Brain in the Box racconta la storia dello sviluppo di Voodoo per Indiegala [AGGIORNATO]

Con un lungo post appena pubblicato sul suo sito Brain in the Box, lo studio inizialmente responsabile dello sviluppo del survival multiplayer Voodoo per Indiegala, ha raccontato dal suo punto di vista le vicende che hanno portato il produttore ad affidare il progetto a 34BigThings con il nuovo nome Titans Dawn of Tribes. Potete leggere qui l’intervento completo, che io riassumerò nell’articolo come interessante esempio dei difficili rapporti tra sviluppatori e publisher.

Lo sviluppo di Voodoo

Lo studio Brain in the Box è stato accusato dai fan, che avevano anche finanziato il progetto Voodoo durante la campagna Kickstarter del gioco, di aver abbandonato lo sviluppo dopo essersi intascato i soldi e di non aver avuto le competenze e l’esperienza necessaria per portare avanti il progetto. Il post di Brain in the Box sostanzialmente racconta la storia di una squadra forse davvero priva di esperienza, ma anche abbandonata a se stessa da un produttore che ha preferito non accompagnarla nella sua crescita, una squadra che comunque avrebbe visto ben pochi soldi dalla campagna Kickstarter, di cui è stato responsabile Indiegala.

Come ora lo studio ammette, “non si può pensare di entrare nel mondo dello sviluppo videoludico con un progetto complesso come un survival open world in terza persona con multiplayer persistente” (e, aggiungo io, ambientato in un luoghi ed epoche di cui gli autori conoscono ben poco) come era Voodoo, e questo era invece proprio il primo videogioco per tutti i membri di Brain in the Box. Per alcuni era persino la prima esperienza di lavoro.

Prima del Kickstarter

Brain in the Box racconta di aver dimostrato una uguale inesperienza nel trattare con il publisher (Indiegala), chiedendo un finanziamento troppo basso (85.000 euro iva esclusa), e nel gestire una società. Il post non rinuncia a lanciare una frecciatina al capo dello studio, Paolo Chiaramello, definito “un capo senza alcuna esperienza pregressa, particolare abilità imprenditoriale o almeno capacità inerenti allo sviluppo videoludico”.

Indiegala stesso, una società nata come piattaforma di distribuzione di bundle a basso costo di videogiochi indipendenti, era a una delle prime esperienze come publisher, e questo era il progetto videoludico più grande di cui si fosse mai occupato. In realtà Indiegala avrebbe avuto un ruolo assai limitato nello sviluppo e nella promozione del gioco, e anzi la maggior parte del lavoro promozionale toccò sempre a Brain in the Box.

Il Kickstarter

Quando Brain in the Box si rese conto che il primo finanziamento richiesto a Indiegala non sarebbe mai bastato e che il publisher non sarebbe stato interessato a fare pubblicità al gioco venne l’idea della campagna Kickstarter, organizzata e gestita da Indiegala stesso e da una persona della sua squadra.

Brain in the Box vuole con questo sottolineare che sarebbe falso quanto affermato da Indiegala, che ha invece incolpato lo studio di aver promesso ricompense irrealizzabili (come un video documentario sullo sviluppo e visite negli studi) durante la campagna, perché quelle ricompense non sarebbero state promesse proprio da Brain in the Box.

I 32.000 euro incassati dalla campagna Kickstarter sarebbero poi arrivati direttamente a Indiegala, organizzatore della campagna, e usati non per produrre le ricompense ma per cominciare a rientrare nel finanziamento precedentemente dato a Voodoo.

Dopo la campagna Kickstarter sono iniziati i veri problemi, sempre secondo Brain in the Box: i pagamenti pattuiti (inizialmente €500 al mese) sarebbero stati consegnati in ritardo da Indiegala e sarebbero stati dimezzati per poter prolungare lo sviluppo. Il budget non bastava più agli sviluppatori, che si sarebbero indebitati personalmente con la banca per poter continuare a pagare i collaboratori, mentre aumentavano gli attriti anche all’interno della squadra.

L’Accesso Anticipato

E qua parliamo ancora della versione preliminare del gioco, siamo ancora prima dell’uscita in Accesso Anticipato su Steam, uscita avvenuta a giugno 2017 per cercare di portare qualche altro finanziamento nelle casse. In mancanza di test, che Indiegala non avrebbe voluto finanziare, il lancio su Steam fu naturalmente un disastro, mentre gli ultimi tre mesi di sviluppo sarebbero andati avanti senza alcun compenso da parte di Indiegala, che avrebbe usato gli incassi delle vendite solo per rientrare nel finanziamento iniziale.

La vendita del marchio Voodoo

A quel punto agli sviluppatori non restava che cedere le quote del marchio Voodoo appartenenti a Brain in the Box, chiudere la società e arrendersi. In teoria, racconta Brain in the Box, il valore delle quote sarebbe stato di circa € 40.000, gli sviluppatori ne volevano chiedere solo 13.000 per pagare il debito con la banca e chiudere così i rapporti con Indiegala e il loro debito. Ma l’amministratore unico di Brain in the Box, sempre Paolo Chiaramello, avrebbe alla fine deciso di vendere tutto solo per €1 più iva. Un euro.

Gli altri soci si sono opposti, hanno cercato di spingere per la dichiarazione di fallimento (in caso di fallimento i beni, e quindi anche le quote del marchio Voodoo, sarebbero andate all’asta e non sarebbero passate a Indiegala). E Indiegala ha allora reagito: ha affermato che Brain in the Box non avesse soddisfatto il contratto inizialmente stipulato provocando € 40.000 di danni, cioè una cifra più o meno equivalente al valore delle sue quote. A quel punto Brain in the Box si sarebbe arresa.

Brain in the Box non solo non avrebbe guadagnato quasi niente, se non un magro stipendio diminuito sino ad azzerarsi, dalla collaborazione con Indiegala, ma avrebbe ancora un debito da pagare con le banche e ha perso il suo lavoro e il suo marchio. Abbiamo contattato Indiegala e Paolo Chiaramello di Brain in the Box per conoscere la loro versione dei fatti.

[AGGIORNAMENTO 17:00] Paolo Chiaramello non ha ancora risposto alla nostra richiesta di commenti ma interviene alla pubblicazione del comunicato originale sulla pagina Facebook di Brain in the Box dicendo che “la società di Brain in the Box è stata chiusa a dicembre 2017. Da quel momento in avanti non più ho avuto contatti con gli altri soci e di conseguenza non sono stato consultato sulla stesura di quest’articolo, pertanto MI DISSOCIO COMPLETAMENTE da quanto riportato.”

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