Rainbow Six Siege – Recensione

I recenti fatti di Parigi hanno indiscutibilmente influenzato il destino di Rainbow Six Siege, il nuovo capitolo della saga di FPS tattici targata Tom Clancy. Ubisoft ha deciso di lanciare il gioco praticamente senza promuoverlo, lasciando che arrivasse nei negozi nel silenzio assoluto. È una scelta comprensibile, specialmente in tempi in cui è facile demonizzare qualsiasi cosa: lo è meno invece ridurre praticamente all’osso tutto quanto di buono era stato mostrato lo scorso anno durante la prima presentazione ufficiale del progetto. Il titolo disponibile per PC, PlayStation 4 e Xbox One è solo una velatissima ombra di quel che sarebbe dovuto essere, indiscutibilmente più che sufficiente nel complesso, ma l’occasione sprecata è veramente enorme.

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Rainbow Six Siege – Recensione multiplayer

Rainbow Six Siege Recensione 06

A dire la verità, le prime avvisaglie di un progetto diverso da quel che si aspettavano gli appassionati erano già arrivate nelle scorse settimane, quando gli sviluppatori di Ubisoft Montreal confermarono l’intenzione di non inserire una tradizionale campagna in single player (sempre presente in tutti i giochi della serie) e concentrarsi unicamente sul comparto multiplayer. Tutto sommato, aldilà della delusione per l’assenza di un elemento che in fondo ha sempre fatto parte di questa saga, si trattava di una decisione coerente con l’epoca iper-connessa in cui viviamo. La recentissima beta aveva però mostrato un gioco con evidente carenze anche su ciò in cui voleva concentrarsi lo sviluppatore e il codice finale non ha fatto altro che confermare queste impressioni.

Ma partiamo dalle cose positive. Rainbow Six Siege, ben inteso, non è affatto un brutto gioco: anzi, parliamo di una produzione discreta che ha il semplice difetto (grave) di non esprimere al massimo le sue enormi potenzialità. Basta cimentarsi nella prima partita per accorgersi di molte cose: come è giusto che sia, questo Rainbow Six non è uno sparatutto in prima persona come tanti e di certo si allontana tantissimo a ciò cui sono abituati gli utenti di Call of Duty. Non è certo un attacco ai fan della saga Activision, ma è chiaro che con questa produzione Ubisoft puntasse a un pubblico differente: a giocatori che fossero prima di tutto in grado di comunicare tra loro, coordinare gli attacchi e gli oggetti da utilizzare per avere la meglio sugli avversari. Perché, sì, senza una buona comunicazione non si va da nessuna parte. Considerata anche l’assenza del tradizionale “respawn”, provare a lanciarsi come lupi solitari finirà per produrre solamente una morte istantanea e quindi minare totalmente il divertimento che questo prodotto sa indubbiamente offrire.

Rainbow Six Siege Recensione 05

Si gioca in compagnia di altri quattro giocatori che, a seconda della modalità scelta, si ritrovano a sfidare altri personaggi controllati da altrettanti utenti oppure dalla CPU: in quest’ultimo caso se si opta per la cooperativa. Ciò che è importante sottolineare comunque è che, a prescindere dalla scelta effettuata, il risultato non cambia: bisogna giocare di squadra, molto più di un qualsiasi Battlefield che ha comunque abituato al gioco più ragionato l’utenza console. In questo caso, sapersi coordinare con i propri compagni di team è a dir poco fondamentale: durante la nostra prova, abbiamo notato la presenza di giocatori pronti ad allontanarsi subito dal resto dei loro commilitoni sia in squadra che tra gli avversari. Il risultato era una morte immediata e un inevitabile danneggiamento al gruppo di cui facevano parte. L’abilità singola conta poco, perché solo tutti insieme sono necessari, nessuno in singolo è mai fondamentale. Mettendosi d’accordo comunicando verbalmente (se siete abituati a giocare online in silenzio, quindi, statene alla larga), ogni utente ha il suo sotto-compito in missione: presidiare un’entrata, far saltare una copertura, posizionare degli esplosivi in maniera strategica e così via. Solo la perfetta commistione di vari elementi permette di arrivare alla vittoria: naturalmente, i compiti variano a seconda della squadra di cui si fa parte (una attacca e l’altra difende), ma la sostanza non cambia. Da soli non si va da nessuna parte. Ci rendiamo conto che, mentre stanno leggendo, gli amanti dei giochi prettamente tattici si stanno già leccando i baffi: e ne hanno ben donde, perché sotto questo aspetto Rainbow Six Siege non delude affatto ed è un buon erede dei suoi predecessori. I problemi però sono altri.

Innanzitutto, il numero delle modalità di gioco presenti è veramente esiguo: gli obiettivi principali sono solamente tre e consistono semplicemente nel disinnescare bombe, salvare un ostaggio o eliminare tutti i nemici. Quest’ultimo fine in realtà si ripete quasi sempre, anche in quelle partite in cui l’obiettivo principale sarebbe ben altro: per necessità o semplicemente per accumulare punti si finisce sempre per puntare agli avversari. Qui entrano in gioco anche le modifiche (negative) fatte al progetto dalla sua presentazione: era stata promessa un’elevata distruttibilità degli ambienti, ma essa si limita a piccole coperture che possono essere alzate dagli avversari. Questo cambia molto, almeno rispetto quanto era stato mostrato lo scorso anno: si gioca in maniera più tradizionale, senza puntare troppo sul fatto di poter buttare a terra deboli strutture. Non fraintendete, sono operazioni che vengono fatte spesso durante la partita, ma non hanno quella incidenza che avrebbero dovuto avere quando il gioco è stato presentato per la prima volta. A ciò si aggiunge il fatto che, nel ruolo dei difensori, è impossibile uscire dalle quattro mura da difendere, semplicemente perché il titolo non lo permette: fatichiamo a comprendere il senso di questa scelta.

Rainbow Six Siege Recensione 04

L’ingresso alle partite è poi molto limitato al volere del titolo: non è possibile scegliere né la mappa né la modalità preferita, lasciando che sia la fortuna a dare la possibilità di cimentarsi in tipologie di gioco e ambienti più consoni al proprio stile. Nonostante questo, dopo i gravi problemi iniziali, il matchmaking è per fortuna molto rapido.
Anche la personalizzazione delude un po’: sì, le classi sono ben differenziate tra loro (anche se una di queste è forse fin troppo sbilanciata) e richiedono molta dedizione al gioco per essere sbloccate, ma le opzioni a disposizione per rendere un po’ più personale il proprio equipaggiamento sono veramente poche e cambiano di poco la sostanza. Tra le cose che ci hanno fatto storcere il naso inseriamo anche la decisione di eliminare la fazione dei terroristi: comprendiamo che probabilmente la scelta è stata fatta per non attirare polemiche dalla stampa generalista in un momento storico come quello che stiamo vivendo, ma è chiaro che si perde un po’ il gusto e l’atmosfera tipica di un Rainbow Six. Si finisce per combattere solo tra operatori di diverse nazionalità: deludente. Poche le mappe a disposizione, ma non ci sentiamo di inserire questo aspetto tra i difetti: come ripetuto più volte, è un gioco parecchio tattico, che richiede anche uno studio approfondito di ogni singolo ambiente. Certo, per un gioco venduto a prezzo pieno qualche contenuto in più sarebbe stato gradito, considerato che gli elementi del single player si limitano a una decina di missione per apprendere le basi delle meccaniche ludiche, ma ci sentiamo di criticare maggiormente le poche modalità disponibili, che il numero di mappe presenti.

Rainbow Six Siege – Recensione grafica e sonoro

Rainbow Six Siege Recensione 07

Uno degli aspetti più sconvolgenti (in positivo) di Rainbow Six Siege in sede di presentazione fu indubbiamente l’eccellente comparto grafico che presentava. Peccato che di questo sia rimasto veramente poco: falcidiato da una pesantissima operazione di “downgrade”, il titolo offre ambienti scialbi e non particolarmente dettagliati. Il tutto appare grezzo e poco curato, come se ancora fosse necessario diverso tempo per ottimizzare il tutto specialmente su console. Si perché, sotto questo punto di vista, il gioco garantisce poche incertezze, ma è evidentemente come il sacrificio in termini di aspetto visivo è stato molto pesante per offrire agli utenti un’ottima esperienza ludica.
Discorso simile può essere fatto per il sonoro: le potenzialità ci sono, ma non vengono totalmente sfruttate. Il suono delle armi è solamente discreto, mentre in generale il rumore degli ambienti e dei vari effetti è molto realistico. Anche qui l’impressione è quella di trovarsi davanti a un prodotto ancora incompleto.

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Commento finale

Assegniamo con rabbia questo voto discreto a un gioco che aveva tutte le potenzialità per puntare decisamente all’Olimpo del genere. Non capiamo se il passo indietro in termini di ambizioni sia dovuto a scelte dello sviluppatore o alla semplice necessità di presentarsi sul mercato entro la data di uscita annunciata. I fatti di Parigi, che hanno spinto Ubisoft di fatto a non promuovere il gioco, potevano forse suggerire un rinvio, che avrebbe certamente permesso di presentare sul mercato un prodotto completo e meglio rifinito sotto tutti i punti di vista. Invece, Rainbow Six Siege è uno sparatutto multiplayer in prima persona dalle straordinarie caratteristiche tattiche, ma falcidiato da una trascuratezza generale che si avverte in ogni ambito della produzione: dalla grafica allo scarso numero di modalità disponibili, fino a passare per alcune scelte a dir poco opinabili. Ci sentiamo di consigliarlo solamente agli amanti della tattica a tutti i costi, che magari abbiano degli amici con cui giocare e comunicare, aspettando una buona offerta o un taglio di prezzo ufficiale.

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