CD Projekt da The Witcher 3 a Cyberpunk 2077 tra futuro e accuse di sessismo

GamesIndustry.biz ha intervistato Marcin Iwiński, CEO di CD Projekt, esplorando il futuro dell’azienda, dello studio CD Projekt Red e di “Cyberpunk 2077”, il loro prossimo videogioco. “The Witcher 3: Wild Hunt” è stato un successo di critica e pubblico (quattro milioni di copie vendute in sole due settimane), guadagnandosi una pioggia di premi come gioco dell’anno 2015. Questo risultato nasce, secondo Iwiński, dal fatto che in CD Projekt Red sono “paranoici quando si tratta di aver paura di deludere la gente”. “Fondamentalmente, la nostra è un’ossessione completa sulla qualità… Se prendi degli 8 come voto non avrai il successo di vendite e commerciale che avrai se prendi dei 9“.

Da The Witcher 3 a Cyberpunk 2077: L’intervista di GamesIndustry.biz

Ora, CD Projekt Red punta a entrare tra i primi tre sviluppatori di videogiochi al mondo entro i prossimi cinque anni, senza però rinunciare alla sua indipendenza. “All’improvviso tutti ci amano, tutti vogliano comprarci. E magari tempo fa avremmo potuto valutare un investimento di questo tipo. Ma se lo avessimo fatto, avremmo sacrificato parte della nostra indipendenza, e avremmo dovuto avere stupide discussioni con qualcun altro su cosa deve stare nel gioco e perché e su cosa non deve starci e perché. Ma noi vogliamo dare ai giocatori la nostra visione, in termini di creatività e di sviluppo ma anche nel modo in cui distribuiamo il gioco, che prezzo gli diamo, il valore dei contenuti aggiuntivi, quante localizzazioni lanciamo in tutto il mondo, come parliamo ai giocatori nei diversi mercati. Queste cose fanno parte dei nostri valori.” Iwiński ricorda il modello di indipendenza di Rockstar (che però, a differenza di CD Projekt, è legata a produttori) come obiettivo di CD Projekt Red: “Non vogliamo diventare uno studio grande con dieci progetti in contemporanea. Apprezziamo il modello di Rockstar.”

Intanto, CD Projekt espande GOG.com, il suo Store online, con GOG Galaxy, diventando un competitore sempre più importante di Steam della Valve, altro studio indipendente. L’offerta del negozio è prevalentemente costituita da vecchi giochi risistemati per le macchine odierne e videogiochi indipendenti, tutti venduti senza DRM, cioè senza alcun dispositivo che controlli l’autenticità del gioco e necessiti per questo una continua o periodica verifica via internet.

Da The Witcher 3 a Cyberpunk 2077: Il sessismo di The Witcher 3 secondo The Chinese Room

E anche lo studio si espanderà. “Cyberpunk 2077” sarè fatto da più delle 250 persone che hanno lavorato da “The Witcher 3: Wild Hunt” (CD Projekt Red conta di arrivare a 800 membri) e sarà “più ambizioso in ogni singolo dettaglio, dallo sviluppo alla promozione”, “qualcosa di veramente significativo nell’intera industria”. Questa affermazione, rilanciata da un tweet di GameSpot che si riferiva proprio a questa intervista di GamesIndustry.biz, ha attirato l’attenzione di un altro importante sviluppatore indipendente, The Chinese Room. The Chinese Room ha segnato la storia del videogioco, imponendo a tutto il mercato e alla cultura videoludica il genere chiamato “walking simulator” col suo “Dear Esther” e poi con “Everybody’s Gone to the Rapture”, visitando tra i due giochi le atmosfere horror di Frictional Games con “Amnesia: A Machine for Pigs”.

CD Projekt Red, pur essendo alla fine uno sviluppatore indipendente, fa evidentemente parte ormai della grande industria del videogioco, di un’industria focalizzata su vendite, ricavi e investitori. Il suo fantasy maschile e bianco ha attirato la critiche degli osservatori più progressisti, che si son chiesti perché in un fantasy possano esistere i mostri ma le uniche donne di colore di “the Witcher 3: Wild Hunt” siano donne-bestia che si occupano di soddisfare sessualmente il loro padrone. È una scelta, in parte o in gran parte legata alla mitologia slava su cui i libri e i giochi di “The Witcher” sono basati, ma è una scelta e deve essere valutata come tale, con le sue conseguenze e i suoi contenuti.

Da The Witcher 3 a Cyberpunk 2077: Il mondo di uomini di The Witcher 3

Il mondo di “The Witcher 3: Wild Hunt” è un mondo di uomini, un mondo che viene dal medioevo slavo, da epoche in cui essere donna era essere qualcosa in meno. “The Witcher 3: Wild Hunt” non guarda favorevolmente questo mondo, spesso consapevolmente occupandosi anche della condizione femminile attuale: in una missione scopro per esempio che il fabbro Feargus, che ho cercato per la sua maestria, in realtà ha per anni sfruttato l’abilità della sua assistente, Yonna. Allo stesso tempo, gli abiti dei personaggi femminili si rivelano a volte esageratamente sensuali, poco pratici, più adatti a un video porno che alla ambientazione medievale del gioco. Perché Ciri non può abbottonarsi la camicetta? Perché il giocatore/Geralt (che è il padre di Ciri) deve vedere continuamente una versione sessualizzata all’estremo di sua figlia? Questo danneggia la caratterizzazione dei personaggi femminili stessi, che sono complessi, soggetti attivi con i loro piani, la loro sessualità, la loro iniziativa.

Altri hanno nel tempo difeso “The Witcher 3: Wild Hunt” dalle accuse di sessismo, per esempio di Female Frequency, sostenendo che non ci sia niente di male nel voler rappresentare un mondo violento e sessista in cui esiste la violenza contro le donne, perché un mondo del genere esiste (è il nostro) e ha quindi diritto di essere rappresentato anche nella finzione. Posso intervenire a volte, come Geralt, per risolvere queste tragedie, posso combatterle per evitarle e per portare giustizia, e non sono semplicemente fenomeni che il gioco racconta con neutralità costringendomi ad accettarli, e  “The Witcher 3: Wild Hunt” dà poi un tale peso alle sue figure femminili da poter persino essere considerato un videogioco femminista (Adrian Chmielarz, l’autore dell’articolo nel link, è il direttore creativo di The Austronats, autori di “The Vanishing of Ethan Carter”).

Il dibattito è stato riaperto dall’affermazione di The Chinese Room, e Pawel Swierczynski, sviluppatore di CD Projekt Red, ha risposto alle accuse sul forum NeoGAF: “CD Projekt RED, una compagnia con 370 impiegati, da tutte le parti del mondo, tra cui molte donne brillanti e talentuose, tra cui minoranze: gay, transessuali (potremmo essere una delle poche compagnie ad aver avuto transessuali in ruoli di dirigenza), tutte trattate equamente con solo rispetto e supporto. Ma siamo chiamati sessisti per aver mostrato una tetta o delle mutandine. Davvero?” La risposta mi ricorda un po’ quella dei membri dei vari movimenti di destra che di fronte a ogni accusa di omofobia si difendono con “Io ho molti amici gay”.

Da The Witcher 3 a Cyberpunk 2077: La nostra lettura

La situazione resta, secondo me, molto più complicata. L’arte, anche nelle sue forme più fantastiche (come “The Witcher 3: Wild Hunt”), parte da una rappresentazione e da un ragionamento sulla realtà che vivono i suoi autori. Ma questa rappresentazione passa attraverso un filtro, che è l’autore stesso e che determina cosa viene mostrato, cosa non viene mostrato, e come viene mostrato ciò che viene mostrato. Un videogioco come “The Witcher 3: Wild Hunt” mette il giocatore in un mondo orribile, pieno di pregiudizi e di maschilismo, ma gli dà la possibilità di combattere contro queste cose. Allo stesso tempo, veste i suoi personaggi femminili come prostitute che si offrono a un cliente, il videogiocatore, le addobba come prodotti pronti al commercio, come infatti sono. La ragazza nel trailer di “Cyberpunk 2077” a cose serve se non a vendere?

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