Assassin’s Creed Origins preferisce l’inclusività all’accuratezza storica
Ieri è arrivato in Assassin’s Creed Origins di Ubisoft l’importante contenuto aggiuntivo chiamato Discovery Tour, una modalità del gioco (acquistabile anche in versione standalone per PC) in cui è possibile visitare i luoghi del gioco senza combattimenti e missioni, senza alcun gameplay se non l’esplorazione e con la possibilità di seguire una serie di tour guidati realizzati da esperti dell’Antico Egitto.
In uno di questi tour, come riportato dal forum Restera (non ho ancora scaricato l’aggiornamento ma intendo farlo presto) visito una scuola in Alessandria d’Egitto, e nel videogioco originale gli sviluppatori hanno rappresentato studenti sia maschi sia femminie in questa situazione.
Il tour spiega che non era questa la realtà storica: simili corsi non erano ugualmente aperti a uomini e donne. Ma gli autori, dovendo comunque fare una scelta, hanno preferito rappresentare una classe mista piuttosto che rispettare il sessismo della Storia. Come scrivono nel Discovery Tour (traduco dalla versione inglese): “la squadra ha scelto di mostrare persone di entrambi i generi mentre frequentano il corso all’interno del mondo del gioco. Anche se non è storicamente accurato, la squadra ha deciso che non fosse necessario dare priorità a un sessismo che appartiene alla Storia piuttosto che un’esperienza di gioco [gameplay] inclusiva.”
Kolejna ciekawostka projektowa – co jest ważniejsze, poprawność historyczna czy równouprawnienie? #PS4share pic.twitter.com/eeefaZzQCI
— Magda (@MagMagii) February 21, 2018
Naturalmente una simile scelta ha provocato le reazioni delle frange più conservatrici tra i giocatori. Capisco che sia discutibile e credo che sarebbe meglio non addolcire le asperità del passato, credo che sarebbe meglio creare videogiochi meno piacevoli e accoglienti da giocare ma più sinceri quando si parla di questi temi, facendo vedere e sentire queste ingiustizie, mostrando i danni che hanno provocato.
Ma il fatto è che il videogioco è rappresentazione, e nessuna rappresentazione è identica alla realtà perché è sempre fatta di scelte e di filtri. C’è ancora qualcuno che crede alla scritta “tratto da una storia vera” all’inizio di un film, e così c’è qualcuno che crede che Assassin’s Creed Origins rappresenti davvero la vita nell’Egitto prima della conquista romana.
Magari crede anche che esistano i Frutti dell’Eden per cui combattono nella serie Assassini e Templari, o pensa che prima dell’uomo abbia abitato la Terra un’antica e misteriosa civiltà che ha lasciato davvero misteriose tecnologie quasi aliene sul nostro pianeta, o che il DNA conservi una memoria trasmettendola da padre a figlio. O probabilmente non crede a niente di tutto questo, perché è pronto ad accettare qualsiasi inesattezza storica fin quando non relega la donna a un ruolo migliore. Quello sarebbe politica.
Un altro esempio è il recente Kingdom Come Deliverance, un videogioco creato da Daniel Vávra, un autore vicinissimo alle posizioni dell’estrema destra e al movimento del GamerGate che ha come obiettivo l’esclusione delle donne dal mondo del videogioco attraverso minacce e molestie.
Kingdom Come Deliverance è un videogioco estremamente realistico quando deve rappresentare il ruolo delle donne e delle minoranze etniche, raccontando in realtà un’Europa medievale ancora più bianca di quella reale, ma poi ha pozioni magiche che curano ferite e, presto, che permettono di ridistribuire le statistiche. Perché le pozioni magiche sono molto più realistiche del femminismo, almeno nella mente di Daniel Vávra. Ma di questo parleremo meglio recensendo appunto Kingdom Come Deliverance.