The Last Guardian – Recensione
The Last Guardian è un prodotto intimamente legato al suo mondo e al suo modo d’essere e non dimostra mai, nemmeno una volta, l’intenzione di cambiarlo. È un gioco d’altri tempi, ancorato a un’epoca che non esiste più ma che è comunque ancora in grado di entrare dritto nell’animo del giocatore. Perché titoli come ICO e Shadow of the Colossus, anche grazie all’esplosione del fenomeno indie, non sono più rari come una volta: prodotti che oserei chiamare, passatemi il termine, “emozionali”, in cui il gameplay pur rappresentando una parte fondamentale di tutta l’esperienza ludica viene sovrastato da elementi che di solito in un videogioco non risaltano più di tanto. The Last Guardian nasce per una generazione passata e si presenta su PlayStation 4 senza cambiare di una virgola: ogni pixel di questo nuovo e ultimo (?) gioiellino firmato Fumito Ueda trasuda di uno stile che qualcuno potrebbe definire stantio e superato, altri invece semplicemente perfetto per quello che semplicemente vuole offrire. E forse la verità è tutta qui: perché come ICO e Shadow of the Colossus siamo di fronte a un gioco, nel senso stretto del termine, con diversi difetti. Ma al contempo è un’opera audiovisiva di rara bellezza che cattura per le emozioni che è in grado di suscitare, cosa che in questo medium non riesce tanto spesso.
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The Last Guardian, come del resto lo si poteva intuire dalla primissima presentazione che risale ormai a diversi anni or sono, è tutto incentrato sul rapporto tra il piccolo protagonista e la misteriosa creatura Trico, animale mitologico intriso di mistero e leggenda ma che si rivela alla fine quello che essenzialmente è: un essere vivente. Ciò apre il discorso riguardo tutta quella che è l’esperienza offerta dall’opera terza del Team Ico: il continuo rapportarsi e dialogare con Trico, andare avanti in luoghi mistici e sconosciuti mentre una voce fuori campo guida la progressione ludica e narrativa dell’intera produzione. È un po’ ICO (per il rapporto con la bestia che ricorda quello con Yorda e gli enigmi da affrontare) e un po’ Shadow of the Colossus (per il modo in cui bisogna arrampicarsi spesso su Trico, ad esempio) rappresentando praticamente la somma dei due titoli precedenti. The Last Guardian non sorprende nel senso che non propone nulla di nuovo rispetto quello che ci si aspetterebbe: fa tutto esattamente come previsto, con tutti i pregi e difetti del caso.
Parlando ad esempio della progressione dell’avventura: per tutta la durata del gioco si è costantemente in rapporto con Trico e l’ambiente circostante per capire inizialmente cosa fare, come farlo e soprattutto dove andare, dopodiché arriva il momento di far capire alla bestia le proprie intenzioni. Non è esattamente facile e immediato perché i comandi che vengono impartiti al proprio compagno di viaggio non vengono recipiti come ordini veri e propri: piuttosto come richieste che non è detto vengano soddisfatte subito o come lo si desidera. Capita spesso di indicare a Trico di recarsi da una parte e vederlo lì imbambolato a non muoversi minimamente oppure andare semplicemente altrove. Ci ho pensato molto e ho letto in giro diverse lamentele sull’intelligenza artificiale di Trico: vado un po’ controcorrente e sostengo che avere un animale fin troppo intelligente, in grado di capire immediatamente e filo e per segno tutti gli ordini a lui dati sarebbe stato non solo poco realistico, ma anche freddo e tutto sommato poco coinvolgente. Perché il bello di The Last Guardian è proprio il rapporto e la fiducia che cresce di ora in ora con l’animale: è un rapporto sincero fatto, come ogni relazione tra uomo e animale, di tante incomprensioni, sgridate e litigi. Ma si capisce presto che nel momento del bisogno lui arriva sempre puntuale ad aiutarvi e viceversa voi vi sentirete obbligati a fare. L’empatia che si sviluppa con il passare del tempo è vera e vi coinvolge profondamente: funziona, e a mio modo di vedere è giusto che funzioni così seppur vada a rendere talvolta frustante il gameplay, specialmente in quelle situazioni in cui sembra proprio che non si riesca a trasmettere le proprie intenzioni a Trico. È sempre stato un problema (vogliamo chiamarlo così?) dei prodotti del team ICO, che non puntano a offrire lo stato dell’arte dal punto di vista delle fredde meccaniche ludiche, ma si concentrano principalmente sulla sostanza. Il mescolarsi delle due cosa porta a un risultato finale in cui sì, di certo non vi ricorderete del gameplay, anzi, ma resterà nella vostra mente quello che avete fatto e ciò che avete vissuto, specialmente di fronte a uno dei finali più belli degli ultimi tempi.
Poi, è chiaro, le problematiche tecniche vere e proprie ci sono e vanno correttamente segnalate: la telecamera è sinceramente imbarazzante e finisce per creare più casini che altro, rendendo in certi casi frustanti anche le situazioni più semplici. Il comparto tecnico è figlio di un progetto nato su PlayStation 3 e traslato poi alla generazione successiva: il colpo d’occhio, soprattutto sul profilo artistico, è di buona qualità, ma si percepisce continuamente la sensazione che sia un gioco concepito per un hardware con possibilità nettamente inferiori. E ciò nonostante l’ottimizzazione è tutt’altro che eccellente, con cali di frame rate evidenti su PlayStation 4: problema che è fortunatamente assente, e ci mancherebbe altro, su PlayStation 4 Pro. Anche la latenza dei controlli lascia talvolta desiderare, specialmente in quei momenti in cui è richiesta la massima precisione. Per non parlare di animazioni che hanno fatto il loro tempo e di continue compenetrazioni poligonali inaccettabili oggi da vedere.
The Last Guardian – Recensione: Commento Finale
In buona sostanza, come detto in apertura, The Last Guardian è figlio di una generazione passata e forse di un modo di intendere il videogioco che oggi non esiste più. È obsoleto sotto diversi punti di vista, non solo a livello tecnico, ma anche di meccaniche di gioco e level design: eppure riesce a catturare, merito di quell’aspetto emozionale che è sempre ben risaltato nei prodotti firmati dal Team ICO. Il solo rapporto che si crea con Trico vale il prezzo del biglietto: vi farà arrabbiare, emozionare, piangere ed esultare. È una relazione sincera, che cresce passo dopo passo fino a diventare forte e indissolubile, con tutti gli effetti del caso. The Last Guardian vive di questo e dovrete accettarlo: non aspettatevi un titolo moderno, né tantomeno un prodotto in grado di settare nuovi standard nel gameplay. Partite semplicemente con l’idea di affrontare un’avventura con un simpatico amico peloso pronto a tutto pur di farvi disperare, ma anche di aiutarvi quando ne avrete bisogno. Quando avrete finito, nonostante tutto, vi mancherà.