. È un piacere tornare a giocare l’opera di un maestro, ma “Dark Souls 3” è il terzo “Souls” che esce in tre anni (contando anche “Bloodborne” e non contando “Dark Souls 2: Scholar of the First Sin”) ed è ormai evidente la necessità di abbandonare le sue meccaniche e le sue ambientazioni prima che si incancreniscano e di vedere qualcosa di nuovo, di fresco.

Dark Souls III – Recensione: In conclusione…

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“Dark Souls 3” è un videogioco di ruolo d’azione dark fantasy che, ancora una volta, unisce un gameplay punitivo, ma capace di educare e premiare il giocatore attento e paziente, con una narrazione misteriosa, obliqua e complessa e un ottimo level design che attraversa ambientazioni piene di dolore, decadenza e meraviglia. In qualche modo, unisce i pregi di “Demon’s Souls”, del “Dark Souls” originale e di “Bloodborne”, ma paga il peso di tale eredità a cui si affida troppo e troppo spesso e che fa nascere confronti che spesso non lo premiano. È un buon modo per chiudere la serie dei “Souls”, è un gioco che difficilmente potrei sconsigliare a chiunque sia anche solo lontanamente appassionato di videogiochi (e che abbia già giocato al “Dark Souls” originale) e che continua a essere un’eccellenza nel panorama, il vero rappresentante di un gameplay che ha ormai segnato la storia ma che sente la necessità di essere tradito e superato.

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