Inside: 5 buoni motivi per giocarlo – Il mondo di Sofia

“Inside” di Playdead promette di entrare nella storia del videogioco. E’ semplicemente perfetto, curato nei dettagli, estremamente immersivo, suggestivo, inquietante ma a tratti anche leggero. E’ uscito sei anni dopo “Limbo”, il suo predecessore, e si sentono tutti. Per citare il telefilm “Boris”, c’è puzza di capolavoro. È uscito qualche giorno fa per Xbox One in versione digitale a €19,99 e oggi esce anche su Steam, allo stesso prezzo. Io non potevo aspettare e così sono andata a giocarlo con due cari amici all’Archivio Videoludico, di cui sono utente abituale. Senza addentrarmi in analisi approfondite ecco alcuni motivi per cui secondo me dovreste provarlo subito. Ma prima un’avvertenza: non giocatelo assolutamente se siete persone impressionabili.

inside limbo playdead

Inside: 1 – Racconta senza bisogno di parole

In “Inside” non c’è nulla a parte il puro gameplay eppure lo si può definire a pieno titolo un gioco narrativo. Ma com’è possibile che un platform a scorrimento orizzontale sia narrativo? Questo perché il racconto è affidato alle azioni che il protagonista compie e agli ambienti in cui si muove. Sta poi al giocatore ricostruire un senso in quello che vede, riannodare i fili di una trama che può essere interpretata in molti modi o semplicemente vissuta. L’ambientazione in “Inside” non è solo uno sfondo suggestivo per il gameplay: è un universo coerente in cui tutti i puzzle sono perfettamente integrati e mai pretestuosi. Tutto quello che si fa ha un senso: una struttura unitaria di cui non penso di aver visto eguali.

Inside: 2 – Si svolge in una realtà distopica

Se l’inizio di “Inside” è volutamente identico a quello di “Limbo” (Matteo ha parlato delle somiglianze tra le ambientazioni dei due giochi in questo articolo), si capisce presto che l’ambientazione è tutt’altra. Militari coi volti coperti da maschere bianche caricano persone su camion come se fossero bestiame. E questo è solo l’inizio. Se siete amanti del genere è il gioco per voi.

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Inside: 3 – I puzzle non sono mai banali

Siamo ben lontani dalla difficoltà frustrante di “Limbo”. C’è comunque bisogno di precisione e di una certa creatività per risolvere puzzle che non sono mai ripetitivi nelle meccaniche e che non si limitano a salti da eseguire con precisione o a interruttori da attivare ma chiedono spesso di ragionare a lungo termine e di utilizzare strategie molto differenti le une dalle altre. Un vero capolavoro per quel che riguarda il game design.

Inside: 4 – Ha una grafica stupenda

La grafica è semplice, minimale e riuscitissima. Crea l’illusione di un mondo tridimensionale in un platform che si gioca in 2D, generando di volta in volta aperture su paesaggi lontani e chiusure claustrofobiche in piccole stanze. L’uso del colore è sapiente: una tavolozza scura ma comunque ricca e che genera contrasti molto espressivi. Le forme sono sintetiche ma molto curate. È uno stile grafico che valorizza la storia e rafforza la carica emotiva dell’esperienza di gioco.

Inside: 5 – Ci sono gli zombie, e sono tuoi amici

Non amo particolarmente le apocalissi zombie – per non dire che le detesto – e vedere finalmente un gioco in cui le creature zombificate non sono nemici aggressivi ma invece risorse per proseguire col gioco mi è piaciuto davvero molto. E giocare a fare la cheerleader con un gruppo di zombie è stata un’esperienza indimenticabile (come potete vedere nel video qua sopra… addio alla mia dignità)!

“Il mondo di Sofia” è la rubrica della sviluppatrice indipendente Sofia Abatangelo su Webtrek. Ne “Il mondo di Sofia”, Sofia racconta i suoi videogiochi, i festival e le opere altrui non come giornalista o critico ma attraverso gli occhi dell’autrice e dell’artista. Trovate i giochi di Sofia sulla sua pagina di itch.io, piattaforma di distribuzione digitale, e trovate qui una sua lunga intervista di presentazione in cui Sofia si racconta come videogiocatrice e come sviluppatrice.

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