Voodoo di Brain in the Box: il fondatore di Indiegala racconta sviluppo, Kickstarter, Early Access [AGGIORNATO]
A seguito degli ultimi eventi riguardanti il progetto Voodoo di Brain in the Box per Indiegala, ora diventato Titans Dawn of Tribes di 34BigThings, ho avuto l’occasione di parlare con il co-fondatore e direttore di Indiegala Riccardo Rosapepe.
Rosapepe ha voluto chiarire meglio la sua posizione e la posizione della compagnia dopo un lungo articolo in cui alcuni membri di Brain in the Box (i tre co-fondatori Luca Musso, Pietro Papalia e Roberto DiGiglio) hanno raccontato dal loro punto di vista il difficile sviluppo di Voodoo. Il gioco dopo un periodo di pre-alfa, un Kickstarter e l’arrivo in Accesso Anticipato su Steam è stato affidato a una nuova squadra e ricominciato da capo appunto come Titans Dawn of Tribes di 34BigThings.
Questa storia, a parte raccontare la fine (e anche la rinascita) di un progetto che raggiunse persino quotidiani nazionali durante la sua promozione, offre la possibilità di dare uno sguardo all’interno dello sviluppo di un videogioco, seppur fallimentare.
Le affermazioni di Riccardo Rosapepe sono riassunte ed editate per necessità editoriali. I grassetti sono miei. Abbiamo chiesto agli ex-soci di Brain in the Box (con cui ho già avuto occasione di parlare in passato) se volessero rispondere ad alcune nostre domande ma hanno preferito rinunciare a questa possibilità. Ogni parte in causa è invitata comunque a contattarmi a matteolupetti@webtrek.it per ogni ulteriore precisazione.
[AGGIORNAMENTO 20:00] Riccardo Rosapepe ci ha inviato una e-mail con alcune correzioni e aggiunte alle sue affermazioni (originariamente trascritte e editate da una telefonata). L’articolo è stato di conseguenza aggiornato dove ho ritenuto utile e ci sono nuovi dettagli sulla nascita della campagna Kickstarter e un’importante precisazione sulla partecipazione di Voodoo a Gamescom.
Voodoo di Brain in the Box
Voodoo è un progetto nato da un’idea dello studio torinese Brain in the Box, un videogioco survival multiplayer ambientato in “un’Africa primitiva e fantastica” in cui tribù di giocatori combattono tra loro e affrontano gli Izimu, gigantesche divinità ispirate ai Colossi di Shadow of the Colossus, per rubare i loro segreti e progredire tecnologicamente.
La nascita di Brain in the Box secondo Paolo Chiaramello
Come raccontato in passato da Paolo Chiaramello, ideatore e co-fondatore dello studio, Brain in the Box nacque nel 2014 e la squadra cambiò varie volte nel corso di un anno (in quanto all’epoca tutto il lavoro non aveva alcuna retribuzione) fino alla fondazione della società vera e propria nel 2015 dopo il contatto con Indiegala e il primo finanziamento per Voodoo.
La vecchia pagina di presentazione della squadra di Brain in the Box mostra, tra membri fondatori, sviluppatori, artisti e collaboratori esterni ben 15 persone al lavoro su Voodoo, un progetto che Chiaramello dice essere nato in un momento di crisi dello studio, quando solo i quattro fondatori erano rimasti al suo interno. Sarebbe stato ispirato dalla copertina di un cd di Clap! Clap! (Cristiano Crisci) con una mashera africana, ma non sono riuscito a identificare questa copertina con sicurezza.
[AGGIORNAMENTO 14:40] Pietro Papalia, uno dei fondatori di Brain in the Box, mi contatta per correggere questo aneddoto, secondo lui troppo a lungo raccontato male. L’idea dell’ambientazione africana sarebbe stata sua e proverrebbe da una copertina di SBTRKT (Aaron Jerome). La copertina del suo primo e omonimo album rappresenta infatti una maschera africana.
Venne comunque l’idea di ambientare un videogioco in Africa, “con tutti i suoi colori e le sue culture”, usando questa ambientazione per un videogioco come Shadow of the Colossus ma per PC, qualcosa che Chiaramello sosteneva che fosse molto desiderato dai giocatori, e con elementi survival nati dalla passione e dalla moda del momento: i videogiochi survival open-world multiplayer in Accesso Anticipato su Steam.
L’incontro con Indiegala
Brain in the Box incontra Riccardo Rosapepe, e quindi Indiegala, alla Milan Games Week del 2015. Lo studio convince Indiegala di poter realizzare l’opera, mostra una demo single-player funzionante e viene fatta una stima del denaro necessario per iniziare lo sviluppo.
“Questi signori non vennero da noi dicendo, come ora affermano, di essere inesperti” mi dice Rosapepe. “Non ci dissero del rischio che stavamo correndo. [AGGIORNAMENTO 20:00 Rosapepe aggiunge che “si vantarono di avere tra loro persone di grande professionalità maturata in grandi studi di sviluppo italiani ed esteri”]. Loro si sono venduti bene, devo dire. Abbiamo peccato di ingenuità a credere loro? Può darsi, ma sto pagando questa ingenuità con i miei soci e con il nome della nostra società che non aveva mai fatto un passo falso prima.”
La questione del budget
Siccome Brain in the Box aveva esplicitamente citato le cifre del budget di sviluppo e queste cifre sono diventate un argomento di discussione online anche tra professionisti del settore chiedo a Riccardo Rosapepe quanto effettivamente pensassero di spendere per realizzare Voodoo e quanto è stato speso.
“Parliamo di 120mila euro elargiti direttamente a Brain in the Box, più diecimila euro dati a titolo personale ai suoi membri”. Rosapepe sottolinea che queste cifre vanno interpretate “diecimila euro più, diecimila euro meno” [AGGIORNAMENTO 20:00 dopo aver rifatto i conti, Rosapepe afferma di essere certo che si tratti semmai di una stima per difetto] ma oppone questa sua stima a quella diffusa da Brain in the Box che parla invece di soli 85mila euro. Ma, soprattutto, Rosapepe vuole che sia chiaro che questa cifra non è mai stata considerata sufficiente per sviluppare interamente il gioco.
Voodoo, mi racconta Riccardo Rosapepe, fu un progetto nato per essere finanziato e distribuito attraverso Accesso Anticipato, per vari motivi. Intanto Indiegala non ha la forza di un grande produttore AAA, ma inoltre il modello di sviluppo basato sull’interazione con il pubblico si starebbe dimostrando vincente.
“Quando parliamo di questa cifra, che sia 85mila che sia 100mila che sia 120mila euro, parliamo non del budget totale del gioco ma solo della cifra necessaria per produrre il semilavorato da far arrivare in Early Access. Alla fine del suo ciclo di vita, quando Titans uscirà magari nel 2020, è normale che la cifra sarà ormai diventata molto più alta, perché noi non ragioniamo secondo le dinamiche degli AAA, ragioniamo secondo dinamiche moderne in cui l’Early Access permette anche a studi piccoli di fare una incubazione di cinque anni, sei anni prima esclusiva di studi enormi.”
“Ho letto gente che neanche conosco, che si è atteggiata da veterano dell’industria a dire che come si fa a fare con X soldi… bastavano trenta secondi per capire che non sarebbero bastati… secondo me si poteva fare lo stesso con X soldi perché comunque si parlava di una incubazione lunga.”
[AGGIORNAMENTO 20:00 Rosapepe chiede di aggiungere a questo paragrafo una precisazione. “[…] come detto non conosco queste persone. Può darsi che essi siano veterani dell’industria ed abbiano un approccio certamente migliore del mio.
La mia filosofia, in quanto capo di un piccolo studio di sviluppo nonché editore indipendente è ovviamente diversa da quella che può essere quella di una major che finanzia progetti a lunga incubazione rilasciando direttamente il prodotto finito e testato dopo vari anni.
Noi crediamo nell’accesso anticipato e nello sviluppo fatto in simbiosi con la community che, se fatto correttamente, può regalare grandi soddisfazioni, quindi quel budget era da intendere come relativo alla prima fase, alla prima iterazione pronta per il rilascio del semilavorato grezzo, cui sarebbero seguiti altri anni di Sviluppo. Come sta accadendo con Titans.”]
Il finanziamento iniziale, quindi, sarebbe dovuto servire solo per produrre il nucleo centrale di Voodoo, quello con cui il gioco sarebbe uscito in Accesso Anticipato su Steam. Un gruppo di funzioni considerate fondamentali e solide su cui poi costruire per anni e con ulteriori fondi, provenienti anche e soprattutto dalla vendita del gioco.
La differenza tra incompetenza e ingenuità
Questo ci porta al motivo per cui Riccardo Rosapepe ha voluto parlare con noi: vuole chiarire che la sua colpa può essere stata l’ingenuità, può esser stata l’aver creduto a un progetto irrealizzabile perché proposto da persone incapaci a realizzarlo, ma non ammette che lui o Indiegala siano giudicati incompetenti per la scelta di finanziare Brain in the Box e Voodoo e per la dimensione del finanziamento.
“Io ho visto molte critiche che Indiegala si è tirata” mi dice Rosapepe “e non ho capito perché. Veniamo criticati per il solo fatto per aver creduto in un progetto. La gente ha detto che il progetto era troppo grande, che il finanziamento era troppo piccolo eccetera ma abbiamo fatto progetti più costosi o progetti con lo stesso budget come Blockstorm che ha fatto mezzo milione di copie su Steam. Anche lì la gente ci diceva: ma dove andate, lì ci vuole un milione di euro, un milione e mezzo… Ma non è vero, se fai le cose con intelligenza.”
E Blockstorm, spiega Riccardo Rosapepe, era in teoria un progetto ancora più grande e difficile: uno sparatutto multiplayer basato su voxel con editor e ambientazione da distruggere.
“Se qualcuno mi viene a dire che a un progetto così [come Voodoo] serve mezzo milione di euro io gli dico che sì, serve mezzo milione di euro [AGGIORNAMENTO 20:00 Rosapepe precisa che tale cifra è citata solo come esempio]. Ma magari io non voglio rischiare mezzo milione di euro a scatola chiusa investendo in ottanta caratteristiche per poi scoprire all’uscita che trenta piacciono agli utenti e cinquanta non piacciono per avere recensioni negative. Preferisco creare un nucleo con dieci caratteristiche su cui poi costruirne altre settanta in tre anni-quattro anni. E così spendo lo stesso mezzo milione. Abbiamo fatto così con Blockstorm e stiamo facendo così con Die Young.”
Lo sviluppo
Secondo quanto inizialmente proposto da Brain in the Box, racconta Riccardo Rosapepe, Voodoo si sarebbe dovuto evolvere partendo dalla demo single-player funzionante citata prima aggiungendo il netcode e poi crescendo ulteriormente, ma Brain in the Box scartò quella prima demo e ricominciò il progetto dall’inizio. Rosapepe non fu convinto di questo cambiamento ma lo accettò.
“Nei mesi successivi il progetto andò avanti pezzo dopo prezzo per cercare di tornare a essere quel prototipo iniziale, con in più il netcode.”
Arrivati verso la fine del budget, al 75% della sua erogazione secondo quanto ricorda Riccardo Rosapepe, publisher e studio si misero intorno a un tavolo per capire come sarebbe potuta uscire la prima build in Accesso Anticipato di Voodoo. Alcune caratteristiche erano in ritardo di mesi mentre di altre caratteristiche sarebbe stata garantita la fattibilità entro l’uscita del gioco.
“Non davo niente per perso. Ci rendemmo conto che alcune caratteristiche andavano troppo a rilento, di altre si dicevano sicurissimi di riuscire a implementarle nei mesi successivi. Individuammo un insieme di funzioni che secondo noi erano fondamentali nell’Early Access e loro garantirono, e me lo dissero in faccia e c’erano tutti e quattro [i soci di Brain in the Box], che quelle caratteristiche sarebbero state presenti.” Questo sarebbe il cambiamento della tabella di marcia (della roadmap) citato anche da Brain in the Box.
Perché il Kickstarter
In quel periodo Brain in the Box tornò con l’idea del Kickstarter. Secondo Riccardo Rosapepe era un’idea che gli sviluppatori avevano sempre avuto e che era tornata più volte in discussione: Brain in the Box sostenne che, con una campagna Kickstarter, sarebbe stato possibile includere ulteriori caratteristiche all’interno di Voodoo.
“Tirammo in ballo il Kickstarter perché loro, ed era la loro parola, ci dissero che se avessimo fatto un Kickstarter e lo avessero vinto avrebbero potuto mettere ulteriori caratteristiche dentro Voodoo, quelle che in quel momento stavano scartando.”
[AGGIORNAMENTO 20:00 Rosapepe, dopo aver chiesto ai collaboratori che si sono occupati personalmente della campagna Kickstarter, aggiunge molti dettagli al suo racconto di come sia nata la campagna stessa. In questo caso il grassetto non è mio.
“Mi avevano sempre accennato l’idea di fare un Kickstarter e io avevo sempre sconsigliato loro di distrarsi dallo sviluppo del prodotto e di concentrarsi sulle feature e la stabilità del software, a nostro giudizio le cose più importanti. Verso l’inizio del 2017 le loro insistenze aumentarono ed arrivarono a dirmi che avrebbero fatto in ogni caso una campagna kickstarter con o senza il nostro supporto.
Messi alle strette e presi dal timore di veder fallire una campagna relativa al gioco, cosa che ne avrebbe minato la popolarità ancora prima del lancio in Early Access, ci dichiarammo disponibili ad aiutarli pur cercando di limitare i danni convincendoli almeno a ridimensionare il goal. Tutte le ricompense, la roadmap, tutti i dettagli anche minimi della campagna furono curati da loro che inizialmente si rifiutarono di recepire i nostri suggerimenti, anche i più elementari, in maniera sprezzante.
All’inizio rifiutarono persino il nostro aiuto nel redigere il testo in inglese della campagna. Solo quando un nostro collaboratore madrelingua inglese gli fece notare le decine di inesattezze ed errori che certo non giovavano alla professionalità nostra e soprattutto del ( loro ) team di sviluppo che stava per presentare il progetto a una platea esigente come quella di Kickstarter si decisero finalmente a darci retta e riuscimmo a mettere qualche pezza ”]
Ho espresso precedentemente qualche dubbio riguardo a questa campagna Kickstarter (come ne ho espressi riguardo allo stesso Voodoo). Rosapepe e Brain in the Box parlano del progetto Voodoo come di un progetto in difficoltà sin dai primi mesi di sviluppo, Rosapepe sostiene persino che niente del videogioco (il suo codice o i suoi asset) abbia mai raggiunto gli standard di qualità necessari.
Anche durante questa chiacchierata Rosapepe a un certo punto si pente di non aver bloccato lo sviluppo dopo dieci mesi, prima della campagna, quando già forse poteva rendersi conto che non sarebbero arrivati risultati concreti e utilizzabili. Perché fare una campagna Kickstarter di un simile progetto, e senza chiarire bene i suoi rischi ai possibili backer?
Suggerisco a Rosapepe che questo potrebbe esser visto come un tentativo di spostare il rischio di impresa da Indiegala ai backer recuperando in parte il finanziamento iniziale, anche perché Brain in the Box sostiene di non aver mai ricevuto il denaro proveniente dalla campagna stessa.
Ma quando è stata decisa la campagna, mi spiega Rosapepe, per Indiegala (che si sarebbe basata sulle informazioni fornite da Brain in the Box) la prima versione di Voodoo sarebbe stata effettivamente sul punto di uscire e il Kickstarter sarebbe stata davvero la spintina in più necessaria per arrivare alla versione preliminare inizialmente prevista.
Per questo motivo un progetto in realtà in alto mare e che ora viene descritto come disastroso dal publisher veniva allora raccontato dallo stesso publisher nella sua campagna Kickstarter come “al boss dell’ultimo livello” senza indicare particolari pericoli per i backer nella sezione “Risks and challenges”, rischi e sfide, della campagna.
La campagna venne organizzata da Indiegala ma con la collaborazione di Brain in the Box che la aveva voluta e suggerita, e i membri di Brain in the Box confermano di aver spinto loro per un Kickstarter per avere fondi aggiuntivi quando cominciavano a vedere la fine del finanziamento iniziale.
Qua però il racconto fatto da Brain in the Box e quello fatto da Rosapepe di Indiegala divergono. Secondo Brain in the Box la campagna è stata principalmente organizzata da Indiegala, che ha deciso anche le ricompense promettendo cose irrealizzabili ai backer, tra cui visite allo studio e un documentario sulla creazione di Voodoo. Secondo Rosapepe sono stati gli sviluppatori di Brain in the Box a decidere le ricompense, e anzi lui si sarebbe impegnato per ridurre la dimensione della campagna portandola dai centomila euro richiesti a trentamila euro. Indiegala è comunque ufficialmente il creatore della campagna e quindi il suo responsabile.
“Noi non avevamo mai fatto un Kickstarter e loro non avevano mai fatto un gioco. Nessuno dei due era presente sulla piattaforma: loro non erano presenti come sviluppatore e noi non eravamo presenti come publisher. Quindi volevamo partire bassi, perché un Kickstarter che fallisce resta e fummo noi a farli scendere a trentamila.”
La campagna Kickstarter ebbe comunque successo. Secondo Brain in the Box fu grazie unicamente ai loro amici e ai loro parenti, secondo Rosapepe fu grazie anche ai suoi amici e ai suoi parenti e, in generale, alla rete di contatti garantita da Indiegala. Entrambe le parti concordano sul fatto che la campagna abbia avuto successo “per il rotto della cuffia” (usano esattamente la stessa espressione), totalizzando 32mila euro su 30mila richiesti e raggiungendo l’obiettivo il 23 dicembre 2016 (la campagna sarebbe terminata l’1 gennaio 2017).
Riccardo Rosapepe conferma che Indiegala non fece mai arrivare però quei soldi a Brain in the Box, spiegando la decisione di non continuare il finanziamento (e il rapporto professionale) con Brain in the Box a causa della mancanza di risultati concreti.
L’Accesso Anticipato
A giugno del 2017, dopo un periodo in pre-alfa, Voodoo arriva su Steam. Secondo quanto raccontato da Brain in the Box il giorno del lancio il netcode del gioco non riesce a gestire i soli 30 utenti online. La colpa sarebbe di Indiegala, che avrebbe negato i fondi necessari per fare i dovuti test. Riccardo Rosapepe si mette a ridere quando ricorda questa accusa e rammenta che gli sviluppatori non sarebbero riusciti a portare una versione funzionante del gioco neanche a Gamescom 2017 dove Indiegala pagò per dar loro spazio.
“Dovevano portare Voodoo alla fiera e non furono capaci di portare una build funzionante. I computer non si connettevano”.
[AGGIORNAMENTO 20:00 Avevo precedentemente scritto datato questo evento al 2016. Rosapepe mi corregge, aggiungendo dettagli al racconto.
“Nonostante i problemi di connessione al lancio, ricevemmo da loro continue rassicurazioni che un’imminente patch avrebbe risolto tutto, per tale motivo decidemmo di mostrare Voodoo alla Gamescom di agosto ( insieme ad altri nostri prodotti ) visto che la fiera si sarebbe svolta 60 giorni dopo il lancio circa.
Nonostante quattro o cinque successivi update in cui il gioco ed il suo netcode, se possibile, peggiorarono ulteriormente Voodoo non riuscì mai a funzionare bene, neppure in un ambiente controllato come quello di una fiera. Fu uno spreco di tempo e denaro visto che i computer non riuscirono mai a connettersi. Quella per me fu la goccia che fece traboccare il vaso.”]
Dopo il Kickstarter continuano i pagamenti a Brain in the Box (e questo è confermato da entrambe le parti, perché all’epoca non era ancora esaurito il finanziamento iniziale), fin quando i risultati non soddisfacenti del progetto Voodoo non convincono Indiegala a cambiare squadra in modo da poter comunque realizzare il videogioco promesso a backer e ad acquirenti della versione in Accesso Anticipato.
Qua avvengono alcuni problemi di comunicazione con backer e acquirenti: la campagna Kickstarter non riceve alcun aggiornamento sino al definitivo cambio di squadra, mentre su Steam non vengono più pubblicati annunci dopo l’uscita della demo gratuita del gioco ad agosto del 2017. Secondo Riccardo Rosapepe la demo sarebbe dovuta uscire immediatamente insieme all’Accesso Anticipato e il suo ritardo è uno dei tanti problemi incontrati da Brain in the Box durante lo sviluppo. Durante questi mesi di silenzio i server di Voodoo furono spenti senza comunicazioni ufficiali,.
Titans Dawn of Tribes di 34BigThings
A fine settembre (su Steam) e a ottobre (su Kickstarter) viene infine annunciato l’avvicendamento tra Brain in the Box e 34BigThings, in collaborazione con la scuola di videogioco Event Horizon. 34BigThings, sviluppatore di Redout (miglior videogioco italiano del 2016 secondo il Premio Drago d’Oro) ricominciò il gioco da zero.
Il codice del gioco e il suo netcode (la parte del codice che si occupa dell’online) furono considerati inutilizzabili, tutti gli asset del gioco sono stati rifatti e anche per questo 34BigThings ha colto l’occasione per rimettere mano a tutta la direzione artistica, dando una nuova lettura al suo mondo primitivo (non più l’Africa antica ma una terra fantastica di un’epoca fantastica) e ai suoi personaggi.
Il risultato è stato Titans Dawn of Tribes di 34BigThings. Non tutti gli utenti si son dimostrati contenti dell’evoluzione da Voodoo di Brain in the Box a Titans Dawn of Tribes di 34BigThings: c’è chi ha apprezzato il cambiamento e la volontà di Indiegala di continuare con la lavorazione del gioco, chi si è lamentato di aver trovato un prodotto che, invece di andare avanti, è stato a un certo punto azzerato, chi semplicemente aveva acquistato e finanziato Voodoo e non apprezzava Titans Dawn of Tribes e la sua direzione artistica.
Indiegala ha offerto rimborsi completi a tutti gli acquirenti insoddisfatti [AGGIORNAMENTO 20:00 Rosapepe precisa che “Indiegala ha rimborsato completamente tutti i backer della campagna Kickstarter che ne hanno fatto richiesta entro il 31 12 2017“] e ha promesso di sostituire tutte le ricompense della campagna Kickstarter con ricompense sostitutive, legate non più a Voodoo ma al nuovo Titans Dawn of Tribes.
Da Brain in the Box a Titans Dawn of Tribes di 34BigThings
Secondo quanto raccontato da Brain in the Box e confermato da Riccardo Rosapepe la transizione da Voodoo a Titans Dawn of Tribes di 34BigThings fu turbolenta. Qua si entra in un argomento delicato che avrei preferito non affrontare, ma Brain in the Box ha dedicato molto spazio alla transizione da Voodoo a Titans Dawn of Tribes e a come ha perso i diritti sul gioco e Rosapepe ha voluto raccontare la sua versione.
Secondo Rosapepe Brain in the Box non aveva svolto il suo lavoro (o lo aveva svolto tanto male da rendere inutile tutto quello che aveva realizzato), ma Indiegala accettava di chiudere tutto senza strascichi prendendosi, senza ulteriori spese, la totalità del progetto per poterlo gestire in modo indipendente. L’amministratore unico di Voodoo Paolo Chiaramello (definito dagli altri tre soci “un capo senza alcuna esperienza pregressa, particolare abilità imprenditoriale o almeno capacità inerenti allo sviluppo videoludico”) accettò la transizione.
A questo punto gli altri tre soci sarebbero intervenuti bloccando il passaggio e chiedendo a Indiegala 13mila euro perché potessero ripagare un debito contratto con una banca per continuare lo sviluppo. Se non fosse successo avrebbero dichiarato il fallimento della società, bloccando comunque in questo modo il passaggio dei diritti e dei materiali di Voodoo a Indiegala.
Rosapepe afferma di non aver mai saputo prima di questo debito e si dice stupito di scoprire che Brain in the Box avesse chiesto ulteriori soldi altrove. “Per non aver altri strascichi, quasi come favore, gli dissi che avrei comprato tutto. Io vi ho dato dei soldi per fare un lavoro. Voi non lo avete fatto ma non mi interessa: chiudiamola in amicizia, non pretendo niente e quindi non venitemi ad accampare diritti in futuro.
Loro accettarono completamente l’offerta, o meglio la accettò il signor Chiaramello che era amministratore unico. Dopo due giorni arrivò la telefonata con loro che dicevano che non accettavano più l’offerta se Indiegala non avesse accettato una proposta di pagamento di altri 13mila euro con cui pagare i debiti… non si sa che debiti avessero… questi chiedevano i soldi a chiunque, ma io lo ignoravo… se noi non gli davamo altri soldi allora loro avrebbero fatto fallire tutta la società.
E noi dicemmo loro di farla fallire: se sei convinto che il fallimento non porterà alcuna conseguenza allora fallisci.”
[AGGIORNAMENTO 20:00 Rosapepe vuole approfondire questo episodio e precisare quale fosse il significato delle sue affermazioni.
“Non riuscivo a credere alle parole che udivo. Mi limitai a chiedere se in cuor loro fossero veramente convinti che il fallimento volontario di una società nella quale essi avevano responsabilità civili e penali non portasse alcuna conseguenza ma, siccome non ricevetti risposta. dissi allora che per me erano liberi di fare ciò che meglio credevano.”]
Comunque a quel punto, di fronte alla richiesta di ulteriore denaro e di fronte alla minaccia di far sennò fallire la società Brain in the Box (e in quel caso tutti i suoi beni sarebbero finiti all’asta) Indiegala intervenne, come raccontato anche dagli sviluppatori, con una richiesta di danni di 40mila euro.
Su questa cifra ci sono due posizioni molto diverse. Secondo Brain in the Box 40mila euro corrispondeva proprio a “il valore nominale delle nostre quote [di Voodoo, il 40%] in base al finanziamento” e sarebbe stata quella la cifra che Indiegala avrebbe in teoria dovuto pagare per avere la piena proprietà del marchio Voodoo e dei materiali del gioco.
Brain in the Box avrebbe quindi chiesto particolarmente poco (solo 13mila euro) rispetto a quanto in teoria avrebbe dovuto ricevere (40mila euro) e Indiegala avrebbe inizialmente anche accettato questo accordo, almeno sino alla resa di Chiaramello (o a quella che i suoi ex-soci definiscono una resa). Secondo Rosapepe questa cifra non ha nessuna corrispondenza con valori reali.
“Io non gli ho chiesto i danni per costringerli a firmare” racconta Riccardo Rosapepe. “E non so quale fosse il valore nominale di Brain in the Box”.
“È stato 34BigThings a dirmi che c’erano gli estremi di una causa. Me lo hanno detto quando hanno messo mano al codice, mi hanno detto che gli asset 3D erano tanto fatti male.. c’è stata polemica sul community hub perché i modelli sono cambiati… ma non potevano usare i vecchi modelli… per motivi tecnici se anche avessimo voluto usarli avremmo comunque dovuti rifarli tutti.
[AGGIORNAMENTO 20:00 Riccardo Rosapepe qua vuole correggere quanto da lui affermato nella telefonata: non sarebbe stati membri di 34BigThings a dirgli che ci sarebbero stati gli estremi per chiedere i danni ma invece, mi scrive, “sono stati i tecnici di 34BigThings a farmi un quadro tecnico della situazione tale da convincermi a chiedere loro i danni”]
Io avevo a disposizione una versione compilata del gioco e non potevo sapere da cosa dipendessero i suoi problemi, loro accampavano varie scuse. Noi abbiamo un’azienda che ora sta producendo due giochi, ha un milione e mezzo di utenti all’anno e dovevo distogliere due-tre programmatori dal loro lavoro per controllare il codice sorgente di Voodoo quando io già pagavo Brain in the Box per fare questo lavoro?”
L’articolo di Brain in the Box, la risposta di Rosapepe
Comunque Voodoo venne infine interamente ceduto a Indiegala. Questi eventi risalgono ormai a sei mesi fa e durante i mesi successivi 34BigThings ha portato avanti la lavorazione di Titans Dawn of Tribes. Il 24 febbraio però tre dei soci di Brain in the Box (Luca Musso, Pietro Papalia, Roberto DiGiglio) hanno pubblicato un comunicato che racconta la loro versione dei fatti. Paolo Chiaramello, quarto socio e amministratore unico, si è dissociato e ha sottolineato che la società Brain in the Box non esiste più.
Si tratta di un testo un po’ ingenuo e che a volte perde un po’ la sua direzione, ma è in sostanza il racconto degli errori fatti prima di tutto dai membri di Brain in the Box e una lettera indirizzata soprattutto ai loro fan e alla loro comunità perché sappiano che hanno fallito ma che non sono stati disonesti e non sono fuggiti con i soldi della campagna o dell’Accesso Anticipato.
A questo comunicato è seguita la risposta di Riccardo Rosapepe sui forum di Steam (per la precisione, sullo spazio per le discussioni nell’Hub della comunità di Titans Dawn of Tribes). La risposta di Rosapepe è stata cancellata, ma potete ancora leggerla quasi integralmente, seppur tradotto in italiano, in questo mio articolo. Rosapepe arriva a ipotizzare che tutta l’operazione di Brain in the Box e Voodoo fosse una truffa, in quanto secondo lui gli sviluppatori non hanno prodotto alcun risultato nonostante il progetto sia stato interamente finanziato.
Rosapepe pur avendo cancellato la risposta conferma integralmente il suo contenuto e spiega la decisione di cancellarla. “Quel post lo ho fatto di getto ma confermo punto per punto quanto scritto. Confermo tutto. Però ho preferito cancellarlo perché comunque io sono l’amministratore di una società, sono socio di maggioranza ma poi ci sono anche soci e consiglieri e mi rendo conto che ormai sono sei-sette anni che io conduco la mia impresa e non è più un garage con me dentro da solo. Adesso è una squadra di tante persone e ho la responsabilità di tante persone.
Quindi anche se era una cosa scritta a titolo personale, perché questa è l’opinione di Riccardo Rosapepe come persona, ho preferito cancellarla perché faremo un comunicato nelle sedi più opportune, magari sul nostro blog. Perché sono vere tutte quelle cose ma il community hub del gioco non è la sede giusta per farlo. Io sono un po’ impulsivo.”
Riguardo alle minacce di querela contenute in quel messaggio, dove venivano citate future denunce per frode e per le affermazioni contenute nel comunicato di Brain in the Box, ora Rosapepe mostra di avere in parte cambiato idea. “Io mi riserbo come Riccardo Rosapepe, come persona, il diritto di agire nelle sedi opportune per la legge […]. [Ma] sono anche combattuto. C’è chi mi consiglia di non procedere, ma sono amareggiato.”
In Italia
“Ho letto gente dire: che schifo… solo in Italia accadono cose del genere. Purtroppo da noi va molto di moda oggi parlare male del proprio paese anche in maniera a volte gratuita. Ma in Italia c’è anche gente come Ivan Venturi, c’è anche Kunos Simulazioni [Assetto Corsa], ci sono progetti meravigliosi come Town Of Light, Remothered, Slaps ‘n’ Beans e tanti altri.
Ci sono, insomma, tantissimi grandi professionisti. E nel mio piccolo mi permetto di dire che c’è anche Indiegala. Nata in un garage praticamente da zero, adesso dà lavoro a venti persone gestisce un sito di distribuzione digitale avviato, ha pubblicato quattro giochi ne ha sviluppati due. Tutto rigorosamente con le proprie forze umane e finanziarie.
Insomma quello che vorrei dire è che ciò che è accaduto a noi con questi signori poteva accadere a qualunque altro editore italiano o straniero con qualunque altro team disonesto italiano o straniero che fosse.
Io accetto tutte le critiche. C’è chi critica mostri sacri dell’industria, figurarsi se non si può criticare me o la mia azienda che mostri sacri non siamo. Spiace però veder salire in cattedra persone che non si sono mai trovate ( per loro fortuna ) nella nostra difficile situazione.
Sarà comunque uno stimolo in più per fare meglio in futuro e non commettere più questi sbagli. Ci attende un lungo viaggio con Titans”.
[AGGIORNAMENTO 20:00 Il testo attuale di questa sezione proviene dalla e-mail ed espande il discorso fatto da Rosapepe durante l’intervista.]