GQ elimina da un suo articolo una frase che collega eSport e stupro

Questa settimana la versione inglese di GQ ha pubblicato un articolo dedicato agli eSport e scritto da Andy Mitten, scrittore di argomenti calcistici. L’articolo si intitola “Are eSports Going to Replace the Beautiful Game?” e guarda in parallelo la scomparsa di pubblico giovane dagli stadi di calcio e l’emergere degli eSport, con i loro atleti e i loro appassionati. È il tipico articolo scritto da una persona che non sa niente dell’argomento (Mitten a un certo punto si stupisce scoprendo che le squadre di eSport abbiano allenatori) per gente che non sa niente dell’argomento, e verrebbe da chiedersi perché GQ non possa permettersi di introdurre gli eSport al suo pubblico pagando qualcuno che se ne intenda e che non li descriva con un certo gusto derisorio e lo sguardo di chi va allo zoo o al circo per stupirsi di quanto gli scimpanzé sembrino umani.

L’articolo potrebbe essere però giudicato solo ingenuotto, ma contiene… o meglio conteneva… una frase terrificante, che collegava i videogiocatori professionisti di eSport allo stupro. A un certo punto Mitten, continuando a descrivere con stupore il mondo che sta scoprendo, descrive così gli eAtleti: “Fanno milioni tra premi, presenze e gadget. Hanno appassionati che organizzano club in loro onore e cantano in coro i loro nomi. Cambiano squadra [credo che questo dettagli, come tutti gli altri, sottointenda “proprio come accade nel calcio”]. Alcuni di loro sembra persino che siano riusciti a fare sesso  consensuale.” Ora, a parte la problematicità dell’espressione “sesso consensuale” (perché questa espressione abbia senso è necessario che esista anche un “sesso non consensuale”, che invece non esiste e si chiama “stupro”), il problema vero è il concetto che viene espresso: l’unico modo con cui un “nerd”, un eAtleta, possa far sesso dovrebbe essere stuprando qualcuno, e Mitten si stupisce che loro invece sembrino aver avuto esperienze non violente.

Non so come una simile frase sia arrivata in un articolo, ma ora è stata eliminata. Così, senza dire niente, senza scrivere che l’articolo è stato “editato” (“modificato”). È solo scomparsa: GQ vuol far finta che non sia successo niente, che chi ha scritto di quella frase sia un mitomane visionario che, magari, se l’è pure inventata. Invece la frase è esistita e potete rileggerla per sempre, nella versione originale dell’articolo, grazie alla WayBackMachine di archive.org cliccando qui.

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