Tropes vs Women in Video Games finisce, ma ha cambiato la critica videoludica

La serie di video su YouTube “Tropes vs. Women in Video Games” di Anita Sarkeesian e Feminist Frequency, sito che analizza in chiave femminista l’arte e la cultura, ha segnato un periodo importante nella storia della critica videoludica, un periodo in cui abbiamo iniziato a guardare alla rappresentazione delle figure femminili per poi affrontare le rappresentazione di altre minoranze e di etnie diverse da quella dominante negli Stati Uniti d’America (quella bianca). Con l’ultimo video, “The Lady Sidekick”, dedicato al ruolo delle coprotagoniste femminili in funzione del protagonista attivo maschile, Anita Sarkeesian conclude dopo quattro anni “Tropes vs Women in Video Games”.

La serie, un’espansione di “Tropes vs. Women” creata per Bitch Media, è iniziata con una modesta campagna Kickstarter lanciata nel 2012, pensata per finanziare la nuova serie di video del canale Feminist Frequency. L’obiettivo era di appena $6000 ma la campagna fu finanziata in solo un giorno e raggiunse in un mese quasi 160mila dollari di finanziamento totale, permettendo a Sarkeesian di espanderla con episodi extra a una sotto-serie che racconta le rappresentazioni femminili più lodevoli. Attualmente la prima statione di “Tropes vs Women in Video Games” conta 11 episodi, mentre la seconda è appena arrivata a nove.

 “Tropes vs Women in Video Games” ha attirato negli anni seguenti, e sin dalla creazione della sua campagna, molte critiche: alcune giustificate e parte del comune dibattito tra critici e tra diverse visioni, ma soprattutto Sarkeesian è stata vittima di campagne di diffamazione e di molestie da parte dell’estrema destra americana. Negli anni, come risposta al clima sempre più inclusivo e aperto dei videogiochi, il suprematismo bianco americano ha persino partorito un movimento, chiamato “GamerGate”, pensato per opporsi alla presenza di donne e minoranze nell’industria. Anita Sarkeesian è stata attaccata da masse di utenti, agli ordini dei capi gregge del GamerGate come Milo Yiannopoulos, sui profili social, ha visto pubblicare su internet informazioni private rubate illegalmente, ha ricevuto minacce di morte e le ha ricevute la sua famiglia, ha dovuto annullare eventi a causa di minacce di attacchi terrorostici. Per una serie di video su YouTube Sarkeesian ha dovuto imparare a convivere con molestie e minacce quotidiane e non sembra che la fine di “Tropes vs Women in Video Games” cambierà la situazione: per il GamerGate lei è ormai un simbolo da distruggere.

Ma, nonostante le sue posizioni non sempre condivisibili, Sarkeesian ha enormemente contribuito a portare all’attenzione dei videogiocatori, fuori dall’ambiente accademico degli studi di genere, la questione della rappresentazione femminile. La stampa ha iniziato a occuparsi di questi temi, e anche l’industria ha reagisto positivamente lavorando più e meglio sui suoi personaggi femminili e dando spazio e dignità alle minoranze. Anita Sarkeesian è stata per esempio chiamata da Ubisoft per aiutarli nella creazione della trama di “Tom Clancy’s The Division”. La prossima serie di Anita Sarkeesian, The FREQ Show, parlerà del ruolo di genere e razza nella cultura popolare e negli Stati Uniti d’America di Donald Trump e inizierà il 4 maggio. Anche questa serie sarà finanziata in modo diffuso (cioè tramite crowdfunding) e non si affiderà a sponsor o pubblicità. Intanto Feminist Frequency si è espansa sino a diventare un’organizzazione nonprofit e ad affittare la sua prima sede, a San Francisco.

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