Gumball affronta gli stereotipi dei JRPG nel suo nuovo episodio The Console

“Lo straordinario mondo di Gumball”, serie a cartoni animati di Cartoon Ntwork, racconta di una strana famiglia animale in cui un coniglio ha sposato una micina e ha avuto come prole un micino, Gumball (il protagonista), e una coniglietta. Alla famiglia si aggiunge poi Darwin, un pesciolino che, da animale domestico, diventa fratello adottivo e miglior amico di Gumball. Mentre inizialmente trovavo le trame de “Lo straordinario mondo di Gumball” molto semplici e la serie era principalmente sostenuta dal suo aspetto grafico (che mescola 2D, 3D e fotografia) ora parecchi suoi episodi hanno storie e svolgimenti interessanti che si muovono sul sottile equilibrio tra cartone per bambini e nostalgia per adulti, equilibrio che mantiene in piedi anche “Adventure Time”. L’ultimo episodio de “Lo straordinario mondo di Gumball” che è stato trasmesso in America è una perfetta parodia dei videogiochi di ruolo giapponesi degli anni 90, principalmente dei “Final Fantasy”: Gumball riceve in regalo da suo padre Richard una console portatile maledetta, un “Game Child” made in Chainor, una console tanto tarocca da essere fatta in uno Stato tarocco. La console rinchiude tutta la città dentro un videogioco, e solo finire la campagna principale permetterà a Gumball di liberare i suoi amici dalla maledizione.

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Segue un elenco completo e divertentissimo con tutti gli stereotipi dei videogiochi di ruolo in stile giapponese: i titoli senza senso dei giochi (con un logo che richiamata quello di “Final Fantasy 7”), i nomi stupidi che diamo ai personaggi solo per sentirli ripetere nei contesti più assurdi (Gumball si dà come nome “MYBUTT”, “ILMIOCULO”), il modo lineare con cui devono essere affrontati i puzzle, i combattimenti a turni, le musichette per i combattimenti e le vittorie, la possibilità di entrare in casa di chiunque e svuotare i cassetti senza nessuna conseguenza (vi ricordate l’inizio di “Final Fantasy 9”?),  le quest secondarie in cui devo recuperare centinaia di oggetti al solo scopo di completare un gioco al 100%, il grinding fatto alle spese di animaletti randagi trovati per strada, gli aspetti esagerati dei boss, le evocazioni (con chiare citazioni da “Final Fantasy 8” e “Final Fantasy 10”).

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La mappa di gioco con i collezionabili del mondo di “The Console” da “Lo straordinario mondo di Gumball”

È probabilmente anche troppo semplice parodiare i generi videoludici, ma credo che questo episodio de “Lo straordinario mondo di Gumball” rifletta una tendenza più precisa e un po’ legata alla nostalgia di cui parlavo all’inizio. I videogiochi di ruolo giapponesi (e soprattutto i “Final Fantasy” da “Final Fantasy 7” a “Final Fantasy 10”) sono stati per molti videogiocatori degli anni 90 il luogo in cui trovare storie e personaggi emozionanti che coinvolgono per decine e decine di ore di gioco, sono diventati per alcuni un simbolo di un’infanzia e di una prima adolescenza spensierate a ingenua. Ingenua appunto nelle sue meccaniche sempre uguali, nel suo linguaggio autoreferenziale. Ora quei bambini e quei ragazzi sono adulti, adulti che magari fanno gli artisti e magari creano videogiochi e ragionano sul loro passato e sulla loro formazione, e gli ultimi anni hanno visto diverse riletture del videogioco di ruolo in stile giapponese e dei suoi stereotipi; la più celebre e riuscita è probabilmente quella di “UnderTale” di Toby Fox, un completo ma fedelissimo stravolgimento di tutte le regole del genere. Più che una presa in giro, questi episodi mi sembrano un atto di amore, anche un po’ malinconico.

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