A Way Out: coop dentro al gioco e fuori dal gioco – Recensione PC

A Way Out di Hazelight Studos ed Electronic Arts, scritto e diretto da Josef Fares, è la storia di un’evasione di due uomini e di due videogiocatori. Leo è in prigione da qualche mese dopo un furto andato male, Vincent è appena arrivato, accusato di aver ucciso suo fratello in mezzo a una storia di riciclaggio. Finiscono in celle vicine e decidono di scappare insieme per vendicarsi di Harvey, il criminale che ha incastrato entrambi.

A Way Out recensione

Brothers A Tale of Two Sons

ll primo gioco diretto da Josef Fares è stato il fantasy Brothers A Tale of Two Sons di Starbreeze e 505 Games. In Brothers A Tale of Two Sons controllo, da solo, due fratelli alla ricerca di una cura per il padre. A ogni fratello è dedicata metà del mio gamepad: una levetta analogica ne controlla il movimento, i dorsali sopra la levetta mi permettono di interagire con il mondo e con gli altri personaggi.

I due fratelli sono due metà di un’unica cosa, sono complementari nelle loro abilità (il maggiore è più forte, il piccolo può sfruttare le sue dimensioni ridotte per entrare in luoghi sennò irraggiungibili), sono necessari l’uno all’altro. Senza l’uno l’altro sarebbe dimezzato, come un gamepad senza metà dei suoi tasti. Brothers A Tale of Two Sons costruisce i suoi controlli e le sue meccaniche sulla stessa idea di fraternità su cui è costruita la sua storia.

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Fuori e dentro

A Way Out si basa sulla stessa interazione tra due personaggi, stavolta controllati da due giocatori diversi. Ma in Brothers A Tale of Two Sons questa sincronia può essere spiegata con l’intesa tra i due protagonisti, tra due fratelli, mentre A Way Out non sempre riesce a creare paralleli tra l’interazione tra i giocatori e quella tra i personaggi.

Per esempio, A Way Out mi obbliga a giocare in compagnia di un amico, di qualcuno che conosco, con cui probabilmente mi trovo bene: non c’è una funzione di matchmaking online, non posso unirmi alla partita di un qualche sconosciuto (e non posso neanche giocare da solo). Eppure il gioco parla proprio di due sconosciuti che imparano a fidarsi l’uno dell’altro, ad andare d’accordo, a sincronizzarsi.

Faccio un alto esempio. In una scena all’inizio del gioco Vincent deve rubare un oggetto nell’infermeria del carcere mentre Leo distrae l’infermiera. Vincent deve anche superare una guardia per raggiungere l’oggetto e non potrebbe avvisare Leo di aver bisogno di aiuto senza farsi notare, ma Leo è bloccato a distrarre l’infermiera e non vede la guardia e non vede Vincent. Io, che controllavo Vincent, ho potuto però chiedere l’aiuto della mia compagna di giochi, che ha allora agito per distrarre una guardia che il suo personaggio neanche vedeva.

È una situazione che si ripetere in A Way Out: la comunicazione che avviene fuori dal gioco, e che diventa il vero centro dell’esperienza, non ha senso se considerata nella narrazione che avviene dentro al gioco, come non ha senso che ognuno dei due giocatori sappia sempre cosa fa l’altro grazie allo split-screen.

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Split-screen

A Way Out è interamente costruito in split-screen. Anche se lo gioco online, dove apparentemente non sarebbe necessario, A Way Out divide sempre lo schermo in due parti per seguire la partita di entrambi i giocatori. Ci sono eccezioni, ma si tratta di momenti in cui la storia segue solo uno dei due personaggi, e in cui quindi gioca solo un giocatore, e di momenti in cui entrambi i giocatori condividono la stessa inquadratura e lo split-screen non è necessario.

E lo split-screen è la maggiore innovazione di A Way Out. Lo split-screen è normalmente usato nel multiplayer locale, anche competitivo, per permettere a giocatori diversi di vedere le azioni del proprio personaggio, ma in A Way Out ha anche e soprattutto un altro scopo: far vedere a ciascuno le azioni dell’altro giocatore. In un’occasione questa tecnica viene ulteriormente sviluppata dividendo lo schermo in tre parti per mostrare contemporaneamente cosa fanno i due giocatori e un terzo personaggio, un personaggio non giocante.

Se A Way Out deriva la sua trama alla fine lineare (ci sono comunque un po’ di segreti da scoprire esplorando gli ambienti del gioco) e il suo (buon) ritmo dal cinema (e Fares è stato un importante regista svedese) questo uso che fa dello split-screen è prettamente videoludico. Pochi film hanno usato tecniche simili, dividendo lo schermo per mostrare azioni contemporanee, e nella maggior parte dei casi questo è successo per imitare le vignette del fumetto come in Hulk di Ang Lee del 2003 e Scott Pilgrim vs The World di Edgar Wright del 2010. Segnalo, come importante eccezione, Timecode di Mike Figgis (2000), un film fatto di quattro piani sequenza che seguono contemporaneamente quattro personaggi.

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Tutto è cooperazione

La storia di A Way Out è soprattutto una scusa per metterci di fronte a situazioni sempre diverse. Non si tratta di usi particolarmente originali del multiplayer cooperativo e la maggior parte dei giocatori avranno già visto e fatto cose simili: un personaggio distrae una guardia mentre l’altro passa senza farsi notare, un personaggio guida un mezzo mentre l’altro spara, un personaggio copre l’altro con un fucile da cecchino durante una sparatoria e così via.

La particolarità di A Way Out è la continua giustapposizione di simili situazioni: ogni momento diventa la scusa per una nuova attività cooperativa. Ci sono quick time event, ci sono situazioni in cui dobbiamo premere dei tasti in contemporanea sincronizzandoci, ci sono sezioni sparatutto e molti puzzle ambientali. Si tratta di una varietà anche eccessiva, con meccaniche sempre nuove e controlli sempre nuovi, e le parti migliori del gioco sono in fondo quelle dove vengono usati pochi tasti per azioni semplici ma dove viene premiato il dialogo tra i giocatori.

Alcuni momenti di A Way Out, proprio grazie a questo necessario dialogo, si svolgono esplicitamente fuori dal gioco. A volte dobbiamo fare delle scelte, dobbiamo decidere come affrontare situazioni che possono essere risolte in due modi seguendo i metodi sbrigativi e violenti di Leo o quelli astuti e pacifici di Vincent, e dobbiamo obbligatoriamente accordarci e giungere a una decisione condivisa per proseguire.

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Amicizia

Mi ha colpito però come anche di fronte a questa varietà di situazioni e ai problemi che ci pongono A Way Out spinga sempre i giocatori avanti nella sua storia. Il gioco è diviso in brevi capitoli e può essere ripreso da qualsiasi capitolo precedentemente raggiunto e ogni capitolo è poi ulteriormente costellato di frequenti checkpoint da cui ricominciare in caso di fallimento. Quindi anche se una meccanica coglie uno dei due giocatori alla sprovvista, o una parte si rivela troppo difficile, A Way Out aiuta la progressione facendo ricominciare il gioco solo dall’ultima sua sezione.

Questo vuol dire che A Way Out può essere giocato con chiunque, indipendentemente dalla sua abilità con i videogiochi d’azione, di guida, stealth o puzzle. Le sue sfide non sono mai molto difficili e dura solo 6 ore; potete finirlo in un fine settimana condividendolo con una persona a cui volete bene come condividereste la maratona di una serie televisiva.

A questo contribuisce anche il “Friend Pass”, Pass Amico, cioè la possibilità di giocare online anche con una persona che non possiede il gioco. A Way Out non ha multiplayer cross-platform, quindi su PC posso giocare solo con amici su PC, su PS4 solo con amici su PS4 e su Xbox One solo con amici su Xbox One, ma posso invitare un amico sulla mia piattaform e fargli scaricare una versione gratuita “di prova” di A Way Out, versione utilizzabile per giocare insieme a chi possiede il gioco.

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A Way Out: Conclusioni della recensione

Sono queste cose che rendono speciale A Way Out di Josef Fares: il suo uso dello split-screen, il suo obbligare alla cooperazione e alla discussione, il suo voler essere per tutti, il suo voler essere un’esperienza da condividere con una persona vicina o lontana attraverso il suo Friend Pass. Sono queste le cose che lo rendono un gioco che tutti quelli che hanno qualcuno con cui giocarlo dovrebbero provare nonostante i difetti dovuti principalmente a una trama “di genere” non sempre adatta alle sue meccaniche. A Way Out è già disponibile per PC (via Origins), PlayStation 4 e Xbox One.

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