Gearbox attacca i sistemi di monetizzazione rapaci in freemium e premium

Randy Pitchford, presidente di Gearbox, non è famoso per la sua simpatia e per la sua autorevolezza. Parliamo in fondo di una persona che ha difeso strenuamente un videogioco come “Aliens: Colonial Marines”, pubblicizzato da Gearbox stessa con un video proveniente da una falsa demo tecnicamente e graficamente migliore del gioco completo. E le sue affermazioni si rivelano spesso… false (eccolo qui affermare che “Battleborn” non sarebbe diventato free-to-play, ma all’epoca sappiamo che la compagnia aveva già deciso di cambiare sistema economico). So che pensate che sia normale per un PR o una sviluppatore dare informazioni false a giornalisti e opinione pubblica per difendere annunci importanti e strategie industriali, ma ricordatevi che ogni bugia raccontata e scoperta rende sempre meno credibili le successive dichiarazioni di una compagnia.

Stavolta Pitchford ha duramente attaccato sistemi di monetizzazione come le micro-transazioni. Sarebbe una dichiarazione notevole se venisse da un’altra persona: Take-Two, società di cui fa parte 2K Games che pubblica “Borderlands” di Gearbox, ha di recente dichiarato che in futuro inserirà sistemi di spesa prolungata nel tempo, come le micro-transazioni (ma rientrano in realtà in questo insieme anche i classici DLC) in ogni suo gioco. L’attacco di Pitchford potrebbe esser quindi interpretato come una forte presa di posizione contro Take-Two e una rassicurazione a tutti i giocatori di “Borderlands”: “Borderlands 3” non avrà micro-transazioni. Ma si tratta di Pitchford, quindi è decisamente possibile che il gioco abbia micro-transazioni nonostante questa dichiarazione. Persino il videogioco per dispositivi mobili di “South Park” è un freemium basato su micro-transazioni anche se gli autori dello show hanno dedicato un intero episodio mostrando tutto il marcio che si nasconde dietro questo sistema di monetizzazione.

“Sono generalmente molto contrario a sistemi di monetizzazione predatori nei videogiochi free-to-play per ottenere beni consumabili e sono ancora più contrario alla loro introduzione in videogiochi premium [a pagamento]. Tendo a oppormi a entrambe queste tecniche sia come artista e creatore sia come consumatore e videogiocatore. Sia prova della mia posizione il fatto che non abbiamo mai venduto le Chiavi d’Oro (che ptremmo considerare un oggetto consumabile) nei giochi di Borderlands. I consumatori ci chiedevano a gran voce di farlo, ma non abbiamo ceduto. Abbiamo deciso di distribuire Chiavi d’Oro solo attraverso i social e attraverso i nostri partner. Al contrario, tendo a supportare molto la monetizzazione post-lancio di beni non consumabili come i DLC in (quasi) ogni loro forma. Perché, di nuovo, come consumatore e creatore credo che nuovo contenuto diviso da quello base e creato con fatica meriti che lo sforzo sia ricompensato.” A dire il vero, le Chiavi d’Oro di “Borderlands 2” sono state anche vendute, seppur non attraverso micro-transazioni, in quanto potevano essere ottenute pre-acquistando il gioco o acquistando il suo Season Pass.

fonte Twitter
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