Dishonored 2 – Recensione

Salgo su una terrazza, senza farmi sentire. Devo attraversarla per raggiungere il mio prossimo obiettivo: le strade sono piene di guardie e troppo pericolose per me. Sento delle voci, mi nascondo. Un ufficiale donna (riconosco il grado dall’elegante divisa rossa) parla con una ragazza, una civile. Impugno la balestra, pensando di uccidere o narcotizzare la guardia e poi di correre verso la civile per stordirla in modo che non possa chiamare aiuto. “Non voglio più rubare”, dice la ragazza all’ufficiale. “Non vuoi andartene da qui?” le chiede la guardia. Abbasso l’arma. Le due donne si avvicinano. “Vuoi fare per sempre la sguattera?”. Si abbracciano. “Fuggiamo insieme”, dice l’ufficiale. Mi allontano alla ricerca di un’altra strada: non voglio disturbarle. E, mentre mi allontano, mi rendo conto che in “Dishonored 2” sono una mosca, mi rendo conto di essere qui a osservare, non visto, vite che non mi appartengono, mi rendo conto di come tutti questi personaggi siano vite, vite nelle mie mani.

Dishonored 2 – Recensione: Essere una mosca

Quake 2 Dishonored 2 recensione

La prima volta che ho visto le mosche in un videogioco è stato in “Quake 2” di idSoftware. Dopo l’abbandono (non completamente volontario) di Romero in seguito al primo “Quake” idSoftware scelse un approccio più narrativo allo sparatutto, inserendo in “Quake 2” missioni e obiettivi, storia e personaggi secondari, piccoli dettagli crudi come le mosche che volano sui cadaveri dei nemici. Sono solo dei punti neri, ma il loro ronzio inquietante e continuo invade le stanze che ho già attraversato, mi ricorda le mie uccisioni.

È curioso che così pochi giochi mi permettano di essere una mosca. Come eccezione segnalo “The Plan” di Krillbite Studios, ma il fatto è per me strano soprattutto perché il desiderio di diventare una mosca, per spiare le conversazioni altrui senza essere visti, è diffuso in tutto il mondo: in italiano si dice proprio “vorrei essere una mosca”, in inglese esiste l’equivalente “being a fly on the wall”, ho trovato espressioni simili in Norvegia e in Brasile e pure in Francia e Germania, dove il desiderio è però quello di spiare le persone dopo essere diventati “un topolino”. Ecco, “Dishonored 2” è un videogioco stealth in prima persona che mi permette di essere una mosca. Non solo letteralmente, perché uno dei suoi personaggi può davvero diventare una mosca (e anche un topo a dirla tutta), ma soprattutto metaforicamente: “Dishonored 2” mi permette di infiltrarmi in un mondo illusoriamente reale e funzionante, di cui posso spiarne ed esplorarne vite e meccanismi.

Dishonored 2 recensione

In “Dishonored 2” gli insetti sono ovunque, piccoli moscerini bianchi che ballano intorno alle luci, ma le mosche sono, come in “Quake 2”, prevalentemente simbolo di morte. Il gioco è ambientato nell’assolata isola di Serkonos, dentro e intorno alla sua città di Karnaca. Le Mosche del Sangue, una presenza fissa durante tutto il gioco, accompagnano l’afa e i colori dell’ambiente come una pestilenza che invade gli edifici disabitati, come un parassita che si insinua nei cadaveri e, a volte, nei corpi dei vivi. Le Mosche del Sangue sono come i protagonisti di “Dishonored 2”.

Dishonored 2 – Recensione: Storia e missioni

In “Dishonored 2” arrivo a Karnaca per riprendemi il mio trono. In “Dishonored” sono Corvo Attano, Protettore Reale e amante dell’Imperatrice Jessamine, uccisa durante un colpo di Stato, e la mia missione è recuperare la nuova imperatrice, mia figlia Emily Kaldwin, e riportare l’ordine a Dunwall, la nebbiosa e oscura capitale di un impero steampunk e vittoriano. Sono passati quindici anni da allora: Corvo è invecchiato, Emily è cresciuta ed è diventata un’imperatrice troppo disattenta e svogliata e una degna erede del padre assassino, e mi trovo di nuovo in mezzo a un colpo di Stato.

Meagan Dishonored 2 recensione

Delilah, strega affrontata già nei DLC del primo “Dishonored”, arriva a Dunwall afferemando di essere la sorella bastarda dell’imperatrice Jessamine e, con l’aiuto di traditori e del Duca Luca Abele di Serkonos, conquista il potere sigillando nella pietra uno dei due protagonisti (Emily o Corvo) e imprigionando l’altro, in base a quale personaggio scelgo di interpretare nella mia partita. Dopo esser fuggito da palazzo mi imbarco sulla Dreadful Wale, la nave della misteriosa Meagan Foster, che afferma di essere venuta a soccorrermi su richiesta dell’inventore Sokolov (altro personaggio del primo “Dishonored”) e che mi porta a Karnaca, dove devo scoprire come tutto ciò sia potuto succedere e come posso sconfiggere Delilah.

La storia di “Dishonored 2” non è che una scusa per farmi compiere una serie di missioni, ognuna incentrata sull’infiltrazione in un certo luogo e l’eliminazione (posso scegliere se letale o non letale) di un obiettivo, uno dei vari congiurati che hanno partecipato al colpo di Stato. Ogni congiurato mi porta al successivo, e la struttura generale delle varie parti del gioco è piuttosto definita: arrivo in barca sulla costa, mi muovo sino a dove si trova il mio bersaglio, entro, lo trovo e lo elimino, torno sulla costa e prendo nuovamente la barca.

Esterno Dishonored 2

La voce del protagonista introduce ogni livello accompagnata da una serie di disegni animati, riempiendomi di informazioni nel modo peggiore possibile, raccontandomele senza farmele scoprire personalmente, senza mostrarle. Pure parlare con uno dei personaggi principali implica un secondo di stacco, una inquadratura buia che riposiziona il mio protagonista come han voluto gli sviluppatori e fa partire una specie di cutscene, un dialogo in cui sono immobilizzato sul posto e posso solo muovere la testa. Ai margini delle missioni “Dishonored 2” è pieno di interruzioni e di personaggi che vogliono dirmi cosa provano e spiegarmi quanto il mondo sia ingiusto, e la storia e la sua narrazione fanno poco più del loro dovere. In generale, la narrazione di “Dishonored 2” sembra totalmente creata al servizio del gameplay, dei suoi livelli, delle sue meccaniche: gli autori di Arkane Studios si sono impegnati a dare a tutto una spiegazione credibile, a inserire ogni elemento in un sistema narrativo coerente, e spesso ci sono riusciti perfettamente, ma “Dishonored 2” è un gioco fondato principalmente sulle sue meccaniche.

Eppure la costruzione del suo mondo è efficace: gli ambienti di “Dishonored 2” sanno parlare da soli, senza l’inforigurgito a cui sono troppo spesso costretto, e “Dishonored 2” non è un gioco lineare e discontinuo come potrebbe sembrare dalla mia descrizione. Le aree che esploro sono vaste, ricche di percorsi possibili e alternativi e di diverse soluzioni e di modi creativi di usare i miei strumenti e i poteri che mi sono stati donati da una misteriosa entità aliena, chiamata “l’Esterno”. In un mondo aperto e pieno di narrazione emergente dal gameplay e dall’ambiente la netta divisione in missioni è solo un limite.

Dishonored 2 – Recensione: Karnaca

Karnaca Dishonored 2 recensione

Gli appartamenti che esploro e invado alla ricerca di oggetti, Amuleti d’Osso di Balena (abilità passive equipaggiabili) e Rune (punti abilità) sono pieni di dettagli e di vite, di racconti lasciati dagli ospiti. Le città sono tappezzate di manifesti pubblicitari e di editti pubblici del duca, le strade sono zeppe di persone che attraversano i mercati, di Guardie che chiacchierano della loro vita e si lamentano del cambio di turno. Ogni quartiere ha il suo carattere, le sue storie, i suoi abitanti. Il Cuore, un oggetto magico che contiene quello che resta dello spirito dell’Imperatrice Jessamine, mi permette di leggere nelle vite di passanti e nemici, di scoprire le loro storie e le loro colpe. “Dishonored 2” mi dà la possibilità di essere una mosca, di infiltrarmi nell’esistenza delle persone, di ascoltarle quando non sanno di essere sentite, di curiosare tra i loro averi senza essere scoperto.  Come una mosca mi cibo (metaforicamente ma anche letteralmente) degli avanzi che hanno lasciato, mi poso sullo schifo che le loro vite hanno prodotto e me ne nutro felice.

Anche qui non è tutto perfetto. “Dishonored 2” segue anche qui alcune convenzioni che gli stanno a volte strette, rappresentando gli ambienti secondo le regole fissate da “System Shock” nel 1994 e cercando di gestire le vite dei personaggi non giocanti solo attraverso le meccaniche stealth. Gli appartamenti attraversati in “Dishonored 2” sono quasi sempre vuoti, misteriosamente disabitati come la Dunwall sconvolta dalla peste del primo “Dishonored”. Le città di “Dishonored 2” sembrano i corrispettivi steampunk e vittoriani delle sale della stazione spaziale dei “System Shock”, della Rapture di “BioShock”, ma sono in realtà luoghi ancora vivi e funzionanti, dove esiste una quotidianità che le meccaniche del gioco faticano a rappresentare. E i suoi personaggi non giocanti si limitano a reagire alla mia presenza tramite il solito sistema “tranquillo”, “sospettoso”, “allertato”. È una meccanica che ha senso, perché io vivo la Karnaca di “Dishonored 2” solo da infiltrato, ma in un mondo che sembra voler essere credibile, quasi reale, capita di vedere una Guardia fischettare tranquillamente accanto al cadavere di un compagno semplicemente perché è passato abbastanza tempo da quando lo ha scoperto e ha azzerato il suo livello di allarme. E tutta l’immedesimazione crolla. Non si tratta di un difetto dell’Intelligenza Artificiale, che è invece ottima: le Guardie hanno una vista eccellente, e non basta che io stia accucciato e al buio per non essere scoperto, appena hanno un sospetto iniziano a cercare attivamente dettagli fuori posto (porte aperte, oggetti manomessi) e, se allarmate, chiamano tutti gli alleati disponibili. Anche in combattimento cercano di accerchiarmi, attaccandomi in contemporanea da più lati senza darmi respiro e tenendosi, se possibile, a distanza.

Dishonored 2 – Recensione: Villa Meccania

Ma “Dishonored 2” non è una simulazione di vita e non vuole esserlo, come non voleva esserlo l’originale “Deus Ex”. La Villa Meccania di Jindosh è un’allegoria di tutto “Dishonored 2”, della filosofia con cui il gioco è stato progettato, filosofia che nasce proprio dalle opere di Looking Glass e Ion Storm, da “Thief” e “Deus Ex”. “Dishonored 2” è un sistema di regole certe e prevedibili da scoprire e con cui giocare. La Villa Meccania, luogo in cui mi devo infiltrare in una delle prime missioni del gioco per recuperare il rapito Sokolov e fermare Jindosh, costruttore dei temibili meccanosoldati del Duca Abele, è anche il momnento più alto nella progettazione delle mappe di “Dishonored 2” e semplicemente uno dei momenti più alti mai raggiunti da una mappa di videogioco.

La Villa Meccania (la potete vedere in azione nel video qua sopra) è composta da parti mobili e stanze trasformabili. E sembra funzionare davvero: le parti che vedo comparire e scomparire quando aziono pulsanti e leve non nascono e non muoiono sul momento, non sono generate in un qualche spazio al di fuori del mondo di gioco. Tutto è già lì, solo nascosto dietro le mura della casa, e tutti questi pezzi, scomposti, possono essere raggiunti superando queste mura interne ed esplorando i segreti della Villa Meccania. Il luogo non sembra solo reale, ma diventa un meccanismo da capire, da affrontare al suo interno e da esplorare al suo esterno, un meccanismo (un sistema, appunto) da manipolare. E, come ogni altra missione di “Dishonored 2”, posso scegliere se affrontare anche quella a Villa Meccania in un modo letale (“a Caos Elevato”, come lo chiama il gioco) o in un modo non letale (“a Caos Ridotto”), in modo furtivo o affrontando frontalmente gli ostacoli che incontro, e il modo con cui scelgo di affrontare questa e le altre missioni plasma il mondo intorno a me, il mio personaggio e il finale del gioco.

Dishonored 2 – Recensione: Emily Kaldwin a Caos Ridotto

Dishonored 2

Nella mia partita ho scelto Emily Kaldwin e ho deciso di provare un approccio con Caos Ridotto, cioè limitando al minimo le uccisioni. Emily condivide con Corvo i potenziamenti non legati al Marchio dell’Esterno (per esempio la possibilità di aumentare la rigenerazione della salute) e due poteri: la Visione Oscura, praticamente l’equivalente in “Dishonored 2” dell’Occhio dell’Aquila o della Modalità Detective, e uno spostamento rapido che funziona in maniera leggermente diversa tra i due personaggi. Come Emily posso poi diventare un’ombra rapida e silenziosa, che si trascina bassa contro il pavimento per arrivare alle spalle dei nemici e costringerli al sonno o farli a pezzi, posso creare una mia copia per disorientare o combattere le Guardie, posso evocare uno spirito che ipnotizza gli altri esseri umani, e posso, soprattutto, collegare con l’abilità Domino due o più persone, trasmettendo gli effetti delle azioni subite dall’una sino all’altra.

Domino è l’abilità più interessante di Emily, ed è tanto interessante che un intero gioco potrebbe essere costruito solo intorno a essa. Posso evocare una mia copia e collegarla con Domino a una Guardia e poi uccidere la mia copia, trasmettendo la morte anche alla Guardia. Posso evocare una mia copia e farla combattere contro un gruppo di Guardie, collegando tutti i presenti: quando le Guardie uccideranno la mia copia anche loro moriranno. Posso ipnotizzare un gruppo di Guardie e poi collegare una di essere con Domino a un altro gruppo per trasmettere l’ipnosi. Posso, semplicemente, usare Domino su più bersagli possibile e poi addormentarne uno per farli addormentare tutti e risparmiare così dardi narcotizzanti.

Dishonored 2

“Dishonored 2” invita alla sperimentazione continua, e i poteri di Emily danno ottimi strumenti con cui sfogare la mia creatività, mentre il viaggio a Karnaca diventa per la ragazza un tipico viaggio di formazione. Emily sta sperimentando con me. Gli ultimi quindici anni di agi, vissuti tre le mura del palazzo e a correre sui tetti di notte seguendo l’esempio del padre, la hanno allontanata dal mondo reale, dai suoi sudditi, e sotto il suo impero è nata la corruzione che ora ella vede di persona nelle strade di Karnaca. I nobili vivono di droghe e orge senza dar peso alla vita umana, il denaro viene speso per creare eserciti di soldati meccanici, i lavoratori, i minatori, vengono costretti a lavorare sino alla morte, abbandonati in distretti controllati da bande criminali e Chiese religiose dalla disciplina para-militare. Tutto ciò è nato perché Emily lo ha permesso come imperatrice, ed ella se ne rende conto solo perché questa corruzione, che ha devastato per anni Serkonos, è arrivata sino al suo palazzo e la ha cacciata. Non si tratta di una trama o di una crescita particolarmente originali, ma la storia di vendetta riesce comunque a diventare qualcosa di importante per l’evoluzione del personaggio, e questo basta a sostenere il tutto.

Dishonored 2 – Recensione: Corvo Attano a Caos Elevato

Dishonored 2 recensione

Nella mia seconda partita ho scelto Corvo Attano con Caos Elevato, uccidendo tutti i nemici che mi si ponevano davanti. Ho comunque risparmiato i civili e ho salvato chi potevo salvare, perché non avevo alcun motivo per comportarmi diversamente. I poteri di Corvo sono quelli già visti in “Dishonored”, ma ora le abilità possono essere potenziate sino a nuovi livelli: posso, come già accennato, possedere animali, posso manipolare il tempo sino a fermarlo e posso evocare branchi di topi che attaccano i miei nemici e ne divorano i cadaveri. L’evocazione dei topi è il mio potere preferito tra quelli di Corvo: intere stanze di nemici vengono consumate in pochi secondi, senza che sia lasciata alcuna traccia, mentre i topi evocati e sopravvissuti si allontanano facendo a lungo rimbombare i loro squittii frenetici nei corridoi.

Corvo Attano è, però, un personaggio nettamente meno interessante di Emily Kaldwin. Arkane Studios ha raccontato già tutta la sua storia in “Dishonored”, conosco già i suoi poteri, la sua evoluzione come persona è terminata. In “Dishonored 2” gli autori cercano di creare un secondo strato narrativo per Corvo, sotto la storia di vendetta che guida il gioco, mettendolo di fronte al luogo in cui è nato, Karnaca, al luogo che ha abbandonato e a cui fa ritorno per la prima volta. Ma a parte qualche commento sugli anni che passano e sulle cose che vanno sempre peggio niente della storia di Corvo riesce a dargli uno spessore paragonabile alla già troppo sottile caratterizzazione di Emily. “Dishonored 2” è la storia di Emily, e Corvo è qui solo un set di abilità alternative, non un personaggio. Se pensate di giocare a “Dishonored 2” una sola volta vi consiglio di farlo con Emily, soprattutto se avete già giocato “Dishonored”. Ma la posibilità di vivere due giochi completamente diversi, quello a Caos Ridotto e quello a Caos Elevato, incoraggia realmente a ricominciare da capo e di approfittarne per provare anche i poteri di Corvo Attano.

Caos Elevato Dishonored 2 recensione

Anche giocare a Caos Elevato pone qualche problema, perché “Dishonored 2”, pur affermando di lasciare al giocatore la libertà di scegliere come approcciare la risoluzione degli ostacoli, ha in realtà perfettamente in mente quale sia il modo giusto e quale sia il modo sbagliato di giocare. E, in sintesi, il modo giusto è il Caos Ridotto. Il finale canonico di “Dishonored” e dei suoi DLC, il finale riconosciuto dall’inizio di “Dishonored 2”, è quello a Caos Ridotto, e giocare in Caos Ridotto mi permette di raggiungere anche stavolta il miglior finale del gioco. Il gameplay è comunque ben bilanciato tra Caos Elevato e Caos Ridotto: in Caos Elevato trovo più nemici e più pericoli, in Caos Ridotto se devo stordire un nemico necessito di tempo e calma. E dove la scelta del Caos Elevato si rivela nettamente più facile di quella del Caos Ridotto la differenza è ben motivata: spesso per eliminare in modo non letale uno dei miei bersagli devo esplorare, scoprire, allungare il mio percorso, mentre l’eliminazione letale comporta solo un colpo ben assestato e la quantità di poteri che mi vengono dati, la quantità di gadget che posso usare per uccidere, sembra invitarmi a non avere freni, a giocare con le vite. Ma così deve essere, perché uccidere sarà sempre più facile di capire, e il potere (soprattutto, un potere divino e alieno come quello dell’Esterno) deve tentare, deve convincermi che posso essere un dio. Il dono dell’Esterno, il Marchio che impone su chi può usare i poteri del mondo dell’Oblio, rappresenta in “Dishonored” questa voglia di potere con cui io e i protagonisti dobbiamo confrontarci.

Dishonored 2 – Recensione: Scelte e potere

Qua sta il tema di “Dishonored 2”: la scelta e le sue conseguenze. “Dishonored 2” vuole parlare di scelte individuali, di come le persone scelgono di usare il potere che possiedono. Emily è stata una pessima imperatrice, ha usato male il suo potere e, anche per questo, lo ha perso. La desolazione in cui è caduta è rispecchiata dalla desolazione in cui è caduto il suo Impero e ha ora la possibilità di cambiare, di imparare a usare il suo potere. Come lo userà, cosa sceglierà, spetta a me deciderlo, e quello che deciderò avrà conseguenze a volte prevedibili, altre volte inaspettate e sorprendenti (in senso positivo), ma sempre logiche.

Anche in questo caso non si tratta di un elemento narrativo particolarmente originale (siamo ancora al “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”) e le scelte di “Dishonored 2” sono costrette in una strana dualità, in una visione molto semplice che non appartiene neanche allo spirito del gioco. In una missione posso decidere se uccidere il mio bersaglio o se danneggiarne la mente al punto da renderlo incapace di nuocere, e di fare probabilmente qualsiasi cosa, per tutto il resto della vita. “Dishonored 2” non ha dubbi, segnalando la prima soluzione, quella letale, come la soluzione cinica, a Caos Elevato, e segnalando la seconda soluzione come quella a Caos Ridotto. Ma ridurre un uomo a vegetale è ugualmente cinico, ed è forse persino più crudele di uccidere una persona che ha ucciso, che ha aiutato a uccidere e che probabilmente vorrà continuare a uccidere in futuro. Per quanto Emily e Corvo siano due rappresentanti dello Stato, per quanto siano l’Imperatrice e la sua guardia (e suo padre), non sembra esserci da parte loro alcuna fiducia nelle istituzioni, nella futura giustizia: non posso stordire la mia vittima, portarla sulla Dreadful Wale e tenerla lì prigioniera fin quando potrà sostenere un equo processo per i suoi crimini. Buono e cattivo, ottimista e cinico, sono in “Dishonored 2” due volti della giustizia privata, e niente esiste al di fuori di questa giustizia privata. È un gioco che mi costringe ad attraversare le sfumature di grigio tra giusto e sbagliato, a viverle e a subirne le conseguenze, ma non sa valorizzare la ricchezza di questa ambiguità che eppure vede come necessaria e che non ignora (l’uccisione di un criminale, per esempio, aumenta il Caos totale meno dell’uccisione di un civile innocente).

Dishonored 2 – Recensione: Prestazioni su PC

dishonored 2 recensione

Devo poi dedicare spazio a un problema che non vorrei mai affrontare, ma che spiega il motivo del ritardo di questa recensione: le prestazioni di “Dishonored 2” su PC. Anche se il gioco presenta a volte dei problemi pure su console, è stato lanciato su PC in uno stato pietoso e totalmente inspiegabile: “Dishonored 2” gira sul Void Engine, una versione dell’id Tech dell’ultimo “DOOM”, ma su macchine su cui “DOOM” gira alla risooluzione di 4K e 100 fotogrammi al secondo “Dishonored 2” ha a volte problemi a girare a 1080p e 30 fotogrammi al secondo (qui l’analisi di Digital Foundry). La situazione è migliorata con le patch che il gioco ha ricevuto, permettendomi infine di recensirlo, ma nessuna opera dovrebbe arrivare nei negozi in queste condizioni. Soprattutto, nessuna opera dovrebbe arrivare nei negozi in queste condizioni quando il produttore ha deciso di non distribuirne le copie in anticipo alla stampa, sostanzialmente impedendo a chi la ha comprata subito su PC di sapere di tutti questi problemi. In sede di voto ho deciso di non far pesare ciò su “Dishonored 2” (anche perché, come ho scritto, la situazione è già molto migliorata), ma è un problema grave che i produttori non dovrebbero ignorare.

Dishonored 2 – Recensione: In conclusione…

“Dishonored 2” vive un difficile equilibrio. Erede del “Deus Ex” originale e della saga di “Thief”, “Dishonored 2” è un gioco stealth che, per sua natura, presenta un mondo perfettamente meccanico e regolato dai sistemi stealth convenzionali, ma vuole rendere questo mondo grande, ricco e credibile. È un gioco che parte dal gameplay e dal level design, ma su questi vuole costruire una realtà internamente coerente e che invogli il giocatore all’esplorazione non solo per raggiungere gli obiettivi delle sue missioni, ma anche per il gusto di scoprire i segreti del mondo. Il risultato è una serie di ambienti meravigliosi da esplorare e con cui giocare (tra cui la Villa Meccania, una delle migliori ambientazioni mai create per un videogioco e per il gameplay) e una serie di poteri da sfruttare in modo creativo, ma la storia serve solo ad accompagnare queste mecaniche e il ricco mondo è costretto nei suoi limiti da scenario per infiltrazioni stealth.

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